Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

sabato 10 ottobre 2015

Dal Diario del Capitano: Si torna a casa


Raiatea: Argentina viene tirata in secca






















10/10/2015: Raiatea
Argentina  sale a terra e noi a casa(finalmente!) 
Per quest'anno il giro è finito. Dopo 13000 miglia (24000 km: più di meta' dell'equatore) Argentina se ne va al suo meritato riposo. In un anno di navigazione si e' comportata egregiamente: ha lavorato duro senza mai lamentarsi. Si, ha avuto bisogno di qualche cura perché c’è talmente tanta tecnologia su una qualsiasi barca che traversa gli oceani che qualche manutenzione ,quasi quotidiana, bisogna sempre farla. Comunque tutto è andato per il meglio grazie anche alla preparazione e alle innovazioni che ho apportato nell'anno di lavoro precedente la partenza da Fiumicino.  A proposito voglio ringraziare il cantiere Tecnomar che mi ha supportato e sopportato (vista la mia pignoleria) nella realizzazione della messa a punto della barca. Un grazie anche al velaio Giorgio Scarpa che ha fornito le nuove vele per una navigazione così lunga.  Insomma una bellissima esperienza con ben 30 persone che asi sono avvicendate nelle cuccette di Argentina: chi più esperto chi invece solo come passeggero, ma tutti  animati dalla voglia di girovagare per nuovi posti legati dal mito della scoperta dei mari del sud.   Certo non e' più come  quando,fino a 30 anni fa, non esistendo internet che oggi ti permette di vedere il viaggio in anteprima comodamente seduto e sopratutto essendoci molto meno barche in giro, ti sembrava davvero di essere uno dei pochissimi fortunati a scoprire un mondo remoto.  Per me una delle componenti importanti dell'avventura è sempre stata la possibilità di scoprire qualcosa che non leggi da nessuna parte e sopratutto che non vedi in anteprima su google heart. Sarò un troglodita ma ormai la possibilità di essere sempre connesso via internet e via telefono ha creato anche una dipendenza nelle relazioni con i familiari e gli amici a cui se, volontariamente, ti sottrai vieni spesso indicato come un asociale.   Ricordo con nostalgia (ma sono cosciente che è una cosa da vecchi) quando partivo per le scalate in montagna e non essendoci ancora i telefonini si chiamava solo quando si scendeva a valle dal rifugio; mia madre o la ragazza non erano così ansiose come sono diventate oggi le persone che più di una volta al giorno devono assolutamente sapere dove sta, come sta, cosa fa, con chi sta il proprio figlio, moglie o marito, amante...ecc.ecc.. L'avventura, per essere tale, ha bisogno anche di un  distacco fisico dalle persone e le cose di tutti i giorni a meno di non viverla insieme ad una persona che condivide il tuo stesso modo di pensare. Dopo questo personale fervorino torniamo ad Argentina. L'anno prossimo, a fine aprile, la barca tornerà in acqua per navigare fino alla Nuova Zelanda: una distanza di 3000 miglia, molto più breve di quella appena percorsa. Infatti,in genere tutte le barche che fanno il giro del mondo dopo la Polinesia  raggiungono nello stesso anno la Nuova Zelanda.  Invece per permettere ad Enrico di visitare meglio queste isole (lui sta in barca due mesi si e due no) la rotta finisce per quest'anno a Raiatea.  L'anno prossimo la rotta passerà per le isole Cook, Niue, le Tonga con brevi navigazioni a cui spero partecipi anche Rita ormai abituata anche ad una settimana senza vedere terra (da Panama alle Galapagos).  Il diario si chiude qui e riprenderà a fine aprile 2016 spero con molte più foto. Per ora grazie per averci seguito e arrivederci, per i marinai e gli equipaggi di Argentina, al tradizionale Argentina party del 15 novembre.
Paolo

