Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

martedì 13 giugno 2017

Fife Bay 10°35,924' S 150° 01,638' , Papua Nuova Guinea, Martedì 13 giugno 2017.

Venerdì 9 si è riposato, pulito, aggiustato. Una passeggiata alle prime crocette
si è resa necessaria per isolare un cavo elettrico ferito dalle drizze impazzite. Sabato 10, quando stavamo per salpare, si sono accostati per fare quattro chiacchiere due giovani ed un bambino su due microscopiche piroghe, come al solito ricavate da un piccolo instabile tronco scavato, reso stabile da un fragile bilanciere. Il bilanciere è diffuso in tutto il Pacifico e costituì la grande meraviglia
dei primi europei che l'osservarono.

Il mercatante fiorentino Francesco Carletti che fece il giro del mondo tra il 1594 ed il 1606 ne restò particolarmente colpito: “Costoro per buon tratto di tempo ci dettero un gran piacere e maraviglioso
trattenimento cagionato dal vedere le loro barchette così ben fatte, e lavorate di vari colori, e con molto artifizio fabbricate, ed attacate insieme sanza chiodi in una e bella foggia e disposizione e che sono tanto leggiere ehe (per modo di dire) pajono uccelli che volino per quel Mare. Sono molto strette e lunghe acciocché 1’onde del Mare, e la forza del vento non le rivolti portano sempre da una banda un contrappeso di legno assai grosso, e lungo quasi quanto tutta la barchetta il quale si regge sulla sommità dì due pertichette, che s'attraversano per mezzo la barca, ed escono in fuori circa 3 braccia, e radendo il Mare , la sostentano, che non si può rivolgere, né andar al fondo, ancorché fosse tutta piena d’acqua. Fanno talora della poppa prua , e della prua poppa, navigando con ogni vento secondo che fa di bisogno, pigììandolo nel modo che si ritrovano senza voltare la barchetta, la qual’è da ambe 1'estremità appuntata, ed in ciascheduna di esse vanno quattro, o cinque Indiani tutti nudi. Sono di persona molto robusta, e corpulenta d’un colore rosseggiante abbruciato dal sole, e senza
coprirsi, come si è detto, nessuna di quelle partì, che sia appresso di noi vergognosa, che forse tra di loro non se ne tien conto; essendo questi uomini (com’io intesi ) semplicissimi e di più intesi; che
tenevano ogni cosa in comune, infino le donne”.

Ci si domanda perché nel Mediterraneo nessuno abbia mai pensato al bilanciere. Probabilmente perché nei suoi porti vi è penuria di posti barca ed i doppi scafi rubano troppo spazio. Sembra che Ulisse avesse pensato di costruirsi un catamarano con i resti del Cavallo di Troia per tornare più rapidamente ad Itaca, ma fu dapprima diffidato da Penelope che non voleva che arrivasse troppo presto, prima di ultimare una certa tela e soprattutto non voleva  vedersi dimezzati i proventi
sull'Odissea, infine venne informato dalla Maga Circe che con un catamarano sarebbe stato difficile trovare un posto nel porto di S. Felice.

Lasciata l'isola di Talgula, o Tagula, come sembrerebbe più corretto, solchiamo il Mar dei Coralli verso occidente, sospinti dall'Aliseo, costeggiando l'Archipel de la Louisiade, lungo il percorso che
Bougainville aveva penosamente effettuato controvento alla ricerca di un passaggio verso Nord, verso il Mare delle Salomone, passaggio che in realtà esiste, ma che era estremamente difficile da trovare. Infatti verso mezzanotte entriamo nella Jomard Entrance la passe dentro la grande barriera che contorna tutta l'attuale Louisiade, enormemente ridimensionata rispetto alle primitive attribuzioni di Bougainvile che la estendevano fino alle Nord Solomon. La Jomard Entrance è una delle tre possibili vie d'accesso da sud al Kavanasausau Strait più noto come China Strait, in quanto costituisce una utile scorciatoia per il traffico commerciale tra la Cina e l'Australia o la Nuova Zelanda. Infatti, dopo una settimana in cui siamo stati gli unici incontrastati padroni del mare, qui dobbiamo dividere lo stretto passaggio con ben quattro navi, una delle quali ci supera a destra, annunziandocelo
via radio in englishphilippino. Nella mattinata facciamo dei bordi nel mare interno alla Louisiade cercando di schivare i coralli più duri e quelli più appuntiti e nel primo pomeriggio diamo fondo
davanti alla splendida Samarai situata sulla omonima rigogliosa fiorita isoletta di poche centinaia di metri di diametro, al centro del pittoresco fiordo, delimitato da altre isole e dall'isola di Papua, e che ha l'aspetto di un lago.

