Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

sabato 31 marzo 2018

A SPASSO PER SANT’ELENA


30 marzo 2018;    lat 15 55 sud;   long 5 43 ovest

28 marzo ore 5.   Siamo a poche miglia dall’arrivo.

La sagoma scura dell’isola ormai si vede da alcune ore e le luci dell’aereoporto ne evidenziano la dimensione.
Spengo il motore, siamo in anticipo. La barca galleggia ferma in un’incredibile piatta oceanica.
Da 36 ore andavamo a motore dopo che l’aliseo ci aveva mollato a 200 miglia dall’isola.
Potevamo arrivare ieri sera ma abbiamo preferito arrivare con la luce per veder meglio quale boa prendere ed esplorare la costa sud est, la più selvaggia, illuminata dalle prime luci.
Alle 6,30 il  sole spara i suoi raggi sulle ripide scogliere che difendono l’isola.
Accendo il motore e contorniamo la costa verso l’unico vero approdo:
Jamestown posto a nord ovest a ridosso degli alisei.
In rosso la rotta percorsa da Cape Town a S. Elena. In azzurro la prossima rotta per il Brasile

Una baia non molto profonda ma riparata fronteggia l’unica vera cittadina dell’isola.  Una decina di barche che hanno traversato come noi ondeggiano pigramente legate alle boe.
Port Autority ci assegna,via radio, una boa.  Alle nove ci leghiamo e un servizio di taxi boat ci porta a terra per le pratiche di ingresso.
In un paio d’ore riusciamo a concludere tutto compresa un’assicurazione sanitaria obbligatoria. 
 Le nostre assicurazioni qui non sono valide (Europassistance,Alliance,ecc.).      
Solo Bobo ha quella aziendale di mamma Rai che lo copre in tutto il mondo, senza esclusione dei posti più irragiungibili…. ma peccato se l’è scordata a casa.  Niente di tragico, con una cinquantina di euro per tutti siamo in regola.
Gironzolare per il paese incontrando bianchi,neri,mulatti (frutto di secoli di incroci) tutti gentili e sorridenti.
Il vecchio mercato

Tappa all’ufficio turistico dove la gentilezza (e la bellezza delle
impiegate) supera i valori medi della strada.
Quanto costa questo? Dove troviamo quest’altro? ….e così via.
Prenotiamo una macchina in affitto per i prossimi giorni.
Poi Bobo, Eugenio ed Enrico decidono, alle due del pomeriggio sotto un sole quasi equatoriale, di affrontare la prova suprema della salita della scala di Jacobbe: una “scalata” a 45 gradi alla cui cima c’è pure il timbro dell’avvenuta impresa.  La scala porta ad un’altra fortificazione posta a guardia di Jamestown.
La costa Sud

Sandy Bay, il secondo approdo a sud ma quasi sempre impraticabile

Bobo, naturalmente con la sua falcata, taglia il traguardo per primo, poi Enrico e buon ultimo anche Eugenio, soddisfatto dell’impresa ma che pagherà cara la discesa con le sue ginocchia doloranti.
Io, invece, decido di passeggiare in città.  Il sole a picco mi invita a rasentare le case per sfruttarne la poca ombra.  C’è un qualcosa di simile alla nostra mediterranea Grecia delle Cicladi: i muri abbacinanti dalla bianca calce, i fiori sui piccoli giardinetti antistanti, i bambini a giocare per strada.
Nel pomeriggio un po’ di spesa e poi a cena dove per 3 pound ti danno un collegamento di mezz’ora ad internet che funziona per tutto ma, inspiegabilmente, non per watsapp.
Niente saluto alle signore.  Vuol dire che leggeranno le nostre mail.
Se non riesco a scrivere un prossimo diario in tempo: BUONA PASQUA!
Paolo
Pinnacoli vulcanici


