Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

sabato 28 febbraio 2015

Finalmente Pacifico

La Playita, giovedì 26 febbraio
Alle 6 tutti dormono tranne lo scrivente che si era svegliato di soprassalto sentendo già da lunge l'avvicinarsi di una lancia. Monta a bordo Ivan il nostro nuovo pilota, che ci ordina di accendere il motore e mollare gli ormeggi. Al rombo del motore spuntano assonnati gli altri membri della ciurma e si parte. Lasciamo la zona di ancoraggio, in prossimità dell'accesso alla costruenda terza e più ampia corsia delle conche di Gatun e ci dirigiamo nel corridoio principale del Canale quello riservato alle navi. La scorciatoia che in genere percorrono le imbarcazioni per i Canali della Scimmia e della Banana attualmente non è agibile: sembra che la scimmia si sia mangiata la banana buttando la buccia rendendo il percorso sdrucciolevole, in effetti lo stanno dragando, ma forse il motivo è un altro. Fa un certo effetto incrociare portacontainer sul lago. Continuiamo per diverse ore a navigare sul lago in direzione sud est per i canali di Peña Blanca, Bahia, Buena Vista, S. Pablo e Galboa, quest'ultimo orientato verso est, già verso est perché contrariamente a quanto suggerisce l'intuizione andando dall'Atlantico al Pacifico sul Canale di Panama si viaggia verso levante e si sbuca a circa 25' di longitudine in meno del punto di partenza. Nei pressi di Galboa affianchiamo la celeberrima ferrovia transoceanica, e quindi per il taglio che prende il nome dal suo esecutore il colonnello USACE Gaillard, passando sotto l'esile Ponte del Centenario abbiamo raggiunto verso le 11,15  la conca di Pedro Miguel. Dinnanzi alla chiusa si è effettuato di nuovo il rafting up con la stessa barca canadoportoghese del giorno prima. Trascinati nella Conca dal potente motore dei nostri vicini, dopo essere stati fatti oggetto del solito lancio scimmiesco si sono eseguite le stesse manovre del giorno prima, al contrario, in discesa. In discesa tutto è più semplice e meno faticoso, occorre dare cima, non tesarla, e lo svuotamento della conca induce meno turbolenza che il riempimento; l'unico elemento a sfavore è stata la maggior presenza di vento alle spalle che ha comportato una maggiore tensione degli ormeggi di poppa. Verso mezzogiorno navigavamo, sempre appaiati, nel Lago di Miraflores a circa 18 m sul livello del mare, e poco dopo si è entrati nelle chiuse di Miraflores, le più alte a causa della grande variabilità su questo lato del livello di marea che qui può raggiungere un'escursione si 5 m. Qui si ripete la solita sequenza che ormai abbiamo imparato a memoria e che vedrei bene rappresentata alla maniera dei “Quadri di una Esposizione” di Mussorski: Promenade degli ormeggiatori, le Scimmie dai Potenti Pugni, Promenade, i Marinai dalle Lunghe Cime, la Grande Porta di Miraflores, Promenade...... ed infine la Porta Incantata del Pacifico! 
Verso le 13,30 davanti al porto di Balboa salutiamo il Pilota Ivan, che ci lascia saltando a bordo di una lancia, poco dopo una barca viene a prendere il nostro eroe Edward con tutte le mostruose cime panamax ed i relativi parabordi e non avendo trovato, come i nostri più fortunati, o forse più previdenti, compagni di traversata posto ad una boa di Balboa proseguiamo fino alla falsa isola di Playita dove diamo fondo ed esausti ci mettiamo a riflettere. Si pensa a tutti coloro che ci hanno preceduto e che hanno reso possibile l'attraversamento dell'istmo, storie complesse di generosità di prevaricazioni, colpi di mano, truffe. Un primo grato pensiero lo rivolgiamo a Vasco Nuñez Balboa che nel 1513, completamente rivestito della sua armatura con la celata alzata a cavallo di un ronzino, così ce lo immaginiamo, si aprì a colpi di picca castigliana la strada nella fitta giungla e primo europeo, raggiunse l'altra sponda in una località “ricca di pesce” che in indios si dice “panamà”. Stupito di vedere tanta acqua ai suoi piè scese dal suo ronzinante, si inginocchiò e prese possesso del nuovo oceano in nome della Corona di Spagna. Si affrettò anche ad inviare un dispaccio all'Imperatore per renderlo edotto che lì il sole non era ancora tramontato. Poco dopo venne fatto decapitare dal governatore della cristianissima Spagna poiché si era macchiato dell'orribile delitto di aver intrattenuto rapporti troppo amichevoli con i non battezzati indios al punto di avere eletto una donna guna a sua Dulcinea. Oggi la sua effige ci guarda compiacente dalla celata nelle monete panameñe, i Balboa per l'appunto, ma ancor più noi l'apprezziamo quando con aria sognante ci ammicca dalle lattine della Cerveza Balboa. Negli anni successivi per l'istmo sono transitate carovane di muli che dal porto di Panama sul Pacifico trasportavano i tesori degli Incas nei porti dell'Atlantico di Nombre de Dios e Portobelo per il “sendero real” e successivamente per il "sendero les cruces" fino al Lago Gatun nei pressi di Gamboa e da qui su chiatte per il Rio Chagres fino al Fuerte S. Lorenzo e poi per mare a Puerto Bello dove venivano imbarcati per l'Europa. Esauritosi il bottino, il traffico trai due oceani s'affievolì per riprendere più vigoroso che mai con la corsa all'oro in California verso la metà dell'ottocento. La costruzione della ferrovia transoceanica, tra mille difficoltà sia tecniche che ambientali, mieté più di diecimila vittime per incidenti, malaria e febbre gialla. Infine nel '79 Ferdinand de Lesseps dopo l'esito positivo di Suez fondò la Compagnie Universelle du Canal Interocéanique du Panama che ebbe dalla Colombia la concessione per la costruzione del Canale ed i lavori iniziarono, ma ben presto si rivelarono più complessi di quanto stimato e la Compagnie du Canal fu travolta da un pesante scandalo finanziario internazionale. Né maggiore successo ebbe una Nouvelle Compagnie che, tiepidamente sostenuta dal governo francese, dovette abbandonare