Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

domenica 10 settembre 2017

Madagascar 10 settembre 2017



Siamo a Ivato, vicino all'aeroporto di Tana, nella accogliente casa di Amy Travel, la ottima agenzia di viaggi che ci ha organizzato la vacanza, corrispondente malgascia dell'altrettanto commendevole agenzia trentina Bolgia, cui ci siamo rivolti in Italia. La nostra vacanza finisce ora e salutiamo Rita e Paolo, che resteranno qui con Dario e Giovanna. 
Veramente Amy Travel e la nostra guida, Honoré, hanno organizzato il viaggio in modo impeccabile. Un grazie va anche alle donne del gruppo, che si sono date tutte molto da fare per la buona riuscita di questo viaggio. Dopo i ringraziamenti, doverosi ma non per questo meno sentiti, qualche impressione di viaggio, o sprazzo di memoria.
Dopo il Post precedente abbiamo visto posti veramente belli.

Tutta la zona intorno a Salary è notevole per le sue bianchissime spiagge e per i suoi numerosi villaggi di pescatori. Abbiamo vissuto un bel momento quando siamo arrivati in uno di questi, sotto una candida duna sabbiosa, a venti minuti a piedi dal Salary Bay, assieme alle barche dei pescatori che tornano a casa. Tutto il villaggio partecipa, tirando le barche a riva e scaricando il pescato dalle piroghe a vela. Con una di queste torniamo all'albergo, contenti di aver vissuto uno scorcio autentico di vita malgascia.
Poi lasciamo le bianche e incontaminate spiagge della costa Ovest, verso l'interno.
Al parco di Isalo, vediamo grandi formazioni di arenaria, rocce spesso tondeggianti che ricordano le Olga Mountains australiane, vicino a Uluru, o Ayer's Rock. Facciamo un giro a piedi, abbastanza stancante per Dario, il cui ginocchio sifolino fa i capricci, ma bello soprattutto nella parte iniziale, su una specie di plateau. Abbiamo l'impressione che il Parco abbia grandi possibilità, ancora poco sfruttate. Il giro che facciamo, pur bello e lunghetto, ignora totalmente una grande area di rocce tondeggianti che sarebbe bello percorrere.

Il nostro albergo, il Jardin du Roy (loro lo scrivono così), è molto ben inserito in questo bel paesaggio. E siamo contenti di passarci due notti, allietate anche da un'ottima cucina.
Via poi verso Andringitra, un parco caratterizzato da grandi pareti di granito, estese in lunghezza, ad occhio due o tre chilometri, e in altezza, almeno 800 metri. Per dei rocciatori come Paolo, Dario e me è una vista che toglie il respiro. Le vie sono tutte di forti difficoltà, dato che le più facili sono intorno al 6c. La grande parete dello Tsaranura, ha molti colori,  a volte gialla e verde di licheni su un fondo grigio-marrone. Essa s'impone maestosa allo sguardo di chi come noi soggiorni allo Tsarasoa, una struttura che un tempo deve esser stata molto bella ma che ora pare molto trascurata, sospettiamo a causa di un gestore, francese, molto disattento. Il giorno dopo il nostro arrivo ci dividiamo in due gruppi, alcuni arrivano in cima ad un roccione che sovrasta i nostri Bungalow, il Camaleonte; io con altri faccio un lungo giro intorno al paretone. Mentre saliamo con fatica verso un passo che separa due segmenti del paretone vediamo una cordata impegnata in una grande via. Sono formichine in una enorme lavagna. 

A sera li vedremo che preparano il bivacco, con portaledge naturalmente, e la mattina dopo li scrutiamo con un po' di invidia mentre, molto lentamente, ripartono verso la loro fatica.
Questo secondo giro è lungo ma di grande impatto visivo e direi anche emotivo. In alcuni tratti ci si deve aiutare tenendosi ad una corda che la nostra guida, Augustin, mette giù per un paio di brevi tratti in salita, e per un tratto, però più lungo, in discesa. Sostiamo a riposare su un mammellone quando resta solo una mezz'oretta di facile discesa e siamo molto contenti del riso alla cantonese che ci mangiamo al sole. In discesa troviamo due ragazzi genovesi che hanno scalato il Lemure Wall, non più di 6a dicono, e che nei prossimo giorni vorrebbero scalare Out of Africa, una via aperta fra gli altri anche da Michel Piola. Conoscono anche Marco Schenone, un alpinista genovese che con me e Paolo partecipò ad una ricognizione nell'Hindu Kush ormai tanti anni fa, nel 2000.
Andringitra è un posto veramente speciale, che mi resterà a lungo nel cuore. Lo lasciamo a malincuore anche perché ormai il nostro giro volge al termine.
Abbiamo visitato un Paese dove l'aspettativa di vita alla nascita è, dice il nostro efficientissimo Honoré, di 54 anni, difatti se abbiamo visto pochissimi vecchi il motivo è banale; muoiono prima di diventarlo.
Oltre alle candide sabbie di Salary, alle grandi pareti di Andringitra e alle rocce di Isalo, ci resterà nel cuore lo sguardo dei tantissimi bambini, insieme al loro sorriso di bimbi  aperti alla vita in questo Paese, dove probabilmente Lucia ed io non torneremo più, ma che abbiano imparato ad amare anche per merito loro, sperando che il loro futuro sia meno duro di quello che a noi parrebbe oggi probabile.
Grazie a tutti di questa bella esperienza.

Salvatore Bragantini 

lunedì 4 settembre 2017

Madagascar



3 settembre 2017.
 