lunedì 26 marzo 2018

26 marzo 2018 lat 18 30 sud long 2 57 ovest

QUASI ARRIVATI A SANT’ELENA

Siamo a 220 miglia dall’arrivo.
Il vento ci ha portato fin qui in modo abbastanza costante; ovviamente
tenendo conto che nel mezzo dell’oceano oltre ai venti previsti (in questa
seconda metà gli Alisei) ci sono anche improvvisi cambi di direzione ed
intensità dovuti alla corsa delle nuvole e degli improvvisi acquazzoni che
modificano temporanemente i venti costanti da sud est; e questo ci obbliga
a rapide riduzioni della randa mentre il fiocco (la vela verso prua)
rimane al suo posto.
Per stanotte e domattina si prevede un deciso calo di vento e quindi una
bella smotorata fino all’arrivo. E invece il motore lo abbiamo acceso già
dalle 8 (U.T.C) forse per l’instabilità atmosferica (pioggia e nuvole) e/o
per un errore della previsione meteo.

La nostra meta Sant’Elena è un’isola sperduta in mezzo all’oceano
Atlantico sotto l’equatore.
E’ talmente sperduta ed irraggiungibile che gli Inglesi , dopo aver
sconfitto definitivamente Napoleone e dopo che il corso era riuscito a
fuggire dalla nostrana Elba, hanno pensato bene di confinarlo fino al
giorno della sua morte (il famoso 5 maggio 1821…ricordate la poesia di
Manzoni “Ei fu siccome immobile…&rdquo😉in un posto impossibile da raggiungere
se non con una nave inglese.



Non che non potessero arrivarci altre navi e infatti l’isola fu scoperta
nel 1502 dal portoghese-galiziano João da Nova ma dal 1659 l'isola fu
occupata definitivamente dagli inglesi.
Già dai primi del cinquecento i portoghesi percorrevano la rotta
commerciale verso l’India essendo stati i primi, alla fine del
quattrocento, a raggiungere il Capo di Buona Speranza.
João da Nova era partito dal Portogallo verso l'India nel 1501 scoprendo
nel viaggio prima l’altra sperduta e vicina isola di Ascensione poi l’anno
dopo, al ritorno, Sant.Elena.
Il nome deriva ovviamente dal santo del giorno della scoperta: Sant’Elena
da Costantinopoli, madre dell’imperatore che legittimò definitivamente il
cristianesimo.
Il nostro Colombo inaugurò la moda fra le nazioni cattoliche di chiamare
le scoperte geografiche coi nomi dei santi e nel 1492 scoprendo l’America
(per lui le Indie) cominciò con San Salvador. Anche in questi aspetti
minori: religioni e storia un connubio indissolubile.
L’ultima nota sulla scoperta di Sant Elena ricorda la presenza anche di un
italiano: Amerigo Vespucci, il grande esploratore fiorentino a cui è
dedicata la nave scuola della nostra marina militare.
Torniamo alla storia dell’isola: i portoghesi non ne rivelarono
l’esistenza e cominciarono a colonizzarla per quasi un secolo. Era
un’ottima base per riposarsi e rifornirsi tornando dall’oceano Indiano.
Ma alla fine del cinquecento il segreto non era più tale e gli inglesi
stazionarono intorno all’isola con le loro navi da guerra per derubare i
galeoni spagnoli e portoghesi tanto che i rispettivi re vietarono la sosta
alle loro navi.
Piccola divagazione storica: tutte le potenze marinare dell’epoca andavano
a “raccogliere” materie prime,spezie,primizie(poi anche schiavi) ma gli
Inglesi, molto più organizzati e pratici dei regni cattolici rubavano pure
alla concorrenza. Le lettere di autorizzazione alla “Guerra di corsa “
permettevano ai corsari di derubare i malcapitati con tanto di carta
bollata reale. Invece quelli che facevano lo stesso mestiere in proprio e
non sotto l’egida della corona inglese erano pirati da appendere, corda al
collo, al pennone più alto della nave.
Nella prima metà del seicento si presentarono pure gli olandesi ma poi
preferirono la colonia del Capo di Buona Speranza e dal 1659 l'isola fu
occupata definitivamente dalla Compagnia Inglese delle Indie Orientali,
che vi inviò alcuni abitanti bianchi, con gli schiavi.
L’isola fu usata come esilio oltre che per il più famoso ospite Francese
anche per tante altre persone tra cui,per la questione sud Africana, il re
degli Zulù e ben 5000 boeri.
Da allora Sant’ Elena è rimasta sempre inglese ed è attualmente un
territorio d’oltremare.
Lunga 16 km e larga 12, è un cono vulcanico che sbuca dal mare fino agli
824 metri del Diana’s Peak.
Potrebbe essere una meta interessante. Vedremo quando avremo messo i piedi
a terra.
Paolo