l'impresa. A Giuseppe Verdi nessuno mai commissionò "La Figlia di Montezuma" per celebrare l'apertura del Canale. Di ciò approfittarono gli Stati Uniti d'America, nel 1903 l'allora presidente Theodor Roosevelt, repubblicano, da non confondersi col più celebre Franklin Delano, democratico, per distrarsi dai gravosi affari di stato che lo vedevano impegnato nei safari africani, si occupò della questione. Non riuscendo ad accordarsi con il governo colombiano sulle clausole della concessione pensò fosse più semplice fomentare la secessione della zona di Panama da ciò che restava della Gran Colombia di Simòn Bolivar, e le truppe colombiane inviate via mare per sedare la rivolta trovarono la strada sbarrata dalla flotta statunitense. A pochi giorni dalla nascita la piccola Repubblica  Panameña si trovò tagliata in due grazie al trattato Hay-Bunau-Varilla tra il segretario di stato USA John Hay e l'ingegnere capo Philippe Bunau-Varilla di Lesseps, ora promosso ambasciatore a Washington del Panama. Infatti il trattato prevedeva, oltre a molte clausole commerciali favorevoli agli USA, la completa sovranità perpetua di questi ultimi in una striscia di 16 km di ampiezza lungo il Canale, e la facoltà di intervenire in tutti gli affari interni del nuovo stato. La costruzione del Canale fu affidata all'USACE, il celeberrimo Corp of Engeneers dell'esercito americano, ed è principalmente in tale circostanza che tale Corpo acquistò quel bagaglio tecnico di conoscenze riportate negli altrettanto famosi manuals che da un secolo costituiscono una pietra miliare per gli ingegneri marittimi di tutto il mondo. Conoscenze tecniche puntuali e precise, molto specializzate che non si lasciano distrarre da bazzecole inessenziali. Per costruire le Conche di Gatun, allora l'opera in cemento più grande del mondo, parte del materiale fu reperito tra i conci ben squadrati delle fortezze spagnole del seicento; è come se da noi, volendosi proteggere dalle piene del Tevere, si utilizzassero i marmi del colonnato del Bernini, tamponando i vuoti con frammenti di affreschi della Cappella Sistina. Infine nel 1914 i lavori sia pur tra mille difficoltà, e con ben ventimila vittime, furono ultimati ed il Canale fu aperto al traffico. Gli anni che seguirono furono estremamente turbolenti con continui interventi dell'esercito USA. Nel 1936 fu stipulato il trattato Hull-Alfaro in cui gli USA rinunciavano, si fa per dire, al diritto di usare l'esercito al di fuori della Canal Zone, che per altro venne ampliata. Seguì un periodo di colpi di stato in cui si avvicendarono spietati dittatori. In questo periodo nella Canal Zone sorgevano basi militari americane, ora fagocitate dalla giungla, per istruire coloro che dovevano operare in Vietnam e nell'America Latina. E' qui che risiedeva il famoso fabbricato 400 più noto come “scuola degli assassini”, cioè di coloro che dovevano contrastare i movimenti democratici dell'America Latina. Secondo una ben consolidata procedura, tutt'ora valida, la CIA indottrina, istruisce, protegge ed arma coloro che poi diverranno i principali nemici degli USA, che alla fine verranno assassinati loro stessi, ma non prima di aver fatto qualche milione di proseliti; ed il tutto continua in una ben oliata “catena di S. Antonio”. Infine il trattato Carter-Torrijos del 1981 stabilì che lo Stato di Panama avrebbe acquisito nel 1999 la sovranità sulla Canal Zone. Nel frattempo Torrijos morì in un misterioso incidente e gli Usa imposero alla Presidenza il loro “diplomato assassino” Noriega detto “faccia d'Ananas” che, come da copione, divenne acerrimo nemico degli stessi fino ad arrivare all' “Operation Just Cause” nel dicembre 1989 in cui ventiseimila soldati americani, preceduti da un bombardamento che causò duemila morti  e decine di migliaia di senzatetto nella città di Panama, invasero il Panama catturando il loro discolo rampollo, stanandolo dalla Nunziatura Apostolica Vaticana a colpi di rock and roll a tutto volume. E' evidente che gli strateghi del pentagono si sono ispirati alla  versione italiana di Paperino. Attualmente la gestione del Canale sembra aver trovato una maggiore tranquillità, attraverso di esso passa circa il 5% del traffico mercantile mondiale, principalmente le merci che dall'estremo oriente raggiungono la costa orientale delle Americhe. La maggiore limitazione è dovuta alle ridotte dimensioni del Canale, quelle originarie del progetto USACE, che definiscono la classe panamax (110ft x 1000ft x 40ft) rispetto alle dimensioni attuali della flotta mercantile mondiale.  Nel 2006 si è deciso di costruire una terza corsia a senso unico alternato per navi fino a 180 ft x 1400ft x 60 ft. Per la sua realizzazione si è particolarmente speso il passato Presidente della Repubblica, un industriale di origine italiana, grande ammiratore del genio italiano, con buoni rapporti con il passato governo formato da ministri propugnatori della “finanza creativa” e da ottimi imprenditori capaci di un'attenta analisi costi-benefici, benefici per sé e costi per la collettività; il passato Presidente si avvaleva infine della consulenza del direttore di un giornale italiano dal passato glorioso, ora non più in edicola, ma ben presente nel libro paga del ministero. Molti dei lavori di ampliamento del Canale sono stati affidati ad una dinamica impresa italiana specializzata in costruzioni di ponti ideali tra isole e continenti, specializzata nel riciclaggio di ecoballe e, più in generale, di balle. L'apertura della terza corsia del Canale è stata prevista per l'anno 2014, nel frattempo il Presidente italo-americano è stato trombato, il suo fido consulente italiano è stato visto transitare in manette a Fiumicino ed i suoi principali referenti nel passato governo italiano hanno cambiato casacca. La terza corsia attende, per nostra fortuna Argentina non supera le attuali dimensioni panamax.

