PASQUETTA: UNA SCAMPAGNATA FUORI PORTA (ONE WAY VERSO IL BRASILE)
Per non farci impelagare nel solito traffico della
Pasquetta ci siamo avvantaggiati partendo nel pomeriggio di ieri.
Frotte di barche partiranno stamattina per il Brasile e vista la
ristrettezza e l’assoluta mancanza di manutenzione dell’oceano meglio
veleggiare per primi già forniti delle tradizionali tielle da asporto.
In realtà Eugenio, ormai divenuto (a buon titolo) cuoco
ufficiale, aveva preparato solo una tiella di peperonata/caponata ma, ieri sera
a cena, è stata prima assaggiata, poi molto gradita dall’equipaggio e così oggi
dovrà ricominciare da capo.
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Pronti a ripartire |
Cinque giorni passati sull’isola ci hanno dato una
sensazione molto piacevole di bellezza e tranquillità.
Sant’Elena è difficile da raggiungere: arriva una nave al
mese e un aereo a settimana quando riesce ad atterrare nel nuovo aereoporto a
causa delle forti raffiche di vento. Ma
certamente la fatica di raggiungerla è ripagata dalla sensazione dei grandi
spazi e del distacco dal resto del mondo che si avvertono, ancor più, appena ci
si allontana dalla capitale Jamestown così rinserrata nella stretta valle di
fronte all’unico vero approdo.
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Riposo |
Con la macchina in affitto, un’improbabile Honda
fuoristrada, abbiamo percorso le ripidissime e tortuose stradine attraversando
i panorami più vari: dalle aride zone vulcaniche (in cui torreggiano le
enormi colonne di lava una volta nucleo centrale di un vulcano ora portate alla
luce dall’erosione eolica) alle valli in cui la condensa degli alisei favorisce
persino la crescita di piccole foreste di conifere, alle praterie in cui
pascolano indisturbate pecore e mucche.
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Le fortificazioni di Jamestown |
Le passeggiate con Bobo ci hanno dato quel senso di
solitudine, silenzio, vastità di orizzonti che puoi trovare nel deserto o nelle
grandi montagne extra europee.
Qui, però, è tutto più semplice; con due ore di cammino sei solo…. immerso nell’orizzonte.
Solo sul Diana’s Peak ( il punto più alto, 828 metri )
abbiamo incontrato quattro inglesi.
Loro scendevano, noi salivamo su un sentiero mantenuto a prato (ovviamente inglese) tra una lussureggiante
vegetazione di pseudo agavi e felci arboree. Un trionfo di verde di tutte le
tonalità e brillantezza.
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Diana's peak 828 m |
Lungo il sentiero c’è anche un piccolo ricovero, su
un’anticima chiamata Halley’s Mount, dedicata al famoso astronomo (quello della
cometa) che venne qui nel 1677 per osservare il transito di Mercurio nei cieli
dell’emisfero sud.
Sulla cima, sotto ad un enorme albero tipo di larice, che
rimarca la massima elevazione da ogni punto dell’isola, abbiamo trovato persino
il libro di vetta su cui abbiamo orgogliosamente (!!!???) messo i nomi, la
nostra nazionalità e la modalità di arrivo a Sant’Elena: Italiani dall’Italia
in barca a vela.
Ovviamente non potevamo mancare la visita a Napoleone
dove garrivano, ai lati della casa di Longwood, la bandiera francese e
sopratutto quella europea quasi a ricordare e chiedere il perché della separazione
della GB dall’Europa. Ci
sono luoghi simbolici della storia, e questo è uno di
quelli, in cui avverti come il tempo abbia prima
rimarginato ferite dolorosissime e poi incautamente aperto strade
imprevedibili.
La visita percorre le stanze, con tutti gli arredi, le
stampe e i ricordi, in cui il nostro si sarà forse agirato senza pace domandosi
quale sia stato l’errore fatale nell’aver dominato l’Europa prima della tragica
caduta.
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Longwood House, esilio di Napoleone |
Insomma una bella sosta per spezzare la traversata di
quasi 4000 miglia dall’Africa al Sud America.
L’unico appunto che mi sentirei di fare è
sull’urbanistica/architettura della baia di Jamestown.
Quando gli Inglesi, nella seconda metà del seicento,
divennero i padroni assoluti dell’isola crearono le fortificazioni negli unici tre
punti in cui sarebbe stato possibile uno sbarco di nemici. Ovviamente la baia di Jamestown era quella
più importante e quindi quella in cui fu costruito un vero forte con le
poderose mura,guarnite di cannoni. Chi
veniva dal mare aveva subito la percezione della difficoltà/impossibilità di
attaccare con qualche speranza di vittoria.
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Erosione eolica di un condotto vulcanico |
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Basalto sul mare |
Oggi la necessità di movimentare i moderni container
trasportati dalla nave ha portato alla costruzione di una grande strada/piazale
che copre completamente le poderose fortificazioni con i cannoni che ancora mestamente ricordano un passato glorioso. Così chi arriva ora dal mare
ha la prima sensazione di trovarsi in un deposito in cui
scorazzano gigantesche gru in mezzo a montagne di container.
Giusto prezzo pagato al progresso o inutili elugubrazioni
storico/architettoniche?
Comunque, se vi dovesse mai capitare, andateci a
Sant’Elena perché è bella ed unica.
Paolo
Ciao, Sant Elena è forse il posto al mondo dove mi sarebbe più piaciuto andare, ma i casi della vita non me lo hanno permesso. Dunque veramente grazie dei commenti e delle foto che almeno mi hanno fatto sognare! Buon vento!
RispondiEliminaGianni S.