domenica 25 marzo 2018

24 marzo 2018 ore 4 lat 23 10 sud long 0 43 est


…..” A DA PASSA’ A NUTTATA”…..

Alle tre e mezza sveglia per il mio turno di guardia.
Nottata faticosa.  Enrico ed Eugenio avevano strambato da poco: meno di due miglia.
Il vento questa notte ha cambiato direzione più del solito e lo skipper ha deciso di correggere la rotta per provare a fare meno strada verso Sant’Elena.
Ma il vento sembrava prendersi gioco di Argentina.   
Quattro strambate in45 miglia (sono un cambio di rotta per avere una volta il vento da destra , una volta da sinistra).
Ed ancora il vento continua a scherzare,  tanto che bisognerebbe strambare ancora, ma dopo un miglio e mezzo mi sembra veramente eccessivo : tra poco potrebbe cambiare di nuovo direzione.
Per fare una strambata bisogna essere in due ed ora sono solo;  ogni volta che si effettua una manovra come la strambata la barca subisce sollecitazioni ulteriori ed infine su navigazioni così lunghe come queste oceaniche l’eventuale ritardo subito è talmente minimo che si ammortizza tranquillamente sullo spazio di 10-12 giorni di una traversata come questa.  
 Arrivare in 10 giorni o in 10 e 3 ore non cambia assolutamente niente: non stiamo facendo una regata.
Intanto mentre si facevano tutte queste manovre, Argentina tagliava il Tropico del Capricorno ( 23 gradi 26 primi e 16 secondi di latitudine sud).   
 Si sta avviando a tornare lentamente verso l’equatore e poi verso il nostro emisfero.
Un’altra nota geografica: tra poco arriveremo al meridiano di Greenwich:
il meridiano zero che divide, per convenzione, l’oriente dall’occidente.
Due anni fa ero alle Fiji sull’antimeridiano cioè quello a 180 gradi di longitudine est e 180 ovest.
All’ isola di Taveuni, con due equipaggi differenti, ero stato sul punto in cui passa il cerchio ideale che segna, sempre per convenzione, il cambio data.      
Stando a cavallo di questa linea avevamo un piede nell’oggi e uno nel domani.   Un altro esempio di “avere il piede in due staffe”.
Chi sa quanti politici Italiani, pur non sapendo cosa sia questo benedetto antimeridiano, sapevano, sanno e sapranno ben tenere i piedi in due o tre staffe !!!   Ma per fortuna (???) abbiamo come primo partito i 5 stelle che con ferrea coerenza antiCostituzionale imporranno multe salate a chi cambierà casacca.
Chiedo scusa per qualche divagazione politica ma dieci giorni senza notizie possono perdonare qualche battutaccia.
Paolo

p.s.: mentre scrivevo il vento è girato di 50 gradi!   Se avessi
strambato, ora avrei dovuto strambare un’altra volta.

mercoledì 21 marzo 2018

21 MARZO 2018 ore 6 lat 27 45 sud, long 8 24 est

EQUINOZIO DI PRIMAVERA O DI AUTUNNO?