Parcheggiata Argentina all'isola della Reunion, Capitan Paolo ci raggiunge a Antananarivo, anche detta Tana, capitale del Madagascar. Il gruppo comprende, oltre a Rita, Giovanna e Dario, Beppo e Renata, Lucia e me. Facciamo del nostro meglio per aiutare Paolo a rientrare in un ambito terragno e non marino; lui con qualche sforzo si adatta.
Visitiamo, Lucia ed io per la seconda volta a distanza di sette anni, uno dei Paesi più poveri del mondo. Eppure la gente ride e in superficie la fame non pare un problema gravissimo. Forse la gente vive giorno per giorno, "from hand to mouth", per dirla all'inglese, comunque qui la vita è dura, specie se stai male di salute.
Si segnala comunque per la sua assenza lo Stato, che qui vediamo solo nei posti di blocco della polizia, che ci dicono servano sopratutto a prelevare infime mazzette ai poveracci.
 
La nostra guida Onorè



La nostra guida si chiama Onorè, un malgascio che parla un ottimo italiano, molto vivace e sempre presente e disponibile. Il suo cognome non ce l'ha neanche detto, tanto non riusciremmo a pronunciarlo. È lunghissimo e complicatissimo come tutti i nomi malgasci.
Vedremo Tana, in una breve visita, e il Sud. Non vi infliggerò certo il tragitto percorso, tanto menù un diario dettagliato, ma fra le tante cose fatte finora, cosa segnalare?

Particolarmente bella é la discesa in battello del fiume Tsiribihina, uno dei maggiori del Paese. La guida Lonely Planet ne parla come di un percorso affollato e sporco, ma questa non è la nostra impressione. A parte l'hotel La Pirogue a Miandrivazo, obbligata base di partenza, non abbiamo critiche da fare. A bordo l'atmosfera è piacevole e si mangia bene, in tenda si dorme benissimo sui banchi di sabbia. L'unico punto debole è il rumore del battello, mosso da un diesel da camion, collegato ad un'asta che fa girare l'elica. La più romantica alternativa della discesa del fiume in canoa si consiglia solo a chi voglia emozioni forti, come lo stare ore sotto il sole a cuocere senza potersi praticamente muovere...
 
Il centro della capitale Tana

Da queste parti il fiume equivale alla Autosole, unica via di comunicazione per un ampio territorio. Oltre naturalmente a dare la vita a chi gli sta intorno. E intorno allo Tsiribihina la vita brulica. Coltivazioni di riso fin dentro il fiume, tabacco, mais e altro. Lo percorrono i battelli che portano merci e persone, la gente ne beve l'acqua senza alcuna remora. Nella navigazione incontriamo anche ben due coccodrilli, al solito a mezzacqua con la loro aria sorniona.
 
Il barcone per la navigazione lungo il fiume


Il fuoribordo artigianale che spinge il barcone

Interessante il parco degli Tsingy, dopo la visita del quale incontriamo un gruppo di Avventure nel Mondo che se ne procura una bella, di avventura. 
Nel parco di Tsingy

Una delle loro due jeep ha la trasmissione anteriore fuori uso, per cui viaggia con la sola trazione posteriore. Per di più ha i freni quasi andati. Scendendo da un traghetto si impianta nella risalita sulla sabbia, non riesce a frenare e va all'indietro fino a trovarsi con la ruota posteriore destra sospesa nel vuoto. Panico nel gruppo, e anch'io penso che siano fritti e noi con loro, dato che la jeep ostruisce la risalita delle nostre jeep dal traghetto. La convinzione è confermata dal caos, nel quale almeno 7/8 persone dettano ordini contraddittori, senza alcuna direzione unitaria. Invece il caos creativo funziona, e dopo circa un'ora e mezza la macchina viene riportata sul traghetto, in mezzo ad un'ovazione degli europei e alle grida di festa dei locali. Il tutto senza alcun mezzo meccanico, a parte un crick di scarsa utilità. 
La macchina di Avventure nel mondo caduta dal traghetto
Abbiamo dormito a Morondava all'Hotel Palissandre, dove arriviamo insieme al presidente del Madagascar (non aspettatevi il nome...impronunciabile), che riprendiamo in video anche mentre entusiasta partecipa a balli tradizionali locali.
Ci siamo fatti una scorpacciata di piste sterrate che mettono a dura prova, con l'abilità dei nostri autisti, anche i nostri organi interni, sballottati come mai ci è capitato in tanti anni di viaggi.
 
In navigazione

Prima parlavo di Autosole ma i caselli li abbiamo trovati, sul fiume e nelle piste sterrate. Sul fiume ogni tanto ci si ferma e si paga un qualche non meglio precisato "diritto", non ho capito se dovuto per legge o per consuetudine. Anche per terra, nei luoghi più sperduti capita di trovarsi una stanga di legno che blocca il passo, di solito accompagnata dalla scritta "Barrazi (cioè Barrage) 2000 Ar.", e questa pare davvero una mini mazzetta richiesta senza ragione. I nostri autisti però pagano senza batter ciglio.
 
Campeggio lungo il fiume


Il bagno del campeggio

Finalmente una bella doccia in una cascata lungo il fiume


Potrei poi parlare di tante cose, dei baobab che abbiamo visto e delle loro differenti specie, ma per ora mi fermo. 
 
Baobab

Non prima di aver segnalato la sistemazione peggiore - ex aequo il premio va alla Pirogue di Miandrivazo e al Kanto di Manja (sinistramente definito dalla Lonely come "senza alternative" - e la migliore, di gran lunga il Laguna Blu di Andavadoaka, tenuto da una simpatica coppia di bolognesi, che hanno anche avviato un ospedale con una Ong, Amici di Ampasilava. Che qui anche si mangi benissimo è un dettaglio secondario.
Un cantiere navale a Belo sul mar

Una piroga con bilanciere e vela al picco
Se non vi ho troppo annoiati, forse ci risentiremo.

Salvatore Bragantini