Sandro

Il canale di Panama: il passaggio delle chiuse Gatun

Lago Gatun notte di mercoledì 25 febbraio
Ora Argentina riposa nelle dolci acque del lago Gatun a 26 m sul livello del mare, è un po' spaesata, ma felice, nella sua vita non era mai stata così in alto, si scrolla tutta quella salsedine di dosso con aria incredula. Ma andiamo con ordine. 
Verso mezzogiorno arriva Eric con l'autorizzazione di uscita dalle acque di Panama e ci presenta Edward il nostro quinto uomo, come richiesto dall'ACP (Autoridad Canal Panama). Eric ed Edward sono la riprova che qui i vichinghi sono arrivati prima di Cristobal Colon. 
Alle 13,30, dopo aver sistemato le gomene di ormeggio da 7/8 in, lunghe 125 ft ed eseguito i prescritti anelli terminali da 2 ft di circonferenza, lasciamo la Shelter Bay Marina nella foresta di San Lorenzo ed in un'ora circa ci portiamo nella Flats Anchorage Area a sinistra dell'entrate del Canale. Alle 18 si accosta una pilotina e sale a bordo Edward un giovane simpatico e professionale pilota che ci spiega con pazienza le manovre da compiere. Alle 18,30 si salpa insieme ad uno Swan, o presunto tale, battente bandiera canadese col quale viaggeremo appaiati. Si percorre in direzione sud il canale di circa 4 miglia che porta alle conche di navigazione di Gatun, davanti alle quali arriviamo dopo poco meno di un'ora dopo aver lasciato a destra l'imboccatura del vecchio canale del 1879 iniziato da Ferdinand de Lesseps, ed a sinistra le nuove conche di navigazione più ampie di quelle ora in uso. Davanti alla prima chiusa eseguiamo il “rafting up” con la barca canadese a sinistra e noi a destra collegandoci con una cima a poppa, una a prua ed un traversino tra la prua dei canadesi, in realtà portoghesi, e la mezzanave nostra, traversino che assicuri un certo sfalsamento tra gli alberi delle due barche. La manovra di accoppiamento viene eseguita con noi fermi, per quel tanto che è possibile in acqua, e l'altra barca che procede lentamente a marcia indietro, per fortuna siamo in assenza di vento. 
Alle 19,45 si apre la prima porta “vincinza”, del tipo di quelle utilizzate per la prima volta da Leonardo sul Naviglio della Martesana che collega Milano con il lago di Como e da qui col mare. Tali paratoie hanno la particolarità che la loro chiusura è assicurata dalla stessa pressione dell'acqua e la loro apertura è possibile solo quando il livello è lo stesso dalle due parti.
Nel caso specifico quando il dislivello raggiunge il suo massimo di 10 m la spinta sulla paratoia è valutabile, nel vituperato sistema tecnico di misura in 17 mila  tonnellate, per i puristi 170 milioni di Newton. Dopo l'entrata nella conca, nella corsia di sinistra che si pensava riservata al traffico in senso opposto, di un piccolo cargo ed uno yacht, veniamo trascinati dentro dalla ben più potente barca dei vicini, noi con motore in folle, solo di tanto in tanto qualche colpetto in avanti o indietro per aggiustare l'assetto, seguendo i comandi dell'altro pilota che ora è diventato l'ammiraglio della piccola flotta. Raggiunta la posizione corretta dall'alto della sponda ci vengono inflitti due pesanti “pugni di scimmia” uno a prua ed uno a poppa a cui seguono due sagole a cui fissiamo le nostre pesanti cime di ormeggio. Rapidamente i due ormeggiatori, quelli dei pugni, recuperano le cime e fissano i famosi anelli terminali alle bitte di ormeggio. Le porte si chiudono e l'acqua comincia a salire ed in meno di un quarto d'ora saliamo di circa 10 m.
Durante la salita le cime d'ormeggio vanno cazzate lentamente e con continuità. La quantità d'acqua immessa nella conca di 110 ft x 1000 ft è di circa 120 mila metri cubi e la portata è di circa 100 metri cubi al secondo distribuita su un centinaio di bocche per ridurre la turbolenza che pure c'è, ma non è eccessiva, quanto meno sono evitati i vortici di larga scala e la situazione è abbastanza governabile. Terminato il riempimento della vasca si lascano le cime di ormeggio ed il personale di terra toglie gli anelli dalle bitte, si recuperano le cime, ma si mantengono le sagole pilota. Si aprono le paratoie e si viene trascinati dai vicini nella seconda conca, mentre gli ormeggiatori a terra con le sagole in mano si fanno una passeggiata di trecento metri e dieci di dislivello, finita la quale recuperano le cime d'ormeggio e la scena si ripete tale e quale ad esclusione dei pericolosi pugni di scimpanzè. C'è anche da dire che un membro del nostro equipaggio si è fatto furbo ed anziché recuperare la cima a mano ha usato questa volta il winch, purtroppo noi eravamo sul lato destro, altrimenti, senza alcun pudore, avremmo utilizzato il winch elettrico che sta a babordo. Si ripete la stessa scena alla terza conca, quella dove risiede la cabina di regia di tutto il sistema sulla quale campeggia una scritta che ci ricorda che siamo ancora nell'anno del centenario del Canale che fu infatti aperto nell'agosto del 1914. Finalmente poco dopo le 21 entriamo nel lago Gatun, lago che fu ampliato artificialmente con uno sbarramento del Rio Chavres, all'epoca della costruzione la diga di ritegno era la più grande del mondo, il lago era il lago artificiale di maggior volume del mondo, e le conche di navigazione del Gatun l'opera in cemento più grande del mondo. Si procede per un paio di miglia nella notte al chiaror della luna sulle tranquille acque del lago sempre trascinati dall'altra barca senza capirne il perché. Il perché sarà chiaro alla successiva presa di boa, una manovra incredibile che non si capisce se dettata da altissima professionalità o se concepita da dilettanti allo sbaraglio. Lo  yacht che ci aveva preceduto era ormeggiato su una grande boa metallica ben serrata al suo giardinetto destro, la barca che ci trascinava si è portata colle sue mura di babordo al fianco destro dello yacht e tenendo in mezzo la boa ha iniziato una serie di avanti ed indietro per accostarsi utilizzando anche abbondantemente l'elica direzionale di prua, dotazione piuttosto insolita in un veliero. 
Nel frattempo un paio di marinai si erano portati sulla boa per ricevere i lanci delle cime di ormeggio da 7/8 di pollice pesanti e rigide, lanci che sono tutti miseramente falliti. A questo punto il nostro quinto uomo, Edward, dal ventre  pingue, rotola con agile mossa sulla barca dei vicini ed afferrata la gomena la lancia prodigiosamente verso la prua dello yacht alta più di 5 metri ed abbastanza distante. Il miracolo è compiuto, il pacchetto yacht-boa-barca canadoportohese-Argentina è ben serrato, salutiamo i piloti che una lancia viene a ricondurre a casa e tutti vanno a dormire appagati, ma esausti ad eccezione dello scrivente che non resiste a registrare gli eventi di questa memorabile nottata.