E’ ancora notte. Ma forse perché dobbiamo cominciare a rimettere gli
orologi.
E’ in genere a quest’ora che Aurora comincia a schiarire ad oriente le
basse nuvole che orlano spesso l’orizzonte.
Ci stiamo spostando verso nord ovest e quindi lentamente il nostro fuso
orario si modifica. Dalla longitudine di Cape Town (18 est) abbiamo
guadagnato 10 gradi; ancora ne mancano 5 per cambiare il fuso orario.
Siamo ormai più ad ovest di Roma (12 est).
Dal punto di vista puramente geografico il giro del mondo è fatto.
Mancano solo (???!!!) 9 mila miglia per riportare Argentina nel Biondo
Tevere da dove era partita ad ottobre 2014. Ancora tutta la risalita
dell’oceano Atlantico fino al Brasile e alle Azzorre ed infine l’ingresso
, attraverso le Colonne d’Ercole, nel nostro Mare Nostrum.
Con questi dati si coniuga la domanda del titolo di oggi. Qui
nel nostro emisfero sud l’equinozio segna l’ingresso dell’autunno mentre
in Europa l’inizio della primavera.
Ma diminuendo la latitudine mentre ci avviciniamo al tropico del
Capricorno , pur entrando in autunno, la temperatura sta lentamente
risalendo.
A Cape Town dormivo con tre coperte mentre ora solo con una;
considerazioni geografico/climatiche/pratiche
per raccontare qualche nuova
su un diario di bordo che non registra grandi novità.
Si procede tranquillamente nella giusta direzione con poco vento, circa 15
nodi ma a volte meno.
Speriamo che entrati nel vero Aliseo di sud est la velocità aumenti.
Pazienza; per arrivare all’isola del definitivo esilio del Bonaparte ci
metteremo un giorno in più.
Paolo