Argentina Alata

08/10/2015: Raiatea
E' mezzogiorno, siamo tutti in attesa che dal "carenage", cioè dal cantiere dove vengono tenute in secca le barche, ci chiamino alla radio per darci il via e avvicinarci per "alare a terra" anche Argentina per sei mesi, e profittarne per un salutare chek up, dopo un viaggio di anno da Fiumicino, nel mar Tirreno, a Raiatea, in mezzo all'oceano Pacifico. Argentina è stata completamente spogliata: cordame tolto e appeso al boma. Vele ammainate, piegate e impacchettate nella dinette sotto coperta. Portate a terra le vivande avanzate, soprattutto pasta e scatolame. Sarà il comandante a fare un bilancio tecnico di questa prima tappa del lungo viaggio intorno al mondo, nel diario di bordo. Io vorrei tentare di farne uno umano, a nome dei 30 amici di Argentina che sono saliti a bordo in questi dodici mesi, chi per traversare l'Atlantico e dopo il Pacifico (e sono i più bravi), e chi come noi si è alternato mese dopo mese nei punti di sosta di Argentina,le Canarie,i Caraibi, le San Blas, Panama, Las Perlas, le Galapagos, le isole Marchesi, poi l'arcipelago delle Tuamotu e infine le isole della Società, Thaiti in testa, per condividere un tratto della rotta con Paolo ed Enrico, i due viaggiatori. Attraverso il blog di Argentina curato da Edoardo Scotto, tutti coloro che hanno seguito da terra le varie tappe del viaggio, sono riusciti ad avere un idea delle bellissime sensazioni provate dai 30 naviganti, grazie ai loro racconti, in posti diversi, ma sempre ugualmente incantevoli. Avendo avuto la fortuna di far parte dell'ultimo equipaggio prima dello stop temporaneo del viaggio, ho potuto apprezzare di persona lo spirito in cui stanno vivendo questa esperienza affascinante i due navigatori, Paolo a tempo pieno ed Enrico a fasi alterne, perché ancora impegnato con il suo lavoro.Mi hanno insegnato, e credo di poter tranquillamente dire a nome di tutti, Ci hanno insegnato cosa vuol dire l'amore per il mare, con i suoi tempi morti e le emergenze improvvise, il cielo pieno di stelle luminose o di nuvole nere, la pioggia battente o il sole bollente, l'alba e il tramonto con le loro sfumature di colore, i turni massacranti di notte, per tenere sotto controllo la rotta della barca.
Insomma non c'è solo il gusto dell'impresa nel loro giro del mondo, ma la voglia di mettere alla prova questo loro amore e di coinvolgere in questa loro avventura quanti più amici possibile. E io sono felice di essere stato fra di loro. Per questo li ringrazio e mi permetto di farlo a nome di tutti. Arrivederci ad aprile, quando Argentina tornerà in mare.
Piero

L'ultima traversata

06/10/2015:Raiatea
Lasciare Bora Bora nell'unico giorno in cui il tempo e' bello, fa un po' di rabbia, non lo nascondiamo, ma ormai e' cominciato il conto alla rovescia e non si può più modificare il programma. Fra due giorni bisogna lasciare Argentina nel cantiere e le operazioni da fare prima, sono tante e complesse. Per cui godiamoci questa ultima traversata, dice filosofico Enrico, anche se dovremo andare contro vento, quindi di bolina, con la barca completamente inclinata. E' un'andatura che in genere non piace molto agli ospiti della barca perché si deve restare inchiodati alla panca nel pozzetto, senza potersi muovere pena un ruzzolone dentro la barca. Confesso di essere tra i pochi che invece ama questo tipo di navigazione perché la trovo entusiasmante. Tutto fila liscio per quattro ore, ma a cinque miglia da Raiatea il vento comincia a cambiare continuamente direzione e intensità. Inutilmente Enrico cerca di intercettarlo con virate a destra e a sinistra. Alla fine si decide di proseguire a motore, anche se la soluzione non esalta i due guidatori di Argentina, perché avrebbero voluto concludere l'ultima tappa di questa prima parte del loro giro del mondo con le vele spiegate. Raiatea non è solo la sede del cantiere che ospiterà Argentina fino al ritorno di Paolo e Enrico, fra sei mesi: e' anche l'isola che ospita la città più grande della Polinesia francese dopo Papeete ed è considerata da molti il centro spirituale del Triangolo Polinesiano. L'entroterra e' montuoso e soprattutto a Paolo fa venire voglia di mettere gli scarponi e partire alla ricerca di panorami ventosi, cascate, giungle incontaminate e di uno dei fiori piu' rari al mondo, il "tiare apethai". Nonostante vari tentativi non riesce ad attecchire in nessun altra isola: la sua particolare caratteristica e' che i petali si chiudono di notte e si aprono all'alba con un leggero schiocco. Chissà se ci sarà il tempo per fare almeno una escursione tra un lavoro e l'altro a bordo di Argentina. Vedremo. Intanto stasera sono state ammainate e impacchettate le vele, sul molo di Uturoa, la capitale dell'isola. Quindi da domani ci si potrà muovere solo via terra, per scoprire le bellezze dell'isola. Anche Gianni e' arrivato con Vella a Raiatea, in aereo pero', e ha fatto subito visita all'ospedale per capire meglio i danni subiti dal ginocchio nella caduta dalla bici. La visita e' stata molto accurata. Per fortuna si tratterebbe solo di un grosso ematoma senza strappi ai legamenti, ma dovrà tenere ancora la gamba bloccata per altri giorni. Speriamo riesca almeno a salire su una macchina per godersi con noi gli ultimi giorni di vacanza, se non dal mare almeno da terra.
Piero