Sandro

giovedì 26 febbraio 2015

Attraversiamo Panama

Shelter Bay Marina, martedì 24 febbraio
Domenica abbiamo lasciato Puerto Bello  dopo aver controllato la doratura del ferro zincato della catena dell'ancora. Infatti qui a Portobelo nei disordini seguiti agli attacchi di Drake, pardon, Sir Drake all'Invencible Armada molti dobloni debbono essere rimasti nel fondo della baia ed ogni volta che si getta l'ancora la si trova ricoperta d'oro. Ci dirigiamo verso Colon e nel primo pomeriggio ritorniamo alla Shelter Bay in corrispondenza de lato destro, rosso in America, dell'enorme diga foranea che racchiude i porti di Cristobal e Colon, i porti di Cristoforo e Colombo detto in italiano. Qui in questi due giorni, fervono i preparativi per il passaggio del Canale, chi è a poppa va a prua e chi è a prua va a poppa in un'alacre grande manovra degna della Marina Borbonica. Oggi è arrivato Mario per rimpolpare con truppe fresche la stanca marineria di Argentina. Oggi sono venuti a portarci 4 gomene kilometriche ed 8 grossi parabordi neri per il Canale. Grande è stata la delusione per i parabordi che sono stati assegnati a noi, unica barca ad esserne provvista: tutti le altre barche che sono partite per il Canale erano provviste di parabordi GoodYear, consistenti in pneumatici di auto ricoperti di nastro adesivo trasparente. Ormai tutto è deciso, domani nel primo pomeriggio ci porteremo nella zona “Flats Anchorage” in attesa del pilota che monterà a bordo verso le 17.  Dopo 4 NM arriveremo alle Conche di Gatun. Presumibilmente verso le 18,45 ora locale, mezzanotte e tre quarti del 26 febbraio in Italia, si entrerà nella prima chiusa, dove inquadrati dalle telecamere dell'Autorità del Canale di Panama saremo posti in mondovisione al ludibrio delle genti sul sito www.pancanal.com. Se come probabile il pilota deciderà per la traversata in due giorni, passeremo per le chiuse di Miraflores in discesa il giorno dopo verso le 15,45 locali, 21,45 italiane, di nuovo inquadrati dalle telecamere dell'ACP. 

Sandro

lunedì 23 febbraio 2015

Il Canale di Panama

Argentina si appresta ad attraversare il Canale di Panama. Per chi volesse conoscerne la storia e capirne bene il funzionamento consiglio un bel video di National Geographic.
1904: Costruzione del Canale di Panama

Lasciamo la Comarca Guna Yala alla volta di Panama

San Felipe de Portobelo, venerdì 19 febbraio
Di buon ora Argentina salpa dalle Holandes Orientali dirigendosi a vele spiegate verso Occidente di bolina larga, quasi un traverso, alla velocità di 8 – 9 nodi. Dopo un'ora di navigazione, al traverso di Capo San Blas, l'equipaggio schierato sul ponte sull'attenti ammaina idealmente la bandiera, che non possedevamo, della Comarca de Guna Yala, intonando l'inno nazionale Guna. E' con vivo rammarico che si lascia la Comarca proprio ora che sta per cadere la festa nazionale in ricordo della rivoluzione del 25 febbraio 1925. Cosa poi ci sia da festeggiare è opinabile, visto che dopo pochi giorni intervennero i marines degli Stati Uniti che soppressero l'autoproclamata Repubblica Guna ed assoggettarono l'intera Nazione ad uno dei tanti dittatori panameñi da loro insediati. Verso le 13 la ciurma stremata non dalla fatica e dalla fame, come quella del 1510, ma dall'eccessivo riposo e dall'abbondanza di cibo vista una rada ospitale esclama “Paremos aqui, en nombre de Dios!”, ma il nostro severo Capitano Don Pablo Cudolezs de Chicharra Argentina inflessibile punta su Puerto Bello, rada frequentata dai Pirates Mecánicos.

San Felipe de Portobelo, sabato 20 febbraio
Giornata piovigginosa dedicata all'approfondimento spirituale e materiale. Si va a terra ormeggiando il tender ad una “esquela de ritmo” ed a passo di “congo” si procede con devozione fino al Cristo Negro nella Cattedrale di San Felipe. Si visita il Fuerte San Jeronimo con i suoi innumerevoli cannoni puntati a difesa della baia, che però non furono in grado di respingere gli attacchi dei Privaters anglicani contro la cattolicissima Spagna, né impedirono  il saccheggio delle pietre più grosse da parte dei “barberini”  made in USA. Molto interessante la visita del piccolo museo nello storico edificio, un po' malconcio come tutto il resto qui, della Real Aduana de Portobelo. Un filmato (in spagnolo), una serie di plastici, di reperti e documenti vari permettono di avere un'idea abbastanza chiara della situazione nei primi duecentocinquanta anni dell'era colombiana nel triangolo i cui vertici sono costituiti sul Pacifico dalla città di Panama e sull'Atlantico dal Forte di S. Lorenzo e da Portobelo. Tra questi tre punti avvenivano i principali traffici tra il Pacifico e l'Europa; le merci sbarcate nel porto di Panama venivano caricate su muli e giungevano attraverso il “Camino Real” in un primo tempo a Nombre de Dios, successivamente, dopo la distruzione di questa da parte di Francis Drake nel '96, a Portobelo. Oltre a questo percorso completamente via terra si utilizzò anche il “Sendero Las Cruces” che da Panama arrivava alla località Las Cruces sul lago Gamboa, da qui lungo il Rio Charges fino al Fuerte S. Lorenzo, quindi via mare a Portobelo dove veniva imbarcata per l'Europa. Dopo questi approfondimenti culturali ci dedichiamo a rimpinguare la kambusa presso i supermercati gestiti dai nuovi conquistadoles dagli occhi a mandolla. 

Sandro

domenica 22 febbraio 2015

San Blas: qualche foto























Ultimi bagni prima di Panama

Waisaladup, Westner Holandes Cays, giovedì 18 febbraio.
Dopo un ricco bagno nella baia e l'esplorazione di altri reefs, l’equipaggio di Argentina prega il suo valoroso capitano di trasferirsi alle isole occidentali del gruppo dove si sono visti i fondali più ricchi e più belli di tutti i Caraibi. Il capitano, a dieta di riso bollito condito con olio crudo e limone, non è più in grado di dissentire e, preso alla sprovvista, non gli viene in mente nessun lavoro con cui impegnare proficuamente la ciurma. In poco più di un'ora, al traverso con il solo fiocco (la randa è di nuovo riposta in bell'ordine per le grandi occasioni) ci portiamo nella ormai ben nota baia semicircolare tra gli isolotti di Acuakargana e Waisala. Giornata di bagni chilometrici osservando il meraviglioso fondale, la sua rigogliosa flora ed i pesci multicolori, nella consapevolezza che i prossimi bagni saranno possibili probabilmente tra parecchi giorni nel Pacifico. A sera facciamo la conoscenza con un simpatico pugliese che da solo nel suo Sun Odissey 42 sta effettuando il giro del mondo. 