lunedì 19 marzo 2018

IN NAVIGAZIONE VERSO SANT’ ELENA

19 marzo 2018 lat 30 45 sud long 13 08 est
IN NAVIGAZIONE VERSO SANT’ ELENA

Ore 5, è ancora notte. Le stelle, che brillavano quando sono andato a
dormire, ora sono scomparse dietro una coltre di nubi ma non sembra che
portino pioggia anzi il barometro è in leggera risalita.
Il mio turno di guardia era iniziato alle 3,30. Bobo mi ha salutato
consegnandomi Argentina che filava a 8 nodi con randa a due mani.
Eravamo partiti due giorni fa da Cape Town la mattina alle 11 a motore
guardando per l’ultima volta la distesa piatta della cima della Table
Mountain che sovrasta la città. La previsione ci assicurava un bel vento
da sud e così è stato dopo poche ore e pare che continuerà ancora
spingendoci dritti verso Sant’Elena.
Dopo un mare pieno di alghe e rami, provenienti dalla costa, l’acqua si è
pulita ed abbiamo potuto utilizzare il nostro amico Watt&sea che ci
assicura una bolletta elettrica gratuita.
Per ora una navigazione tranquilla a parte una improvvisa e urgente
riduzione della randa per non previste raffiche oltre i 30 nodi. Ieri
mattina,alle prime luci dell’alba.
Avevamo lasciato Cape Town senza aver avuto il tempo di visitare la città.
Un unico giro sul bus turistico scoperto (quello del mordi e fuggi alla
giapponese) che nel centro della città ci ha regalato delle belle immagini
di una città moderna con alcune tracce del passato coloniale, del nuovo
sviluppo economico-edilizio e di luoghi dove si sono svolte le tappe
storiche del lento cammino verso la democrazia di una nazione ancora
segnata dall’Apartheid.
Iniziato nel 1948, terminato solo formalmente nel 1990 con il presidente
De Klerk a seguito delle forti pressioni internazionali e della tenace e
convinta opera di due premi nobel della pace, l’arcivescovo Desmon Tutu e
sopratuto di Nelson Mandela, l’Apartheid è ancora fisicamente visibile
nelle shiptown (che vedi da lontano nel giro turistico) dove vennero
confinati per legge i neri e dove, in gran parte, ancora vivono non per
legge ma per povertà.
Storia complessa quella del Sud Africa.
Tutto cominciò nel 1487 quando il portoghese Bartholomeu Dias raggiunse
il capo battuto da venti impetuosi che battezzò Cabo de Boa Esperanca.
Qualche anno più tardi Vasco de Gama doppiò il capo e si diresse verso il
Mozambico e infine l’India: il vero obiettivo dei portoghesi per i loro
traffici commerciali con l’oriente.
Fino alla fine del 1500 i portoghesi ebbero poca concorrenza ma poi altre
potenze marinare si affacciarono sulla scena Africana: gli Olandesi e poi
gli Inglesi.
All’inizio gli Olandesi crearono delle basi per il rifornimento delle navi
insediandosi ed espandendosi verso il territorio a NE. Ovviamente in
questa lenta migrazione vennero a contatto con le popolazioni locali e ne
nacque una popolazione mista dedita sia ai commerci ma più allo
sfruttamento del territorio. I famosi Boeri sono una popolazione
prevalentemente olandese ma con influenze locali.
Gli inglesi utilizzarono il territorio soprattutto come base per i
commerci ma i veri attriti nacquero nella seconda metà dell’ottocento
quando vennero scoperte immense risorse di oro e diamanti.
Forti contrasti sfociati in sanguinose guerre prima vinte dai Boeri ma poi
decisamene dagli Inglesi.
Pax inglese, regole inglesi in cui restarono completamente fuori i Neri e
i Coulored.
Dovranno passare molti anni di violenze che portarono nel 1948 alla
promulgazione ufficiale di leggi che vietavano ai Neri praticamente tutti
i diritti: la famosa Apartheid (termine afrikaans che significa “stato di
separazione")
Ancora violenze fino agli anni ’80.
Per dare un dato importante bisogna ricordare che i Bianchi costituivano
solo il 16% della popolazione,mentre 50 anni prima erano il 20% ed in più
continuavano a diinuire.
Nel 1986 il presidente Botha annuncia il superamento dell’Apartheid e
timide riforme ma è il successore De Klerk (altro premio nobel per la
pace) che realizza la vera fine sia dell’Apartheid che delle
discriminazioni verso tutti i partiti ed il rilascio dei prigionieri
politici. Il più famoso sarà proprio Nelson Mandel dopo 27 anni di
carcere.
Nel 1991 si avviarono i negoziati per la formazione di un governo
multiraziale per scrivere una nuova Costituzione.
Costituzione promulgata nel 1994 che finalmente garantiva la libertà di
parola, di culto, il diritto ad un alloggio adeguato ed alti benefici,
vietando discriminazioni di qualsiasi tipo.
La nuova bandiera,con i colori dell’arcobaleno, fu il simbolo di pacifiche
elezioni. 63% all’ANC (African National congres) 37% al National Party
(Bianchi e Coloured)
Nel 1999 le successive elezioni (con Mandela dimessosi da presidente
dell’ANC) videro un ulteriore rafforzamento del partito 70%.
La storia ci dirà se l’Apartheid verrà superato dopo la forma anche nella
sostanza.
Paolo


Uccendo dal porto verso la Table Mountain

sabato 17 marzo 2018

CAPE TOWN 16 marzo 2018


ANCORA IN PORTO PER LE ULTIME .....

Saldamente legati alla banchina del porto stiamo ancora aspettando l'ennesima visita del rigger (quello che ripara e regola tutto quello che riguarda l'albero della barca).
Farmer è  veramente un personaggio. Ti da gli appuntamenti che non rispetta mai ma essendo bravo, almeno questa è  l'impressione, è molto richiesto e quindi si fa attendere a lungo.
Saremmo dovuti partire oggi ma questo inconveniente ci ha fatto rimandare e meno male perché fuori c'era vento forte.
Discutendo con il rigger Farm