La guida turistica sostiene che questo sia il più piccolo porto del Pacifico “dove però entrano anche grandi navi”, è il porto degli ossimori, un tempo città capoluogo di provincia, con tanto di ospedale, ora, che il traffico  commerciale guarda e passa e più non dimanda, è ridotta a poco meno di un
villaggio di dugento anime. Sbarchiamo col tender a propulsione di corrente, idraulica di marea, non elettrica beninteso, e veniamo accolti da una vezzosa pescatrice, che, con i piedi a mollo stende con
mano svelta un filaccione trai coralli e ci dà il benvenuti in Samarai. Spiaggiamo il tender con l'aiuto di una testimone di Geova ed il suo figlioletto; anche lei ci dà il benvenuti in Samarai e ci illustra alcuni passi della Bibbia. Superiamo i banchi deserti del mercato, d'altronde qui è domenica pomeriggio, ed incappiamo in due giovani variamente dipinti e con un vistoso rossetto sulle labbra. Anche loro ci danno il benvenuto in Samarai e, come aprono bocca mostrano una splendida
dentatura rossa al betel di cui qui si fa grande uso. Vorrebbero venderci qualche cosa, dei granchi, dei piatti artigianali molto raffinati, scolpiti in un duro legno, di cui ci siamo scordati il nome, con un bordo finemente cesellato, ma noi purtroppo non possediamo una Kina, neppure in discesa, ci spiegano che forse domani il proprietario chinese, aggettivo che va pronunciato con un accento di disprezzo, del supermarket potrà cambiarci qualche dollaro.

Percorriamo il lussureggiante viale principale sede di ben tre chiese, anglicana, cattolica, avventista, e popolato dai numerosi bambini e bambine che giocano i più piccoli a biglie, i più grandicelli a palla canestro, con canestro virtuale in cui è rimasto solo il cerchio, i grandi a calcio, mentre alcune
matrone dalla bocca vermiglia mostrano la loro mercanzia costituita esclusivamente da noci betel. Infine ci imbattiamo in un gentilissimo, distintissimo signore di cui abbiamo immediatamente dimenticato il nome ma che potremmo ribattezzare Virgilio Samarai, che ci conduce nelle più riposte calli dell'isola, illuminandole con i suoi finissimi, isquisiti ragionamenti, presentandoci a tutti color che vengono innanzi, illustrandone i meriti e tracciandone una essenziale biografia. Il maestro
di scuola si cimenta nella difficile arte di infondere la scienza in una cinquantina di teneri virgulti.

Superata la scuola ci troviamo di fronte all'edificio in ristrutturazione dell'ospedale dove veniamo presentati al fratello di Virgilio che ricopre i ruoli di Direttore Sanitario, Primario, Assistente, Capo Sala, Infermiere, Portantino, Usciere e Guardiano dell'Ospedale di Samarai, non sappiamo se è anche il capomastro dell'attuale ristrutturazione. Sulla via del ritorno la nostra simpatica amica, precedente incontrata, ci fa dono di ben tre copie, una per ciascuno, della Watch Tower, nonostante le avessimo detto che ne bastava una sola, ma ella sapeva che una sola ce la saremmo contesa con avidità. Tornati al dinghy, non dopo aver intrattenuto un lungo discorso sul molo con un signore che aveva conosciuto un tale, un cui lontano parente aveva un cugino che era stato in Italia per imbarcare zucchero ed altre amenità, remiamo controcorrente per ritornare su Argentina. Dopo non pochi metri all'indietro veniamo raggiunti da Virgilio che con tutta la sua famiglia tornava alla sua isola a bordo dell'utilitaria in vetroresina sospinta da un potente Yamaha Enduro, il celebre fuoribordo a due tempi, non più commerciabile in Europa, che è in grado di avanzare fin dentro i coralli con l'elica triturante, e diffusissimo dalle isole San Blas nell'Atlantico fin in tutto il Pacifico. Ci rimorchiano fin su Argentina.