lunedì 5 ottobre 2015

Un finale imprevisto

04/10/2015: Bora Bora 
La faccia dubbiosa del medico del pronto soccorso non lascia presagire nulla di buono: e' venerdì sera, il 2 ottobre, e dopo la caduta dalla bici, un'ambulanza ha accompagnato Gianni nel centro medico dell'isola per un controllo al ginocchio. Il dottore glielo tasta più volte e alla fine esprime la sua diagnosi. Potrebbe esserci uno strappo dei legamenti interni, meglio bloccare la gamba per qualche giorno e farsi visitare da un ortopedico a Raiatea: in quell'isola c'e' un ospedale, sono più attrezzati di noi qui a Bora Bora, suggerisce il dottore. Già ma come arrivare a Raiatea? Certamente non in barca. L'unica è prendere l'aereo che collega le due isole. Ma non subito, la gamba deve restare ferma per un po’: si partirà domani, lunedì 5 ottobre. Vella accompagnerà Gianni, la barca con Paolo, me ed Enrico rientrerà a Raiatea invece dopodomani per aspettare condizioni meteo più favorevoli. Nel frattempo Gianni si sistema in un bungalow in riva al mare, e Argentina si sposta nella baia in cui si affaccia l'hotel. Così l'infermo sarà a portata di gommone e avrà tutte le attenzioni dovute. Non potendo muoversi, ci sarà il tempo per dedicare tutte le attenzioni dovute anche a un altro membro del precedente equipaggio di Argentina, la serafica Lucia, che lasciando la barca 15 giorni fa, ha perso una preziosa perla polinesiana che teneva attaccata al collo. E' come cercare   ago in un pagliaio, ma Paolo, Vella e il sottoscritto cominciano una metodica e minuziosa ricerca in ogni angolo della barca. Ricerca per ora purtroppo infruttuosa, ma noi non molliamo. Gli amici, come si dice, si vedono nel momento del bisogno... Tanto, fuori della barca piove e le nuvole non accennano ad andarsene. Gianni nel suo bungalow si è piazzato davanti a un televisore e divora documentari e news in francese: così rinfresco la mia conoscenza della lingua, commenta. Vella gli porta pranzo e cena e tiene sotto controllo la gamba. Poi ne profitta per collegarsi con figli e parenti, attraverso internet. L'albergo offre il wi-fi gratuito. Resta per me l'interrogativo sul motivo per cui Bora Bora è l'isola più famosa dell'arcipelago polinesiano, anche perché finora non mi sembra affatto meritare tutta questa fama. Si certo, la laguna che circonda l'isola è piena di fondali interessanti, il colore del mare è pieno di sfumature, ma è così anche nelle lagune che circondano le altre isole polinesiane; la spiaggia coperta di sabbia bianca è  bella e spaziosa, ma ce ne è solo una a differenza di altre isole; i marae, i monumenti sacri, sono pochi e malandati; i motu, gli isolotti lungo la barriera corallina, sono pieni di bungalow che si protendono nel mare, come sulla costa: sono la meta preferita di tante coppie di giovani sposi in viaggio di nozze, provenienti da tutto il mondo. 
Sarà questo forse il motivo che rende Bora Bora così famosa?