Enrico voleva partire a tutti i costi anche senza trinchetta se  Farm non si fosse presentato stamattina mentre io ero assolutamente contrario sia per questa navigazione e sopratutto per la prossima dal Brasile alle Azzorre dove ci aspetta sicuramente un bel po' di bolina.  Soliti dissensi tra i due armatori!
Comunque per fortuna il nostro uomo è  venuto ed ha cominciato il lavoro evitandoci una discussione spiacevole.
Inoltre anche Bobo ed Eugenio ieri  avevano verificato la possibilità spostare il biglietto dal Brasile e quindi tutta l'urgenza di partire scemava.
Fermi tutti è  arrivato Farm!  Interrompo un attimo...............
20 minuti di lavoro e voilà. ....finalmente possiamo partire domattina.
Onore al merito a Farm che comunque ha lavorato un paio d'ore , ci ha dato vari suggerimenti,  e addirittura non ha voluto un centesimo per il suo lavoro.
Ce lo aveva fatto conoscere Francesco, un napoletano che aveva fatto la coppa America e poi si è fermato qui a lavorare nella veleria di Ulman Sail  (notizia per i velisti: qui le vele costano un terzo che in Italia perché ovviamente la mano d'opera costa molto meno e poi te le spediscono pure).
Francesco ormai vive qui ed è contento del suo lavoro e di come guadagna. Anche la moglie e le due figlie perfettamente ambientate.    Altri italiani costretti ad emigrare!
Insomma pare che ora sia quasi tutto fatto ......anche la spesa!  Ho pure pulito finalmente il lurido pavimento e  imposto il cambio scarpe sulla barca.
Questi giorni sono trascorsi tra continue riparazioni e ricerca di pezzi di ricambio.   Quando una barca naviga per tante  miglia le sollecitazioni sono così forti che si scassa tutto  e devi sempre controllare e riparare.
Una gran barca di 25 metri con dietro la Table Mountain
Fabrizio ,che aveva fatto con noi il Capo di Buona Speranza è tornato il 10 al suo lavoro in Italia dopo averci dato veramente un grande aiuto.   Grazie Fabrizio!!!
Tre giorni fa Bobo ed Eugenio sono arrivati con una valigia carica di pezzi di ricambio e con tanto entusiasmo che mi ha consentito di delegare con tranquillità un sacco di cose.
Eugenio e Bobo davanti alla vecchia torre di controllo
Gli unici due giorni di riposo che ci siamo concessi sono stati di domenica per andare a visitare Capo di Buona Speranza con il bus da terra.   Un casino di gente, solite foto di rito sul capo, al farò. Comunque bello vedere da terra quello che era stata una meta importante per mare.
E poi una gita di 900 metri (senza allenamento ) sulla Table Mountain che sovrasta Cape Town ed ovviamente il porto.  E' una presenza fissa che incombe e che ti stuzzica a salirci sopra. 
Fabrizio, da buon trentino è  tornato addirittura a piedi fino alla barca "le la la muntagna" mentre noi ,ben più vecchi ci siamo comodamente accomodati in un taxi.
Antico e moderno
Due parole su Cape Town.  Certamente una bella città curata e con una presenza di bianchi di almeno il 30%.  A Durban, la città da cui eravamo partiti,  non vedevi un bianco nemmeno a pagarlo e ci avevano raccomandato di girare solo in macchina ma devo dire che tutta questa insicurezza non l'ho percepita.
Apartheid
Durban non è certamente una gran bella città essendo il maggior porto di scambio commerciale per il Sud Africa mentre Cape Town ,almeno qui in intorno a questo marina, è  pulita ed elegante ( molto più di Roma).  Tanti turisti. Tanti bianchi. Sensazione di tranquillità.
Per qualche notizia in più sulla storia di questo pezzo d'Africa vi rimando a tra qualche giorno quando sarò in navigazione e finalmente avrò più tempo. Vi anticipo solo che ,come dalla foto, qui ci sono stati ben  quattro premi Nobel per la pace.
I quattro premi Nobel per la pace del Sud Africa
 Segno che qualche problemino di convivenza tra bianchi e neri ha segnato la storia di questa nazione.
Al prossimo diario dall'Oceano Atlantico.
Paolo