Sandro

giovedì 19 febbraio 2015

L'Ovni milanese- romano

Banedup, Eastern Holandes Cays mercoledì 18 febbraio.
Ieri, martedì grasso, abbiamo lasciato Nagana e ci siamo portati nel mitico gruppo delle Coco Bandero e più precisamente ci siamo ormeggiati nel canale tra Olosiculdup e Dupwala. Qui abbiamo fatto amicizia con un equipaggio milanese-romano di un Ovni, fratello minore della Cigale, che farà un percorso simile al nostro precedendoci di pochi giorni. Questa mattina sono saliti su Argentina per ricambiare la visita e ci hanno fornito parecchie notizie utili sulle procedure di ingresso alle Galàpagos, terrorizzandoci circa la pulizia della carena, i libretti di manutenzione dei motori e dei generatori, la raccolta differenziata, i cartelli da tenere a bordo in diverse lingue e, dulcis in fundo, le dettagliate clausole dell'assicurazione dell'imbarcazione che dovranno contemplare i danni ambientali e le chiare indicazioni dei tempi e dei luoghi di validità.  Ora siamo venuti in questa splendida baia circolare delle Holandes Orientali completamente racchiusa tra le isole di Banedup, Tiadup ed Ogoppiriadup. Il panorama è superbo, ma i fondali, almeno quelli da noi esplorati, non sono all'altezza di quelli delle Holandes Occidentali, che rimpiangiamo. 
Sandro

Recupero attivo a Nagana

Nargana, lunedì 16 febbraio
Giorni di attivo riposo qui a Nagana (leggi Naganà); si smontano le volanti per cucirvi una calza nei punti in cui strisciano con gli lazyjacks, si scopre il mistero della risoluzione del problema di riscaldamento dell'alternatore: è l'acqua del lavandino che penetrando nel vano-motore ed evaporando raffredda l'alternatore, un ingegnoso sistema che contiamo di brevettare. Questa mattina abbiamo ingaggiato Federico, una simpatica guida Guna consigliata dal Bauhaus, per una risalita del Rio Diablo con il tender di un paio di miglia, percorso molto bello dove Rita ha avvistato un coccodrillo che nessun altro ha visto pur guardando nello stesso punto, ed una camminata di circa 2 ore fino ad una pozza fangosa qui definita lago. La giungla intrigante e misteriosa pullula di animali selvaggi che non abbiamo visto, ma forse loro ci hanno visto, o quanto meno sentito. Non essendo provvisti di machete l'unico percorso possibile è stato per il sentiero ben disboscato che corre lungo l'acquedotto che alimenta Nagana e Corazon de Jesus, un tracciato unidimensionale in cui l'unico errore possibile era quello di sbagliare verso di percorrenza, ma per fortuna avevamo con noi Federico che ci ha riportati a casa, si fa per dire, sani e salvi.
Sandro

martedì 17 febbraio 2015

La sfrenata e lussuriosa Nargana

Nargana, sabato 14 febbraio
La mattina al risveglio si appura che nulla di quanto paventato è avvenuto. Siamo sempre nella baia con l'ancora ben salda nella sabbia col vento che fischia a 25 Kn in un'atmosfera da rifugio alpino in una giornata di cattivo tempo. Gli incendi di sottobosco e di palme sull'isola, incendi che avevamo notato nella notte nei ripetuti sguardi da sonnambuli, erano terminati. Un X55  alla nostra sinistra, che per tutta la notte aveva brandeggiato in modo pauroso, se ne era andato alle prime luci dell'alba in cerca di posti più tranquilli, ammesso che ve ne siano, ed è stato sostituito da una barca battente bandiera italiana, ovviamente disimmatricolata. Dall'ascolto del solito canale 68 appuriamo trattarsi di una imbarcazione, dovremmo dire natante, che svolge attività di charter e sono molto preoccupati per il vento in quanto la lancia dei Guna con il pane fresco potrebbe non arrivare. In tarda mattinata, annoiati da questa vita di meditazione francescana, decidiamo di trasferirci nella grande città Guna di Nargana dalla sfrenata e lussuriosa vita mondana. Con la sola trinchetta al lasco in un paio d'ore copriamo le poche miglia che ci separano da questa e diamo fondo nella ben riparata baia che separa l'isola di Nargana dal continente. 
Andiamo a terra col tender verso sera per constatare che la vita notturna delle due metropoli Guna di Nargana e Corazon de Jesus collegate dal Ponte dell'Amicizia non è poi così sfavillante come descritta.

Sandro

domenica 15 febbraio 2015

L'utilità del 68

Waisaladup, Holandes Cays, venerdì 13 febbraio
Ora che siamo rimasti in tre si risistema un po' la barca, si fa l'inventario di ciò che è a bordo, con particolare attenzione alla farmacia e poi tutti a bagno per contemplare il reef. Abbiamo ammirato un'incredibile moltitudine di pesci, sono state avvistate delle razze, un barracuda e perfino un piccolo squalo. Poiché sembra che gli squali siano attirati dagli oggetti che luccicano, sono stato invitato a togliermi la fede dal dito e ciò per tenere lontani gli squali e non, come i maligni pensano, per attirare le chiquite bonite che pullulano su queste plaghe, ora che mia moglie è partita. Dobbiamo poi decidere se restare in questo eden, oppure portarci all'altra estremità, quella orientale, delle Holandes Cays, questa barriera corallina lunga circa 8 miglia a protezione del golfo di San Blas. Nel frattempo il vento rinforza a 25 Kn e tramite il canale 68 del VHF chiediamo ad altri italiani le previsioni del tempo. Ci viene risposto che il picco massimo lo si avrà domenica dopo di che si avrà un calo, anche sulla direzione del vento veniamo rassicurati che nei prossimi mesi rimarrà sempre la stessa da NE, a meno che la terra non si metta improvvisamente a girare in senso opposto. Non si può fare a meno di notare come qui il canale 68 sia molto più efficiente e gradevole che in Italia, qui oltre alle previsioni del tempo fornisce tutte le informazioni possibili, compreso il modo di cucinare dolci col forno di bordo. Alla luce di tali informazioni decidiamo di restare qui, con la nostra ancora ben conficcata nella sabbia a 6 m di profondità e, ciò che più conta, con alle spalle 6 NM di mare libero da scogli. Per prudenza, prima di andare a dormire, togliamo la cappottina della randa ed armiamo 2 mani di terzaroli, togliamo la protezione della trinchetta e mettiamo le scotte in chiaro, aliamo il tender e ci prepariamo ad una partenza notturna. Studiamo anche il percorso: ci facciamo portare dal vento un paio di miglia più a sud in modo da scapolare la nostra isola e poi al traverso usciamo dal Canale Holandes in mare aperto. Certo nel bel mezzo del Mar dei Caraibi si ballerà non poco, ma a noi le danze caraibiche piacciono molto, e comunque sono di gran lunga preferibili alle “scogliosi fulminanti”. 