Piero

sabato 3 ottobre 2015

Che delizia la vita in barca

01/10/2015: Bora Bora
Pensavamo di andare direttamente da Taha'a a Bora Bora, ma al momento di partire per l'isola più famosa dell'arcipelago (scopriremo poi il perché), il comandante ci ha gelato: "prima, debbo fare un salto a Raiatea". Enrico e Paolo lasceranno li' la barca, quando fra dieci giorni rientreranno in Italia per qualche mese e vogliono sincerarsi che tutto sia a posto nel cantiere dove Argentina verrà "alata a secco", cioè tirata a terra, per chi non é padrone del linguaggio marinaro. La giornata del 29 dunque se ne va tutta per il sopralluogo al cantiere. Ne profittiamo per informarci sulle condizioni meteo: il mare é un po' agitato e il vento arriva da sud est. Noi dobbiamo andare verso nord ovest, quindi la barca verrà spinta da dietro.Tradotto, andremo ad una andatura di lasco, meno impegnativa di quella di bolina. Partiamo il 30 mattina e le previsioni si rivelano esatte: la barca vola sull'acqua, ma un rollio continuo accompagnerà il nostro viaggio verso Bora Bora, perché le onde arrivano da sud ovest, cioè dal lato sinistro della barca. Entriamo nella laguna che circonda l'isola dopo tre ore e mezzo di navigazione e finalmente il rollio finisce. Nuvole che non annunciano niente di buono, coprono la cima del monte Pahia, un grande blocco di basalto ammantato dalla foresta pluviale, posto al centro dell'isola. Quando il tempo é bello, é visibile da molto lontano e rende subito riconoscibile Bora Bora per il suo caratteristico profilo. é l'ora di pranzo: Enrico suggerisce di mangiare in coperta, al riparo del tendalino, ma arriva la pioggia e Vella se la prende tutta, perché è seduta nell'unico angolo non riparato. Delizie della vita in barca, dove bisogna fare attenzione a ogni dettaglio per non finire con il mandare qualche accidente al dio del mare. Diciamoci la verità: fra coloro che hanno vissuto per poco o tanto tempo su Argentina, chi non ha mai dato una "capocciata" alla sbarra che sta sopra l'ingresso nella dinette? oppure una botta al ginocchio quando si scende lungo la ripida scaletta per andare sottocoperta? o un'incornata del piede al pedalino dell'acqua sotto il lavello in cucina? E mi fermo qui per non disamorare chi vuole seguire Paolo ed Enrico nelle prossime tappe del loro entusiasmante giro del mondo. Naturalmente scherzo,pero'... Il pomeriggio del 30 passa per fare la spesa e visitare il paese davanti al quale é ormeggiata Argentina. Visto che il tempo non accenna a migliorare decidiamo per il giorno dopo, il 1 ottobre, di esplorare l'isola da terra, con una bicicletta, sulla strada che corre lungo la costa. Ci danno in affitto degli esemplari un po' antiquati, senza freni al manubrio. Per frenare bisogna spingere indietro i pedali. Operazione complicata, che costa presto una scivolata a Gianni, con relativa escoriazione al ginocchio e al gomito. Niente di grave, ma la gita viene interrotta e sono costretto a rimandare la ricerca del motivo per cui quest'isola é diventata la più famosa dell'arcipelago polinesiano. Se ne riparla al prossimo appuntamento.

