La mattina di domenica 4 giugno abbiamo eseguito le lunghe manovre di spedamento da Vanua Lava togliendo la cima, pardon la corda da montagna, che collegava la poppa con la catena dell'ancora per assicurare un piacevole sonno, cullati da un dolce rollio, poi viene la volta del “baffo” che impedisce di tirare la catena, durante la notte, nel momento del bisogno, quindi si recupera la catena con l'ancora, dopo di che si tira via il grippiale con la boetta galleggiante che non ha voluto saperne di essere ripresa col lungo doppio-marinaio, nonostante tutte le procedure fossero state eseguite alla lettera, tenendo conto anche delle note a piè di pagina, infine si è spento l'interruttore della lampada sulla boetta e con la camera oscura portatile si è controllato che non si riaccendesse al crepuscolo. Ormai navighiamo da più di tre giorni verso ovest seguendo il parallelo di latitudine sud 13° e mezzo, minuto più, minuto meno, evitando di passare sull'”Indispensable Rif”, che riteniamo del tutto inutile, anzi dannoso, ultima propaggine meridionale delle Isole di Re Salomone.
Il costante Aliseo di sud est rende la vita a bordo tranquilla, anzi monotona, le uniche manovre consistono nel prendere una mano o due di terzaroli e sostituire il genoa con la trinchetta quando il vento rinforza, di toglierla e rimettere il fiocco quando cala, vi sono, purtroppo, solo sei diverse configurazioni possibili ed ovviamente le abbiamo provate tutte, tanto per rimanere in esercizio. Le attività principali della ciurma consistono nel recuperare le ore di sonno perse durante le guardie notturne, nel preparare e consumare in modo instabile i pasti, rovesciando le cose più immonde e seguendole inesorabilmente distesi sul paiolato a pelle di leopardo, nell'immergersi nella lettura dei resoconti di viaggio, e visitare fantasticando suggestive contrade che non avremo modo di vedere neppure col binocolo. L'unica emozione l'abbiamo provata ieri pescando un tonno-spada di circa sei chili, uno strano pesce dall'aspetto di tonno, dalla carne bianca come quella del pesce spada, ma
la spada non si è trovata, neanche nel fodero, come non si è trovata neppure la coda, evidentemente strappata da altri pesci durante la cattura, il tutto sotto lo sguardo attonito di un paio di fregate che volteggiavano incuriosite e speranzose di rimediare qualche avanzo anche per loro. Purtroppo non avevamo a bordo il Massimo esperto ittiologo Di Rao, che ci avrebbe diffidato dal mangiare, perfino crudo, questo raro esemplare di pesce velenosissimo.
Da tre giorni siamo sempre con mura a sinistra e dovremmo dare la precedenza a tutti, ma per fortuna non si incontra nessuno, la rotta classica è più a nord verso la Nuova Britannia. A parte Torres che dopo aver perso i contatti con Quiros nessuno sa bene dove sia finito prima di riapparire alle Filippine, l'unico ad aver fatto una rotta simile alla nostra è stato Bougainville, che una volta uscito
dall'omonimo stretto tra Espiritu Santo e Mallicollo ha seguito il 15° parallelo sud, un centinaio di miglia alla nostra sinistra, con lo scopo di raggiungere la costa orientale della Nuova Olanda, l'attuale Australia, e di dimostrare che a tale latitudine non esisteva nessun continente. Ed anche con la speranza di trovare un nuovo più rapido passaggio a sud della Nuova Guinea, ignorando che 160 anni prima lo aveva già trovato Torres, o almeno così dice. In una notte rischiarata dalla luna, navigando a vele ridotte si trovò di fronte una terra bassa, popolata da uccelli, la “Bâture de Diane”. Tronchi in
mare, frutti e foglie galleggianti tutto faceva pensare di essere vicini alla costa, ma non si riusciva a trovare una via d'accesso tra pericolosi bassifondi, il mare frangeva con furore sugli scogli “cette dernière rencontre étoit la voix de Dieu, et nous y fûmes dociles. La prudence ne permettant pas de suivre pendant la nuit une route incertaine au milieu de ces parages funestes, nous passâmes à courir des bordes dans l'espace que nous avions reconnu le jour”.
