Cari amici, eccoci a ricominciare la nostra avventura per il quarto anno. Dalla Nuova Zelanda al Sud Africa traversando l'oceano Indiano. Per ora stiamo (Giancarlo, Sandro ed io ) lavorando alacremente per cercare di partire ai primi di maggio e rispettare tutti gli appuntamenti. Una vera faticata! Lascio la parola a Sandro che come negli anni precedenti vi racconterà, con il suo stile, l'inizio di questa nuova storia. Grazie a voi che ci seguite e a Renato che pubblica questo diario.
Ciao a tutti.
Paolo
Paolo
Whangarei, 28 aprile 2017
Si riparte per la quarta tappa del Giro del mondo su Argentina. La domenica di Pasqua Paolo, Giancarlo e Sandro si sono imbarcati a Fiumicino e dopo un viaggio su un aereo semideserto sono giunti freschi freschi in Nuova Zelanda ad Aukland. Di qui in macchina dopo aver tergicristallato a destra e sinistra ad ogni incrocio sono felicemente arrivati a Whangarei al cantiere Dockland 5, accolti dall'infaticabile bravo Charlei e dalla sua assistente, che con sguardo languido supplica gli astanti che le lancino un sordido avanzo di palla che lei, con rapido scatto, possa afferrare al volo. A sera entrambi tornano al loro focolare sul pickup targato DOCK 5.
Dopo le lunghe frequentazioni di Fiumara e del Rayatea Carenage qui sembra di stare in un giardino fiorito con alberi di agrumi, area attrezzata per picnic, cucina comune dotata delle più confortevoli suppellettili. I tecnici che operano qui sono molto professionali, si presentano con la loro valigetta ventiquattrore contenente i più sofisticati special tools, mancano solo i cacciavite e le pinze. Se occorre poi collegare due strumenti in parallelo non oserebbero mai fare un malloppo, malamente isolato, ma ordinano una "special T": "T" come mare di Tasman attraverso il quale questo prezioso componente giunge dall'Australia in busta sigillata cellofanata ed asettica per impedire il contagio con qualsivoglia virus informatico. Ciò ovviamente non fa che ritardare la nostra partenza, ma non è tempo perso. Per assicurarsi che tutti i dispositivi della barca abbiano la stessa affidabilità, come richiesto dalle più raffinate teorie di reliability, si smonta tutto ciò che funziona troppo bene al fine di rendere uniforme il comportamento di tutti gli apparati.
Anche gli addetti alla carena hanno un comportamento molto professionale. Si presentano in tuta spaziale, incartano l'opera morta ed a spruzzo ricoprono di vernice qualsiasi cosa viva capiti a tiro.
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Gli addetti alla carena nelle loro tute spaziali |
Qui non è stato necessario ripetere le sceneggiate di Rayatea dell'anno passato, di cui si è ampliamento riferito nello scorso diario, con la consultazione di tutta la comunità internazionale di esperti verniciologhi, anche se poi le conclusioni sono state le stesse di Rayatea: antifouling "Trilux 33 perpetua in tenebris", in versione hard, dato che tutta la ciurma è maggiorenne. Il negozio di forniture nautiche qui vicino permette di acquistare un bullone riempiendo un semplice questionario in cui si indichi il part numer ed il serial numer dell'oggetto richiesto, il motivo dell'acquisto, il nome dell'acquirente e lo scopo della sua permanenza in Nuova Zelanda, allegando copia del visto di ingresso dell'acquirente e della barca su cui il bullone verrà montato, e la dichiarazione che si acquista un bullone per la prima volta e non si è affetti da bullonopatia cronica,;in quest'ultimo caso occorrerà allegare un certificato medico. Se poi oltre al bullone si acquista un dado bisognerà giustificare il perché li si prendono dello stesso passo.
Qui in Nuova Zelanda il comportamento dei diversi fornitori nautici è molto diverso che in Italia e non vi è la tendenza ad approfittare degli sprovveduti. Il comando monoleva del motore è stato smontato e portato all'officina Volvo per richiederne uno nuovo. Ci è stato risposto che il vecchio andava benissimo e non v'era ragione alcuna per sostituirlo. Naturalmente nonostante gli sforzi di mezza giornata non siamo riusciti a rimontarlo e, con la coda tra le gambe, siamo dovuti ricorrere all'intervento di un tecnico. Questi ha sudato sette camicie e, da gentlemen, si è trattenuto dal mandarci mille accidenti, ed infine in un paio d'ore, con molti sforzi, è riuscito a venirne a capo.
All'addetto al rigging che ha il laboratorio nel cantiere occorre mettergli il sale sulla coda per riuscire a farlo montare sulla barca per sistemare la trinchetta e le relative sartie volanti. Una volta che si è finalmente riusciti a stanarlo, ha dato un fugace sguardo ed ha concluso, con nostro grande disappunto, che non vale la pena di sfasciare ciò che funziona perfettamente, e non ha voluto neanche un centesimo per questa sua inestimabile sentenza.
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L'addetto al Rigging |
Nell cantiere Dockland 5 pullula una particolare fauna antropica con spasmodica vocazione imbrattatoria. A differenza della civilissima Italia dove queste attività sono espressamente vietate per motivi di presunta sicurezza, qui in ambiente internazionale a prevalenza anglosassone il fai da te nautico va per la maggiore è vi sono pittoreschi e pitturanti personaggi che passano mesi interi in cantiere in grande attività. Vi è il famoso luminare australiano docente di Environmental Law che cosparso di uno spesso strato di polvere da carteggio da cui emergono le orbite col segno degli occhiali che a pranzo si intrattiene amabilmente con noi nel suo fluent austral english di cui capiamo soltanto che è sul punto di diventare nonno, mentre distrattamente spalma il suo sandwich con grasso al litio e sorseggia con nonchalanche una bibita epossidica.
L'impeccabile scozzese vestito con eleganza che aspetta non si sa quale componente dalla Danimarca preferisce affidare i lavori più grezzi alla moglie che si destreggia con la rotorbitale in cima a un trabattello in mutande rosa shocking sopra attillati fuseaux di colore ormai indefinibile.
Vi sono poi le ragazze canadesi francofone della barca accanto che zavorrano la loro barca con quintali di vernice...... ma ora debbo interrompere, continueremo nel prossimo diario.
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Le ragazze canadesi della barca accanto intente a dare l'ennesima mano di vernice sull'opera morta |
Sandro
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