Piero

Alla ricerca della manta perduta

28/09/2015: Raiatea Taha'a
Per dare un senso al titolo di questo capitolo del diario di bordo, bisogna fare un passo indietro e partire da domenica mattina, il 27 settembre, quando dopo aver fatto la spesa per rifornire la cambusa, e aspedito foto a parenti e amici via internet per mostrare le immagini più belle di Huahine, si parte per Taha'a,la terza tappa del nostro viaggio fra le Isole della Società. Nell'ultimo snorkelling prima di levare l'ancora, tra un corallo e l'altro, avevamo intravisto alcune razze ferme sul fondo marino, con la loro lunga coda, Meglio non avvicinarsi, suggerisce Paolo, perché quando si arrabbiano la usano come una frusta per cacciare gli intrusi. Domani invece sarà diverso, a Taha'a incontreremo le mante, molto più grosse ma molto più innocue, conclude il "comandante". Domenica mattina dunque, lasciamo Huahine con la curiosità di vedere da vicino questi bestioni che girano con la enorme bocca spalancata per catturare il plancton di cui si nutrono. Cinque ore di navigazione, da est a ovest, quasi tutte di bolina perché si va controvento. E’ l'andatura più scomoda per chi é a bordo, ma anche quella più affascinante, con la barca inclinata di 20/25 gradi e continue virate per arrivare alla "passe", il punto in cui é possibile superare la barriera corallina ed entrare nella laguna che circonda l'isola. Per fortuna il mare é tranquillo. Arriviamo nella baia di Haamene nel primo pomeriggio di domenica e gettiamo l'ancora davanti a un' isoletta, il motu Mahae. é privato ma Enrico, Vella ed io, decidiamo di andare ugualmente a visitarlo: con 500 franchi polinesiani, cioè 4 euro a testa, ci fanno ormeggiare il gommone e ci danno anche tre sdraio per goderci il panorama della vicina barriera corallina. Il terreno sabbioso é molto curato, c'é un'area attrezzata per cucinare alla griglia il pesce e persino una rete per giocare a pallavolo. Bisogna solo stare attenti a che non ti cada in testa un cocco quando si stacca dalla cima di una delle tante palme sparse sull'isoletta. La sera la cuoca di bordo ha preparato un ottimo arrosto, condito da verdura mista ripassata in padella: dopo cena controlliamo sulle carte nautiche il modo migliore per arrivare al punto in cui si troverebbero le mante, secondo il portolano. Non sarà facile perché all'interno della laguna c'é poco fondo e si va molto adagio, ma con l'aiuto degli strumenti di bordo, la mattina di lunedì arriviamo sul posto, dopo aver fatto un breve salto a terra nel paesino di Patio per rifornirci di pane, latte e verdura fresca. Il luogo indicato dal portolano si trova fra la punta meridionale del motu Tehotu e la costa dell'isola, cinque miglia oltre il paese. Siamo vicini alla barriera corallina, sul bordo di un salto di roccia: l'acqua della laguna passa nel giro di poco spazio da quindici/venti metri di profondità a due/tre. A segnalare la differenza c'é il colore del mare, da blu scuro a verde chiaro. Dopo alcuni tentativi, Paolo ed Enrico riescono a trovare il punto giusto in cui gettare l'ancora, senza rischiare di sbattere con la chiglia contro qualche corallo. Finalmente ci si può tuffare, con maschera e pinne, alla ricerca della manta, ma nessuno riesce a individuarla. Enrico, Gianni e Piero, dopo una breve pausa per mangiare qualcosa, vanno con il gommone sul motu, che si trova poco distante dalla barca. Hanno visto un motoscafo fermo davanti a una capanna. Forse c'é qualcuno in grado di dare qualche "dritta" per trovare le mante, ma quando arrivano restano spiazzati: non c'é nessuna manta da queste parti, mai vista, dice un gentile polinesiano, che vive su questo isolotto insieme alla moglie. Si torna su Argentina per riferire la ferale notizia, ma Paolo non si rassegna e torna a tuffarsi per esplorare il fondo marino alla ricerca della manta perduta. Niente da fare e alla fine si torna a ormeggiare Argentina davanti a Patio. Resta il dubbio: chi ha detto la verità, il portolano o il polinesiano che vive sul motu? Meglio pensare a organizzare il programma di domani. Si potrebbe visitare una piantagione di vaniglia e un allevamento di perle. Sono il vanto dell'isola. In fondo c'é sempre tempo per cercare la "manta perduta" da qualche altra parte.

