25 Agosto 2018 Capo Caccia, Sardegna. lat 40 33 nord; long 8 08 est
Quattro di mattina. Sandro che era di turno prima di me mi ha regalato
un’ora in più di sonno.
Se non mi fossi svegliato da solo, lui avrebbe continuato forse fino
all’alba.
Esco in pozzetto e, coincidenza, mi appare incorniciato da un’aureola
splendente che , esattamente dietro la sua testa, lo santifica, se
possibile, ancor di più.
La notte è magnifica illuminata da una luna piena che si riflette sulle
creste delle onde di un potente maestrale che dal golfo del Leone spara 35
nodi verso sud est.
A noi ne arrivano, data la lontananza, solo 25 ma sono quelli giusti che
fanno filare Argentina a 10 nodi. Ecco un breve filmato di Argentina in navigazione:
Argentina con una mano e genoa con 20 nodi di vento reale di bolina piena
Eravamo partiti ieri da Ciutadella, la città ovest di Minorca, ieri
mattina.
Con Maurizio e Sandro (venuto dall’Italia per darci una mano) siamo in tre
ma dovevamo essere quattro; non c’è Rita.
Quattro di mattina. Sandro che era di turno prima di me mi ha regalato
un’ora in più di sonno.
Se non mi fossi svegliato da solo, lui avrebbe continuato forse fino
all’alba.
Esco in pozzetto e, coincidenza, mi appare incorniciato da un’aureola
splendente che , esattamente dietro la sua testa, lo santifica, se
possibile, ancor di più.
La notte è magnifica illuminata da una luna piena che si riflette sulle
creste delle onde di un potente maestrale che dal golfo del Leone spara 35
nodi verso sud est.
A noi ne arrivano, data la lontananza, solo 25 ma sono quelli giusti che
fanno filare Argentina a 10 nodi. Ecco un breve filmato di Argentina in navigazione:
Argentina con una mano e genoa con 20 nodi di vento reale di bolina piena
Eravamo partiti ieri da Ciutadella, la città ovest di Minorca, ieri
mattina.
Con Maurizio e Sandro (venuto dall’Italia per darci una mano) siamo in tre
ma dovevamo essere quattro; non c’è Rita.
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Capo Caccia |
Doveva venire con noi per l’ultima traversata di oltre 200 miglia ma un
imprevisto l’ha deviata direttamente su un volo da Minorca a Roma.
Eravamo verso la fine della navigazione tra Maiorca e Minorca quando
un’onda più potente lavava tutto il ponte della barca e buttava un paio di
litri d’acqua dentro la dinette.
Rita era sdraiata sui divani e, preoccupata della possibilità che qualcuno
potesse scivolare si alzava per asciugare. Troppa generosità! Scivolava
proprio lei sbattendo violentemente la schiena……..
Un urlo!
La aiuto a sdraiarsi e le passo gli antidolorifici che mi chiede.
Manca poco al porto. Ormeggiamo e chiamiamo l’assicurazione che,
efficientissima, ci manda il medico.
Lui, dopo una prima sommaria visita, chiama l’ambulanza che a sua volta
chiama i Bomberos che sarebbero i pompieri.
Insomma dopo mezz’ora che siamo in porto ci sono il medico, due infermieri
e quattro bomberos che cercano di portare Rita fuori dalla barca.
Giuste precauzioni perchè quando batti la schiena non sai mai quello che
succede e bisogna spostare l’infortunato con molta delicatenza senza
movimenti strani della colonna vertebrale.
E così Rita viene legata come un salame su una barella ed estratta con
difficoltà dalla dinette, messa sull’ambulanza e portata in clinica in
pudico silenzio. Forse avrà pensato ad una mancanza di rispetto per il
suo ruolo e la sua malattia; memore del ritorno a Roma dell’anno scorso
dal Madagascar, ritorno a sirene spiegate dall’aereoporto di Fiumicino
all’ospedale Gemelli per accertare, come già si sapeva, che non c’era
bisogno di ricovero per la malaria.
imprevisto l’ha deviata direttamente su un volo da Minorca a Roma.
Eravamo verso la fine della navigazione tra Maiorca e Minorca quando
un’onda più potente lavava tutto il ponte della barca e buttava un paio di
litri d’acqua dentro la dinette.
Rita era sdraiata sui divani e, preoccupata della possibilità che qualcuno
potesse scivolare si alzava per asciugare. Troppa generosità! Scivolava
proprio lei sbattendo violentemente la schiena……..
Un urlo!
La aiuto a sdraiarsi e le passo gli antidolorifici che mi chiede.
Manca poco al porto. Ormeggiamo e chiamiamo l’assicurazione che,
efficientissima, ci manda il medico.
Lui, dopo una prima sommaria visita, chiama l’ambulanza che a sua volta
chiama i Bomberos che sarebbero i pompieri.
Insomma dopo mezz’ora che siamo in porto ci sono il medico, due infermieri
e quattro bomberos che cercano di portare Rita fuori dalla barca.
Giuste precauzioni perchè quando batti la schiena non sai mai quello che
succede e bisogna spostare l’infortunato con molta delicatenza senza
movimenti strani della colonna vertebrale.
E così Rita viene legata come un salame su una barella ed estratta con
difficoltà dalla dinette, messa sull’ambulanza e portata in clinica in
pudico silenzio. Forse avrà pensato ad una mancanza di rispetto per il
suo ruolo e la sua malattia; memore del ritorno a Roma dell’anno scorso
dal Madagascar, ritorno a sirene spiegate dall’aereoporto di Fiumicino
all’ospedale Gemelli per accertare, come già si sapeva, che non c’era
bisogno di ricovero per la malaria.
Rita estratta dalla barca |
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Verso l'ospedale |
Ma tant’è! Bisogna dare atto agli spagnoli che un’efficienza ed una
rapidità così noi ce la sognamo!
La TAC decreterà la frattura della vertebra L2 e l’ortopedico predicherà:
riposo, riposo, riposo!
rapidità così noi ce la sognamo!
La TAC decreterà la frattura della vertebra L2 e l’ortopedico predicherà:
riposo, riposo, riposo!
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In cura presso la clinica spagnola |
Troppa sfortuna: due anni di seguito finire le vacanze in ambulanza!
Lei voleva tornare a Roma con Gianna e Renato ma la mancanza di posti in
aereo e un paio di prudenziali giorni in più in clinica la riportano a
casa poche ore prima che io monti di guardia per il mio turno di
navigazione.
Ora Sandro va a dormire ed io mi godo, tra una splendida luna che tramonta
ed un’alba infuocata, le ultime serfate di Argentina verso il faro alto di
Capo Caccia.
La stessa sensazione dell’arrivo a Capo Finister in Galizia tornando dai
Caraibi dieci anni fa!
Questi punti geograficamente cospiqui dove far passare una rotta mi
ricordano gli obelischi che a Roma tracciavano il percorso dei pellegrini
tra una basilica e l’altra.
E intorno all’imponente scogliera di Capo Caccia stingiamo in bolina per
entrare nel golfo di Porto Conte.
Ventisei ore per coprire duecentoventi miglia: l’ultima bella veleggiata
per tornare in Italia.
Paolo
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