D'altra parte i viveri scarseggiavano a bordo. “Nous n'avions plus de pain que pour deux mois, des légumes pour quarante jours; la viande salée étoit en plus grande quantité, mais elle infectoit. Nous lui préférions les rats qu'on pouvoit prendre”. Il triste era, continua Bougainville, che lo stato in cui eravamo ridotti non ci permise di cercare un passaggio a sud della Nuova Guinea per tracciare attraverso il Golfo della Carpenterie una rotta nuova e più corta per le Molucche. “Rien n'étoit à la vérité plus problématique que l'existence de ce passage”. Pertanto dopo una lunga e penosa navigazione riuscì a doppiare ad est la Nuova Guinea imbattendosi in un grande arcipelago, oggi completamente ridimensionato, che, in omaggio al Re di Francia, chiamò “Archipel de la Louisiade”, e che secondo Bougainville arrivava fino alle isole di Choiseuil, Bougainville e Bouka, dove infine riuscì ad ormeggiare e fare i rifornimenti necessari. Il primo impatto con la Louisisiade avvenne “long tems avant le lever de l'aurore, une odeur délicieuse nous avoit annoncé le voisinage de cette terre qui formoit un grand golfe ouvert à sud est.” Ho visto, continua il Nostro, pochi paesi che al primo colpo d'occhio apparvero così belli. Sul bordo del mare un terreno basso diviso in pianure e boschetti, che si elevava in un anfiteatro di montagne le cui cime si perdevano dentro le nubi. Ma anche qui sorsero difficoltà all'ormeggio ed il vento li spingeva contro gli scogli e con difficolà si riuscì a manovrare per uscire dal golfo che fu denominato “Cul de Sac de l'Orangérie”.
Gli andò comunque meglio di come andò due anni dopo a James Cook nella sua prima circumnavigazione del Mondo sull'HMS Endeavour. Provenendo dalla Nuova Zelanda, dove era andato alla segreta ricerca del continente australe, risalì il Mare dei Coralli costeggiando il versante orientale della Nuova Olanda fino ad arrivare “alla latitudine delle isole scoperte da Quiros che certi geografi, per ragioni che non conosco (ma in realtà le conosceva fin troppo bene), credettero di dover
unire a queste terre. Avevamo il vantaggio di un buon vento ed un chiaro di luna nella notte. Dalle sei fino alle nove di sera la nostra acqua divenne più profonda da quattordici a venti braccia, ma intanto eravamo a cena, scemò tutto d'un tratto e ricadde a dieci, dodici, otto braccia in alcuni minuti. Ordinai ad ognuno di recarsi al suo posto e tutto era pronto per girare di bordo e mettere l'ancora, ma lo scandaglio indicò un'acqua più profonda e concludemmo che non vi era più alcun pericolo, the gentlemen left the deck in great tranquillity, and went to bed; but in a few minutes before eleven, the wather shallowed at once from twenty to seventeen fathoms, and before the lead could be cast again, the ship struck, and remained immoveable, except by heaving of the surge, that beat her aginst the crags of the rock upon which she lay. [Gli ufficiali lasciarono la coperta ed andarono tranquillamente a dormire. Alle undici meno qualche minuto, la profondità diminuì, e prima che si potesse gettare lo scandaglio l'Endeavour toccò. Rimase immobile se si eccettua il sollevamento che gli dava l'onda,
buttandolo sullo scoglio su cui era adagiato.] In pochi momenti tutto l'equipaggio fu in coperta e su tutti i volti era dipinto l'orrore di tale situazione. Poiché avevamo governato verso il largo con buona brezza non potevamo essere troppo vicini alla costa. Avevamo fin troppe ragioni di pensare di essere finiti su un corallo. Codesti scogli sono i più pericolosi, perché acute ne sono le punte ed ogni parte della superficie è così scabra e tanto dura che spezza tutto ciò che vi si conficca, anche leggermente. Abbattemmo tutte le vele, furono posti in mare i battelli per scandagliare attorno alla nave.