Piero

Alla ricerca della spiaggia più bella

26/09/2015: Huahine
Ci sono voluti due interi giorni, ieri e oggi, per arrivare a una valutazione condivisa, dopo una attenta esplorazione della costa a bordo di Argentina, alternata a tuffi con maschera e pinne, per osservare il fondo marino, quello che gli inglesi e ormai tutto il mondo chiamano snorkelling. La spiaggia designata come la migliore in assoluto dall'equipaggio, e' quella di Hana Iti, sulla parte più piccola dell'isola. Una cala da fiaba, lambita da acque color lapislazzolo, orlata da una distesa sabbiosa bianca, incorniciata da alture lussureggianti, con una fila di palme protese sulla riva. Fatto non comune, anche Enrico si e' trovato d'accordo con Paolo, a conferma del fascino particolare di questa spiaggia. Non e' raggiungibile da terra e per questo e' ancora più bella. Quando siamo scesi dal gommone, sulla spiaggia c'era solo un polinesiano di mezza età ad accoglierci, arrivato con la sua piroga e un sacco pieno di collane di semi rossi da offrire ai visitatori al modico prezzo di mille franchi locali, equivalenti a otto euro. Vella e Gianni lo hanno fatto felice, comprandone due. La spiaggia si trova sul lato destro della baia di Bourayne, che insieme alla prospicente baia di Maroe divide in due segmenti l'isola. Le due baie formano come una clessidra: al punto di congiunzione c'e' un ponte. All'ingresso dei due golfi, al centro, ci sono due isolotti, qui li chiamano "motu". Ce ne sono tanti, circondano Huahine come piccoli satelliti, nel tratto di mare compreso tra l'isola e la barriera corallina. Intorno a questi "motu" si concentrano gli amanti dello snorkelling perché sono i punti in cui e' più ricca la flora e la fauna sottomarina, la prima costituita prevalentemente da coralli multiformi e la seconda da pesci di tutte le grandezze e di tutti i colori. Anche squali, che da queste parti non sono aggressivi e ti lasciano in pace a osservarli. Finora non ci e' capitato di incontrarli, ma prima o poi succederà e vedremo quale sarà la reazione: la nostra ovviamente, non la loro... Altre spiagge molto belle si trovano  vicino alla punta meridionale di Huahine Iti, nella baia di Avea, dove ci siamo fermati a dormire una notte, e appena superata la punta, dall'altra parte, di fronte ad uno dei tanti monumenti sacri dell'isola, un "marae", in questo caso dedicato al dio della guerra, 'Oro. Ma lì ci si arriva solo a piedi perché la barriera corallina e' molto vicina alla riva e l'acqua e' così bassa da non consentire nemmeno il passaggio a un gommone. Conclusione: la parte più piccola dell'isola, Huahine Iti, batte decisamente quella più grande, Huahine Nui, ma messi insieme i due segmenti, diventa difficile stabilire quale altra isola dell'arcipelago polinesiano è più bella di questa. Vedremo a partire da domani, quando ci sposteremo per la prossima tappa di questo nostro fantastico viaggio a bordo di Argentina. L'unica cosa che non rimpiangeremo sarà il canto del gallo. Il problema è che mentre, come dice il proverbio, troppi galli a cantare non fanno mai giorno, qui invece il giorno arriva e quelli continuano a centinaia a cantare, deliziando le tue orecchie.


Piero

Alla scoperta dell'origine del nome

23/09/2015: Huahine
Il dibattito è durato tutto il tempo della colazione: esplorare Huahine in bicicletta o a bordo di una utilitaria? C'è una strada asfaltata che costeggia tutta l'isola e collega attraverso un ponte, le due parti Huahine nui,la più grande e Huahine iti,la più piccola. Alla fine Enrico decide di andare con la sua bici da crociera e Paolo, in macchina, con i tre membri dell'equipaggio, che si uniscono (molto volentieri per la verità), al comandante di turno in questo periodo del giro di Argentina intorno al mondo. Affittiamo la macchina nel villaggio di Fare, descritto nelle guide come”"tipico porto sonnolento dei mari del sud". In realtà è un piccolo ma efficente centro amministrativo dotato di tutti i servizi fondamentali, dalla posta alla farmacia, dall'agenzia di viaggi all'aeroporto, ma soprattutto con un gigantesco supermercato, che non fa mancare niente ai diecimila abitanti sparsi fra le due parti dell'isola. Effetti della colonizzazione francese, anche se nella seconda metà dell'800 furono numerosi gli scontri, prima che il dominio di Parigi venisse accettato. I polinesiani avevano abitato l'isola per migliaia di anni prima dell'arrivo dei "popaa", come i locali chiamano gli europei, e non erano molto contenti di sottomettersi al loro potere. Scavi archeologici fatti nel villaggio di Maeva, a 7 km da Fare, hanno portato alla luce tracce dei più antichi insediamenti dell'isola. Li visitiamo per saperne di più: Maeva era la sede del potere reale prima che arrivasse dal Vecchio Continente l'esploratore inglese James Cook, nel 1769. Per questo ci sono tante "marae", piattaforme sacre, lastricate di basalto e corallo, dedicate agli Dei polinesiani dai nobili di corte. Accanto, una "casa aperta" tradizionale, ricostruita esattamente come era e dove era, nel XVI secolo, con un enorme tetto di paglia sostenuto da una struttura di legno. Poco più avanti, nella laguna che fiancheggia la strada, si trovano diverse trappole per pesci, fatte con le pietre, a forma di V. Ci fermiamo ad osservarle. Si trovano qui da secoli e alcune sono ancora in uso. La punta della V è rivolta verso l'oceano mentre i lunghi bracci di pietra si aprono verso terra. Quando con la bassa marea i bracci di pietra affiorano dall'acqua, i pesci restano intrappolati nel bacino che si forma all'interno della V. Ripartiamo e dopo pochi km la strada costiera piega verso l'entroterra per raggiungere un punto panoramico spettacolare sulle pendici di un monte. Da lì, sotto l'altro versante, si può ammirare una grande baia, e la mente a quel punto si illumina: ecco perché gli abitanti hanno chiamato la loro isola in quel modo curioso! La baia si insinua fra le due parti di Huahine dando loro una conformazione particolare che ricorda, anche se con molta fantasia, l'organo sessuale femminile. Nel villaggio di Maroe, ai bordi della baia, sarebbero evidenti i segni lasciati dalla pagaia del dio Hiro, protettore dei ladri e dei marinai, che secondo la leggenda divise l'isola in due. Ma con tutta la buona volontà non siamo riusciti a trovarli. Abbiamo invece incontrato Enrico seduto in un bar a gustarsi un gelato di cocco e per non lasciarlo solo ci siamo uniti a lui. Proseguendo nell'esplorazione della parte più piccola di Huahine, sulla punta meridionale scopriamo un altro marae, molto più grande, il marae Anini. Era il luogo sacro costruito dalla comunità in onore di 'Oro, il dio della guerra. Ma ciò che ci colpisce di più sono le spiagge incantevoli che si trovano lungo la baia di Avea. Arrivati sulla punta estrema di Huahine iti la strada svolta e torna al ponte che congiunge le due parti dell'isola: completiamo in breve il circuito fra una vegetazione lussureggiante, riportando dopo otto ore la macchina all'autonoleggiatrice di Fare. C'è appena tempo per un bagno ristoratore e poi cena a base di spaghetti all'amatriciana, preceduta da altro animato dibattito su cipolla si, cipolla no nel sugo, per stabilire quale è la vera ricetta doc di questo piatto. Alla fine prevale la cipolla si, ma la spaccatura fra i due punti di vista resta profonda. Per oggi basta. Domani si parte per l'esplorazione di Huahine dal mare, alla ricerca della spiaggia più bella dell'isola. è nella parte grande o in quella piccola?