Sandro

venerdì 13 febbraio 2015

Piero ed Ornella rilasciati per buona condotta

Waisaladup, Holandes Cays, givedì 12 febbraio
Oggi Piero ed Ornella sono stati rilasciati per buona condotta. All'alba è venuta una lancia dei Guna che li ha prelevati dalla barca e li ha portati a Porvenir. Da qui un'altra lancia, sfrecciando sul reef dove noi la sera prima col tender avevamo patito non poco per districarci nel dedalo dei bassifondi , li ha portati a Carti da dove raggiungeranno Panama e da lì l’Europa. Il segreto di queste lance dei Guna sta tutto nei motori Yamaha Enduro che sono dei fuoribordo a due tempi come quello del nostro tender, anch'esso Yamaha ma Pocoduro, che a differenza di questo partono al primo colpo, non si spengono anche senza pompare benzina, e soprattutto funzionano altrettanto bene in acqua come nei coralli. A questo punto l'equipaggio di Argentina è composto di solo tre membri, vi è Paolo il Comandante Supremo, Rita la Comandanta Kambusiera Chef e infine Sandro l'aspirante mozzo. Dopo un rapido acquisto di frutta e verdura fresca nel villaggio di  Wichubhuala, si è spedata l'ancora e in circa tre ore si sono raggiunte le Holandes Cayes. Essendo la direzione opposta a quella del vento si è preferito optare per il percorso esterno per il Canale di San Blas, il mare aperto, ed il Canale Holandes piuttosto che per il più diretto Canale di Myaflores dove sarebbe stato più delicato eseguire bordi di bolina. Tra l'altro la randa giace ormai da più di una settimana sotto naftalina perfettamente ripiegata, stirata ed incartata e la bolina col solo fiocco (e in un tratto con un po' di motore, ma che non si sappia in giro) non stringe un gran che. Nel primo pomeriggio abbiamo dato fondo nella stupenda rada semicircolare tra le isole di Acuakargana e Waisaladup nelle Western Holande Cays, detto all'occidentale, ovvero nel gruppo delle Kaimou in lingua Guna. Non abbiamo poi impiegato molto a scoprire in un lungo bagno che tra noi e la riva si estende il più bel fondale finora visto con una tale ricchezza di formazioni coralline, di piante acquatiche, di pesci di tutte le specie, di crostacei, per non parlare poi degli uccelli tra cui una numerosa colonia di pellicani.  

Sandro

giovedì 12 febbraio 2015

Tra stelle marine giganti e mante

Uchutupu Dummat, Chichime Cays, lunedì 9 febbraio
Ieri ci siamo portati nella rada a sud di Uchutupu Dummat, nelle Chichime Cays, dove si sono fatti numerosi bagni nello spettacolare reef, e ci si è dedicati a numerosi lavori di manutenzione: si è data una pulita alla carena, si è inserito un filtro della benzina al fuoribordo del tender, si sono stivate meglio le banane raddrizzandole. Si sono fatte anche escursioni a terra in questa isola molto piů grande delle altre, lunga circa 500 m, con un ricco sottobosco sotto le immancabili palme di cocco.

Tiadup, Lemmon Cays, martedì 10 febbraio
Questa mattina abbiamo lasciato Chichime (pronunciare alla spagnola come in "chiquita bonita" e con l'accento tronco) e ci siamo portati alle Lemmon Cays facendo il giro largo da sud, che è più semplice anche se su fondali piů bassi, ormeggiando nel canale d'accesso tra le stupende Tiadup e Miriadup, un'isola abitata da una nutrita colonia di pellicani in continua evoluzione. Nel dare fondo all'ancora su circa 3 metri d'acqua si è fatta molta attenzione a non schiacciare le numerose stelle marine giganti, e a non ingarbugliare catena e grippiale con le code delle mante che volteggiano nei paraggi. Infine siamo andati a far visita ad un altro dei sessantottini italiani che hanno smarrito la via del ritorno. A cena i nostri cuochi di bordo ci preparano due enormi aragoste.

Wichubhuala, mercoledì 11 febbraio
La mattina viene dedicata alla modifica del circuito di raffreddamento dell'alternatore, spostando la ventola da aspirante in soffiante, dopo di che ci si è spostati a motore da Tiadup a Wichubhuala e durante tale percorso la temperatura dell'alternatore è rimasta nei limiti consentiti; certo il percorso non č stato molto lungo e la temperatura esterna non era eccessiva ed è un po' presto per cantar vittoria. Siamo scesi a terra nei due villaggi di  Wichubhuala e Nalunega dove è stato possibile fare qualche acquisto di verdure fresche, ma soprattutto si è potuto osservare per la prima volta come si svolge la vita in un villaggio Guna. Si è notata la capanna-scuola con i suoi banchi, davanti alla quale era ormeggiata la lancia-bus che raccoglie i bambini delle varie isole, si è notato l'ambulatorio, nonché posto di pronto soccorso e si è girato per gli stretti passaggi, difficilmente definibili come vicoli, tra una capanna e l'altra dove giocano frotte di bambini e le donne cuciono, tessono e contemporaneamente cullano i loro pargoletti.