Scoprimmo ben tosto che i timori non avevano esagerato la nostra disgrazia, che il bastimento era finito su un banco di scogli. Il naviglio aveva toccato a greco a circa trenta verghe a destra. L'acqua aveva una profondità di otto, dieci, dodici braccia. Tosto che fu in mare la scialuppa abbattemmo i pennoni e le gabbie, gettammo l'ancora di rimorchio a tribordo, ponemmo l'ancora di posta colla sua gomena sul battello e la si gettò a poppa dove l'acqua era più profonda. Azionammo l'argano a tutta forza senza risultato, la nave non si muoveva e continuava a battere sullo scoglio con tale impeto che durammo fatica a rimanere in piedi. Al chiaror della luna vedemmo passare le tavole di fodera della chiglia e della falsa chiglia, il mare si preparava ad inghiottirci. Avevamo urtato in alta marea, che ora era considerevolmente diminuita (ci ricorda qualcosa?) non c'era tempo di far congetture occorreva sbrigarsi. In coperta vi erano 6 cannoni, furono buttati a mare colla zavorra di ferro e pietre, botti, doghe, cerchi, giade d'olio, provviste e parecchi altri materiali pesanti; ciascuno al suo lavoro con una premura che rasentava l'allegria, senza il minimo segno di mormorio o di
scontento Non si sentiva alcuna bestemmia, il timore di rendersi reo di fallo in tale circostanza represse all'istante codesta profana abitudine, per quanto impero avesse. Attendevamo la marea alle undici di mattina, nulla da fare, benché avessimo alleggerito la nave di oltre cinquanta tonnellate, in quanto la marea del giorno era meno era intensa di quella della notte.
Si continuò a gettare a mare quanto non era strettamente necessario. Nel frattempo l'acqua entrava con continuità e due pompe lavoravano freneticamente, gli addetti alle pompe sfiniti si andavano a sdraiare sul ponte sostituiti di continuo in un ritmo incalzante, altre due vie d'acqua si apersero alle ore due a babordo ed una terza pompa fu messa in azione, una quarta risultò non funzionante, Con la marea di mezzanotte l'Endeavour si rimise a galleggiare, ci si disincagliò con l'ancora di poppa (anche questo ricorda ci qualcosa?). Si recuperano alcune ancore, ma si perdette quella a poppa e la relativa gomena: bagattella in questi frangenti. Si ricominciò a veleggiare, ma sarebbe stato impossibile andare molto lontano, quando si presentò l'Ufficiale chirurgo Monkhouse a suggerirmi il metodo da lui già sperimentato in un viaggio tra la Virginia e Londra consistente in “imbottire il coltellaccio”. Con un piccolo coltellaccio, dopo aver mescolato insieme pezzi di quercia e lana, tagliati minutissimi, li appuntò sulla vela quanto più leggermente fosse possibile, e vi stese sopra lo sterco del nostro bestiame ed altre schifezze; se avessimo avuto sterco di cavallo sarebbe
stato meglio. Preparata così la vela la pose sotto la chiglia a mezzo di alcune corde che la tenevano tesa (ricorda nulla?); l'acqua che penetrava nello scafo attirò nello stesso tempo la superficie della vela che si trovava davanti al buco.
L'espediente riuscì così bene che la quantità d'acqua diminuì al punto che bastò una sola pompa. Questo avvenimento fece sorgere una grande allegrezza che sembrava di essere già in porto...”. Infine pervennero a guadagnare una spiaggia vicina sulla costa dell'Australia presso il fiume che fu battezzato Endeavour, dove l'Endeavour fu spiaggiato e riparato. Qui si scoprì che lo scoglio di corallo che aveva bucato la nave si era rotto ed aveva otturato la maggior parte della falla, a
tale singolare circostanza dovevano la loro salvezza.
Sandro
P.S. non abbiamo nessuna foto, e se anche l'avessimo non saremmo in grado di spedirla tramite il collegamento satellitare!
... il grande e forte aliseo, pieno di impeto e gioia, salubre e vitale: un'eterna e costante boccata d'aria. "H.Martinson"
Cari amici ecco il nuovo blog che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti.
Paolo.
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