QUASI A META’ STRADA VERSO IL BRASILE
L’aliseo continua a spingerci lentamente verso le coste
del Sud America.
Il vento generalmente non supera i 15 nodi e quindi
andando col vento quasi in poppa si cammina poco e più di 150 miglia al giorno
non riusciamo a fare.
Poi ogni tanto c’è pure una perturbazione che fa salire
rapidamente l’intensita del vento costringendoci a ridurre le vele per poi,
magari dopo un’ora, mollare completamente ed allora obbligarci ad accendere il
motore.
Una prima metà della rotta leggermente sotto tono. Non che la cosa dispiaccia, anzi il tempo
generalmente buono e la navigazione pacifica hanno pervaso il nostro spirito di
tranquillità….. ben venga!..... (magari ben venga anche qualche pesce perché
per ora niente).
L’arrivo è previsto fra circa una settimana a Salvador de
Bahia, la città dove più di ogni altro posto in Brasile l’incontro tra Africa e
Sud America ha creato una simbiosi di due culture in origine tanto diverse.
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Baia di Salvador de Bahia, previsto punto di arrivo in Brasile. |
E’ come se si tornasse indietro di milioni e milioni di
anni quando, prima della deriva dei continenti, l’Africa e il Sud America erano
attaccate proprio lungo la costa del Brasile.
Salvador, oggi capitale dello stato di Bahia, è stata
fino al 1763 capitale dell’intera nazione.
I portoghesi arrivarono per primi nel 1500 un po’ più a
sud a Porto Seguro, piantarono la bandiera potoghese, la croce per marcare un
territorio che doveva diventare cattolico ma poi ripresero il mare verso l’Asia
e l’Africa dove il commercio di spezie, avorio e diamanti garantivano un
guadagno sicuro.
La leggenda vuole che un anno dopo il nostro Amerigo
Vespucci sia entrato nella grande baia di Salvador il primo novembre
battezzandola, ovviamente, Baia de Todos os Santos.
Ma bisogna aspettare il 1549 quando Tomè de Souza tornò,
agli ordini del re del Portogallo, a Salvador per fondarvi la prima capitale
del Brasile e iniziare lo sfruttamento del paese con la coltivazione della
canna da zucchero.
All’inizio i portoghesi costrinsero le popolazioni locali
a lavorare nei campi, poi quando non erano più sufficienti gli indigeni,
iniziarono il turpe mercato degli schiavi. E proprio Salvador fu il maggior centro dove arrivavano e venivano comprati i neri.
Per tre secoli, fino a metà dell’ottocento, deportarono
dall’Africa circa tre milioni e mezzo di schiavi verso Bahia cuore economico
del Brasile coloniale.
Intanto stuoli di coloni-avventurieri si spingevano
sempre più ad ovest alla ricerca di nuovi terreni ed altre ricchezze tra cui
l’oro, scoperto però molto più tardi. La
loro avanzata che ampliava i confini del Brasile verso occidente si fermò solo
davanti alle difficoltà delle montagne e al conflitto di interessi con un'altra
nazione cattolica : la Spagna che ormai era ben presente in tutta la fascia che
dalla catena delle Ande arriva fino all’oceano Pacifico.
Ci vollero quattro anni di confronto, sotto l’egida di
Santa Romana Eclesia, per arrivare nel 1750 con gli spagnoli al trattato di
Madrid che fissava definitivamente i confini e le rispettive aree di influenza.
E così da quella data il portoghese è la lingua del solo
Brasile mentre tutto il resto dell’America Latina parla spagnolo.
Tornando a Salvador c’è da ricordare come l’enorme
afflusso di schiavi abbia portato al mantenimento di molte tradizioni della
cultura africana e quando, in nome della “vera ed unica religione” quella
cattolica (ovviamente) vennero vietate le pratiche religiose
aficane, i neri si riunirono in modo catacombale per celebrare i riti del
Candonblé.
Nacque, così, una religiosità che fondeva le loro
divinità con i santi cattolici.
Un bell’amalgama che anche in altri campi come la musica
ed il cibo crearono un arricchimento fra le due culture bianca e nera che
influisce ancora oggi sulla vita e la storia brasiliana.
Se non ci sono novità ci risentiamo all'arrivo.
Paolo
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