Sandro

mercoledì 11 febbraio 2015

Nuinudup: Lemmons Cays Islands

Nuinudup,  Eastern Lemmon Cays,  venerdì 6 febbraio.
La mattina si scende a terra a Porvenir. Questa piccola isola lunga e stretta orientata come gli Alisei poco più grande della pista di atterraggio è il secondo dei due posti di frontiera panamena sull’Atlantico. In uno squallido edificio, l’unico in cemento, vi è un’anticamera dove siede il poliziotto di ieri che, esaminati i passaporti  ed i documenti vari, ci introduce in un bugigattolo dove siede l’Autorità doganale che esamina gli stessi documenti e ci rimanda indietro asserendo che per ora è inutile fare il visto di ingresso. Si torna dal poliziotto che osserva di nuovo i passaporti notando che non sono cambiati. In un secondo bugigattolo vi è la sede dell’Autorità Marittima che esamina sempre gli stessi documenti e prepara un sandiwich con due fogli di carta bianca con in mezzo un foglio di carta carbone dell’epoca dei conqistadores. Con rara abilità con penna e righelli compila una specie di foglio excel che riempie a mano con i dati nostri e dell’imbarcazione. Constatato poi che la carta carbone non ha funzionato ricopia il tutto a mano in tempi nettamente inferiori a quelli necessari a Colon per fare le stesse operazioni col computer. Si ripassa dal solito poliziotto che continua a guardare i passaporti senza notare nulla di nuovo. Infine nel terzo bugigattolo risiede l’Autorità della Guna Yala questa nazione autonoma della Repubblica di Panama e, dietro pagamento, veniamo autorizzati alla permanenza in queste isole. Ovviamente si ripassa dal poliziotto ed infine si esce dagli uffici credendo di aver sistemato il tutto, quando ci imbattiamo in un italiano che già avevamo incontrato a Portobelo che ci consiglia di insistere per ottenere il visto qui a Porvenir se non vogliamo in seguito  avere seccature “por  volver”. Si ritorna dall’Autorità doganale cercando di spiegare i nostri movimenti per ottenere il visto di entrata, che di fatto serve per l’uscita. L’impiegato si documenta con molte telefonate che si interrompono regolarmente presso i vari ministeri, ed ad un certo punto sembra che voglia applicarci un mezzo visto con lo sconto del 50%, ma alla fine ci stampa sul passaporto un bel timbro in cui risulta che siamo  “marineros del barco Argentina”.  Al poliziotto brillano gli occhi ora che può analizzare questa eclatante novità sui nostri passaporti. Si ritorna in barca e si salpa verso le Eastern Lemmon Cays facendo lo slalom tra i banchi corallini, ma si è costretti a tornare indietro in quanto il GPS, essenziale in queste acque perigliose, smette di fornirci la nostra posizione. Si dà di nuovo fondo e si telefona a Riva di Traiano a Massimo della Redmarine che ci spiega come il GPS debba lavorare in armonioso concerto con l’autopilota, che peraltro non esiste in quanto in revisione in Italia. A Massimo chiediamo anche come fare ad inserire un waypoint  a partire dalle coordinate ed egli ci istruisce su un metodo farraginosissimo in cui a partire da un punto preso a caso si modificano le coordinate con una serie di comandi del tipo “vai su”, “vai giù”, “aggiungi  un passo” etc. Rimpiangiamo tutti i vecchi apparati in cui c’era una tastiera alfanumerica, ma ancor più rimpiangiamo il vecchio metodo di fissare i waypoints dei legionari romani che mettevano un cippo di pietra ogni mille passi. Si riparte e nel pomeriggio diamo fondo vicino all’isolotto di Nuinudup nelle Lemmons Cays Orientali. Si tratta di un isolotto lungo circa 300 m e largo 80 m pieno di palme di cocco, uno di quegli isolotti che si pensava esistessero solo nelle barzellette della settimana enigmistica a sfondo erotico. Sull’isola risiede una giovane coppia  con figlioletto di tre anni e due cani. Il giovane e simpatico guna, armato di pala e rastrello, sotterra le alghe nella sabbia della battigia allo scopo di ripascere il litorale e difenderlo dall’erosione. Viene il sospetto che si tratti dello stesso angelo che sotto le spoglie di un bambino era intento a travasare il mare in una buca nella sabbia e che apparve a S.Agostino. Il nostro guna ci intrattiene amabilmente illuminandoci su molte usanze della Guna Yala.
Infine veniamo a conoscenza dell'esistenza qui alle San Blas di una nutrita comunità di sessantottini, cioè che comunicano tra loro col canale VHF 68. Si tratta di italiani scontenti per un motivo o per l'altro del “paese dove crescono i limoni” che si sono fermati da vari anni alle Lemon Cays Islands per riflettere sulla propria esistenza.

Sandro

martedì 10 febbraio 2015

Finalmente San Blas

Isla Porvenir, San Blas, giovedì 5 febbraio
Alle 7 si lascia la Linton Bay con molto rammarico questo luogo paradisiaco con lussureggiante vegetazione tropicale dalla quale provengono mille richiami di uccelli ed animali esotici. Dopo un breve bordo con mura a dritta per uscire dalla baia, si vira e si assume, a vele spiegate (randa e genoa), una bolina abbastanza stretta che ci fa scapolare tutta una serie di scogli che si protendono per varie miglia a largo della costa. Si passa anche sopra un'acqua bassa di 8 m di profondità, quindi decisamente minore della lunghezza d'onda che è varie decine di metri, dove si avverte nettamente il fenomeno dello“shoaling, fenomeno per il quale tutta l'energia si concentra su un modesto tirante idrico con conseguente aumento dell'ampiezza d'onda. Verso le 15 diamo fondo nella baia di Porvenir nelle, da mesi agognate, Islas San Blas, un Eden che certamente non ci fa rimpiangere la baia di questa mattina. Qui veniamo affiancati da un piroga, ricavata da un tronco di palma scavato, condotta da due guna che ci vendono per 25 $ sei aragoste appena pescate. Finalmente un bagno ed una bella nuotata fino all'isola. Si torna poi all'isola col tender per espletare le famose pratiche di ingresso che tutte le guide ed i portolani consigliano di espletare qui. Veniamo accolti da un militare del posto di frontiera che con un bel sorriso ci comunica “manana”(domattina).

Sandro

venerdì 6 febbraio 2015

La burocrazia di Còlon

Colon, lunedì 2 febbraio 2015
La Shelter Bay Marina è un posto molto gradevole, dove si fanno piacevoli incontri, ed il nostro giovane amico francese “avec sa charme fait tomber beaucoup de femmes”. Noi più anziani preferiamo invece passare la giornata di arrivo nelle braccia di Morfeo. Si passano le giornate successive a fare bucati, risistemare la barca, pulirla e lavarla senza troppo esagerare, tanto quando ritorneranno le signore dalle crapule cubane diranno comunque che è sporca.
Ci si incontra col nostro agente di Panama, per le iperboliche procedure del passaggio del Canale e le ancor più farragginose procedure di immigrazione, secondo le quali nel fine settimana si è dei clandestini confinati nella gabbia dorata del Marina.
Domenica sale a bordo il “Canal de Panama Mesurador”, un esperto ispano-vietnamita di conversione di litri in galloni, di metri in piedi, di metri quadri in quadrupedi ed infine di conversione del tutto in dollari. Ci si accerta anche che la cambusa sia ben fornita e che ll bagno sia adeguato dovendo salire a bordo il pilota. Questa mattina il morale della ciurma è allo stremo per la doppia questione del permesso di navigazione in acque panamensi e per il visto d'accesso del suo equipaggio, visto non richiesto per le “turistas” provenienti da Cuba in aereo. Il nostro giovane nizzardo a cui abbiamo dato un passaggio sembra condannato a rimanere con noi per sempre in questo limbo acquatico. Infine tutto il garbuglio si sgroviglia in un grande sorriso della poliziotta di
turno quando gli nominiamo Erick, il nostro agente, quello dello "slip number" per intenderci. Otteniamo in un fiato il permesso di navigazione, il timbro di ingresso sui passaporti, col che il nostro francese può lasciarci, e rinviamo il visto di ingresso alle isole San Blas, dove la procedura a mano è più rapida di quella qui in uso tramite computer. Fissiamo il passaggio del Canale per il 25 sera. 
Ora potremmo anche ripartire, ma non siamo pronti, nessuno si aspettava di risolvere il tutto in così poco tempo. Grande è stata la costernazione di coloro che aspiravano ad una lunga vacanza a Colon.