Lunedì mattina una forte corrente di marea ci dissuade dall'andare a terra, paventando di non riuscire più a tornare a bordo, possiamo ancora fare a meno dei “refrechements” tanto agognati dai navigatori del '700, sopravvivendo con le deliziose scatole di piselli al cocco. Salpiamo districando la lunga catena dell'ancora avvinghiata ai coralli e ci avviamo verso il Wekmale (West) Channel quando veniamo superati dalla veloce boat-ambulance provvista di Yamaha Enduro del fratello di Virgilio che, evidentemente, è anche il medico condotto della regione e, probabilmente, si recava da un paziente dell'isola di fronte per una visita domiciliare. Passiamo in un dedalo di isole ed isolotti dalle nitide spiagge bianche immacolate, contese da una lussureggiante foresta tropicale dove gorgheggiano gli Uccelli del Paradiso che fanno capolino trai rami, facendo di tanto in tanto intravedere il loro sgargiante piumaggio. Tra la prima isola e l'isolotto accanto si stende una
bassa scogliera tra cui spiccano alcuni coralli candidissimi con i bordi sfumanti al cobalto, al giallo, al porpora, sui quali spiccano enormi vermigli anemoni di mare. Alcune vongole giganti celano al passaggio degli intrusi il loro corpo di un vivido blu cobalto, serrando pudicamente le loro valve ondulate. Pesci tropicali in abbondanza dai colori smaglianti si aggirano trai coralli e le arabescate
infiorescenze, illuminati dagli iridescenti raggi solari che penetrano tra le rocce creando variopinti giochi di luce.

Per audaci ed incalliti navigatori non vi è tempo da perdere in tali facezie; i racconti degli indigeni e la nostra fantasia ci hanno mostrato tutto ciò. Usciamo dal West Channel e con una serie di bordi al
lasco percorriamo lo stretto corridoio tra la Papuasia e la sua barriera nel Mar dei Coralli fino a raggiungere la Fife Bay. La Fife Bay è una baia da paura, un antico cratere vulcanico, incastonata da una serie di isolotti che ne costituiscono la guardia a mare, sormontata da alte montagne le cui cime si perdono tra le nubi. La sua incontaminata bellezza ricorda molto l'attigua Orangerie Bay che si annuncia già da lontano per il suo squisito profumo e che Bougainville così la dipinge: “J'ai
peu vu de pays qui dont le coup d'oeil fût plus beau. Un terrein bas, partagé en plaines et en bosquets, régnoit sur le bord de la mer et s'élevoit en suite en amphithétre jusqu'au montagnes, dont la cime se perdoit dans les nues. On en distinguoit trois étages, et la chaîne la plus élevée étoit à plus de 25 lieues dans l'intérieur du pays”. Baia dove la Boduese cercò l'agognato passaggio a Nord, senza
trovarlo e pure in difficoltà per uscirne con l'Aliseo contrario, le fu pertanto attribuito il nome di “Cul du Sac de l'Orangerie”.

Siamo infine giunti nella grande Isola di Papua, quella che secondo tutti i manuali di Geografia risulta
essere la seconda isola più grande del mondo, dopo la Groenlandia. Quello che nessun manuale spiega è dove finiscono i continenti ed iniziano le isole. Sull'imbrunire si accostano cinque ragazzini su una minuscola piroga a bilanciere che invitiamo a salire, discutiamo della scuola, della chiesa, offriamo loro un succo di frutta e regaliamo loro due barattoli di salsa americana dolce al pomodoro, di quella che alla maggioranza dell'equipaggio risulta indigesta anche se stivata nei più riposti gavoni. Prima dell'alba, ancora nel buio più pesto, cantano tutti i galli della baia, un uomo in piroga si avvicina offrendoci degli aranci fragranti e delle piante in una specie di vaso, che cortesemente rifiutiamo, gli diamo in cambio un pacco di riso ed un avanzo di un pacco di zucchero. Prima che sia
giorno, al chiaror dell'aurora, salpiamo intravedendo la splendida baia: grazie Louis Antoine per averla mostrata a noi che non abbiamo avuto il tempo di vederla.

Sandro

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