Nuinudup, Eastern Lemmon Cays, venerdì 6 febbraio.
La mattina si scende a terra a Porvenir. Questa piccola isola lunga e stretta orientata come gli Alisei poco più grande della pista di atterraggio è il secondo dei due posti di frontiera panamena sull’Atlantico. In uno squallido edificio, l’unico in cemento, vi è un’anticamera dove siede il poliziotto di ieri che, esaminati i passaporti ed i documenti vari, ci introduce in un bugigattolo dove siede l’Autorità doganale che esamina gli stessi documenti e ci rimanda indietro asserendo che per ora è inutile fare il visto di ingresso. Si torna dal poliziotto che osserva di nuovo i passaporti notando che non sono cambiati. In un secondo bugigattolo vi è la sede dell’Autorità Marittima che esamina sempre gli stessi documenti e prepara un sandiwich con due fogli di carta bianca con in mezzo un foglio di carta carbone dell’epoca dei conqistadores. Con rara abilità con penna e righelli compila una specie di foglio excel che riempie a mano con i dati nostri e dell’imbarcazione. Constatato poi che la carta carbone non ha funzionato ricopia il tutto a mano in tempi nettamente inferiori a quelli necessari a Colon per fare le stesse operazioni col computer. Si ripassa dal solito poliziotto che continua a guardare i passaporti senza notare nulla di nuovo. Infine nel terzo bugigattolo risiede l’Autorità della Guna Yala questa nazione autonoma della Repubblica di Panama e, dietro pagamento, veniamo autorizzati alla permanenza in queste isole. Ovviamente si ripassa dal poliziotto ed infine si esce dagli uffici credendo di aver sistemato il tutto, quando ci imbattiamo in un italiano che già avevamo incontrato a Portobelo che ci consiglia di insistere per ottenere il visto qui a Porvenir se non vogliamo in seguito avere seccature “por volver”. Si ritorna dall’Autorità doganale cercando di spiegare i nostri movimenti per ottenere il visto di entrata, che di fatto serve per l’uscita. L’impiegato si documenta con molte telefonate che si interrompono regolarmente presso i vari ministeri, ed ad un certo punto sembra che voglia applicarci un mezzo visto con lo sconto del 50%, ma alla fine ci stampa sul passaporto un bel timbro in cui risulta che siamo “marineros del barco Argentina”. Al poliziotto brillano gli occhi ora che può analizzare questa eclatante novità sui nostri passaporti. Si ritorna in barca e si salpa verso le Eastern Lemmon Cays facendo lo slalom tra i banchi corallini, ma si è costretti a tornare indietro in quanto il GPS, essenziale in queste acque perigliose, smette di fornirci la nostra posizione. Si dà di nuovo fondo e si telefona a Riva di Traiano a Massimo della Redmarine che ci spiega come il GPS debba lavorare in armonioso concerto con l’autopilota, che peraltro non esiste in quanto in revisione in Italia. A Massimo chiediamo anche come fare ad inserire un waypoint a partire dalle coordinate ed egli ci istruisce su un metodo farraginosissimo in cui a partire da un punto preso a caso si modificano le coordinate con una serie di comandi del tipo “vai su”, “vai giù”, “aggiungi un passo” etc. Rimpiangiamo tutti i vecchi apparati in cui c’era una tastiera alfanumerica, ma ancor più rimpiangiamo il vecchio metodo di fissare i waypoints dei legionari romani che mettevano un cippo di pietra ogni mille passi. Si riparte e nel pomeriggio diamo fondo vicino all’isolotto di Nuinudup nelle Lemmons Cays Orientali. Si tratta di un isolotto lungo circa 300 m e largo 80 m pieno di palme di cocco, uno di quegli isolotti che si pensava esistessero solo nelle barzellette della settimana enigmistica a sfondo erotico. Sull’isola risiede una giovane coppia con figlioletto di tre anni e due cani. Il giovane e simpatico guna, armato di pala e rastrello, sotterra le alghe nella sabbia della battigia allo scopo di ripascere il litorale e difenderlo dall’erosione. Viene il sospetto che si tratti dello stesso angelo che sotto le spoglie di un bambino era intento a travasare il mare in una buca nella sabbia e che apparve a S.Agostino. Il nostro guna ci intrattiene amabilmente illuminandoci su molte usanze della Guna Yala.
Infine veniamo a conoscenza dell'esistenza qui alle San Blas di una nutrita comunità di sessantottini, cioè che comunicano tra loro col canale VHF 68. Si tratta di italiani scontenti per un motivo o per l'altro del “paese dove crescono i limoni” che si sono fermati da vari anni alle Lemon Cays Islands per riflettere sulla propria esistenza.
Sandro
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