Sandro

Portobelo, martedì 3 febbraio
Si lascia la Shelter bay verso le 10 locali in direzione contraria al vento che proviene da NE a 20 Kn. Si procede per bordi di bolina stretta con trinchetta e randa ridotta a metà, alla velocità di circa 6 Kn. Per non attardarsi troppo si decide di ormeggiare nella graziosa e riparata rada di Portobelo un tempo il principale porto delle Americhe sull'Atlantico prima della costruzione della ferrovia e poi del canale di Panama; da qui è passato tutto l'oro delle nostre chiese barocche, oro depredato "ad majorem Dei gloria", parte del quale veniva poi sottratto alle Antille dai depredatori (inglesi e francesi) dei depredatori (spagnoli) per costruire la nostra civile società democratica e liberale. Si decide di visitare il paese, ma il motore del tender si oppone e fortunosamente si ritorna a remi controvento all'imbarcazione. Il ritorno delle signore in barca si nota soprattutto all'ora dell'aperitivo a base di rum ed ancor più nella cena sibaritica.

Sandro

Isla Linton, mercoledì 4 febbraio
La mattinata se ne va dal meccanico che trova acqua nel carburatore del fuoribordo del tender che poi rimonta in maniera approssimativa: comunque ora il motore funziona anche se avanza qualche pezzo inessenziale ma sopratutto occorre continuare a pompare benzina se no si spegne.
Verso le 14 salpiamo ed iniziamo a compiere bordi di bolina con 3/4 di randa ed, inizialmente, trinchetta, poi genoa, essendo il vento calato a 15 – 20 Kn. Alle 18,30 diamo fondo nella Linton Bay nel canale tra l'isola omonima ed il continente. Qui all'imbrunire folgoriamo un sedicente elettricista nautico che avvicinatosi a poppa con un barchino viene ricevuto dal comandante che stava facendo una doccia in altissima uniforme.

Sandro

lunedì 2 febbraio 2015

Arrivati a Colòn

Prima del diario di Sandro, due impressioni della traversata che Jmmi Cornel definisce come uno dei pezzi più difficili del giro del mondo. Nel complesso una traversata di 1250 nm impegnativa fatta in 3 e non in 4 persone come previsto. In realtà eravamo in 4 con Alex, un ragazzo che si era proposto di aiutarci ma, che alla prova dei fatti è stato solo di compagnia. La scelta importante è stata quella di allungare il percorso tenendoci ben lontani dalle coste di Venezuela e Colombia dove vento e mare sono sempre più forti. E così un altro pezzetto è messo nel paniere. 
Ciao a tutti.
Paolo

Negli ultimi tre giorni si è continuato a navigare al gran lasco con un angolo intorno ai 150° tra la prua e la direzione del vento apparente con mura generalmente a destra, talvolta a sinistra. Ad ogni strambata si è posto il problema di riposizionare sottovento il generatore idrodinamico, operazione che va eseguita trai flutti che vorticosamente spumeggiano a poppa e che viene magistralmente eseguita dal nostro comandante in Uniforme da Cerimonia, che consiste nella ben conosciuta Altissima Uniforme con l'aggiunta della fascia autogonfiabile da Ammiraglio.
Dai bollettini di Méteo France, in un primo tempo, si riesce a leggere solo l'intensità e la direzione del vento e non l'altezza dell'onda che pur abbiamo richiesto, ma per qualche diavoleria informatica non ci appare. Per fortuna riusciamo a collegarci telefonicamente con Renato che da Roma ci rassicura che nel tratto di mare da noi scelto l'onda non supererà mai i 3-4 m di altezza, fornendoci preziosi dettagli sulla variazione di questa grandezza sia nel tempo che nello spazio. Renato ci ha anche fornito i recapiti del SAR di Bari, nel caso che un colpo di vento ci trascini da quelle parti. Solo più tardi, smanettando con pazienza abbiamo risolto l'arcano facendo apparire sulla carta lo stato del mare in una accattivante veste cromatica e con nostra grande soddisfazione ci siamo accorti di aver evitato con magistrale intuizione la zona di maggior casino. Dopo una notte passata a schivare le navi in entrata ed uscita siamo infine giunti al porto di Cristobal Colòn aspettando il giorno per entrare.
In sintesi l'attraversamento con gli Alisei del Mar dei Caraibi, effettuato da Argentina, può essere schematizzato nella spezzata trai seguenti punti di coordinate spazio-temporali:

1. St. Martin (10° 05,36 N, 063°07,21 W,  17 UTC del 24.01.2015)
2. punto 2 (12° 52,09N. 073° 09,75W, 15 UTC del 28.01.2015)
3. punto 3 (13°13,03 N, 076° 48,76 W, 13 UTC del 29.01.2015)
4. Colòn (09°23,52 N, 079° 33,53 W, 08UTC del 31.01.2015)

Trai punti 1 e 2 vi sono 687 Nm per 245° percorse in 117 ore alla velocità media di 5,87 Kn
Trai punti 2 e 3 vi sono 186 Nm per 276° percorse in 22 ore alla velocità media di 8,45 Kn
Trai punti 3 e 4 vi sono 290 Nm per 219° percorse in 43 ore alla velocità media di 6,74 Kn

l percorso complessivo è di 1163 Nm, circa 60 in più del tracciato diretto, effettuato in 182 ore alla velocità media di 6,39 Kn, nella realtà il percorso effettivo sarà stato di almeno il 15% in più e tale anche la velocità. Durante tutto il percorso il vento è oscillato trai 15 e i 30 Kn e l'ampiezza dell'onda non ha superato i 4 m. Un bordo con mura a sinistra è stato essenziale per centrare la meta, la sua ampiezza ed il suo posizionamento sono stati scelti per evitare gli stati di mare più severi che si verificano all'interno del triangolo di vertici 2, 3,4 e che si estendono verso le coste del Venezuela e della Bolivia.

Sandro