Un battesimo del fuoco, anzi dell'acqua

22/09/2015: Huahine
"Quanto ci vorrà per arrivare a Huahine?" chiedo con aria fintamente disinteressata. E' l'ora di pranzo del 21 settembre, siamo appena tornati da una breve escursione a terra nell'isola di Mo'orea, per arrivare in fondo alla baia d'Opunohu, dove è ormeggiata Argentina e dove nel 1984, hanno girato alcune scene del film sull'ammutinamento del Bounty, e stiamo per "azzannare" un piatto di spaghetti al tonno. "Ma - risponde pensieroso Paolo - ci sono 85 miglia da fare, le previsioni meteo dicono che non ci sarà un vento molto forte, meglio viaggiare di notte". Guardo con un sorriso Gianni: questo viaggio è il suo battesimo del fuoco, anzi dell'acqua, e non si aspettava di dover affrontare subito la prima notte di navigazione su una barca. Paolo lo rassicura: "dovremmo farcela in 12, 14 ore al massimo se il vento ci assisterà". Alle sei del pomeriggio, dopo un bagno ristoratore con maschera e pinne per osservare il variopinto mondo sottomarino, lasciamo Mo'orea, con le vele spiegate. E' l'ora del tramonto, uno spettacolo da togliere il fiato. Le fotografie si sprecano. Vella ha preparato per cena uova sode e patate lesse, così evita di dover scendere sottocoperta per cucinare durante la navigazione. Un modo per evitare il mal di mare. Poi si sistema con un cuscino dietro la testa, appoggiata allo schienale della panca, nel pozzetto all'aria aperta, a scrutare le stelle alla ricerca della croce del sud. Gianni resta seduto imperterrito di fronte a lei, convinto di farcela a resistere al mal di mare senza particolari accorgimenti; io saluto tutti e vado a stendermi sul letto in cabina, a scopo preventivo. Alle otto di sera, dopo aver mangiato, Paolo ed Enrico stabiliscono i turni di guardia al timone per evitare che vada fuori rotta. Comincia Enrico: andrà avanti fino a mezzanotte, poi Paolo fino alle 4 del mattino e di nuovo Enrico fino alle sei, quando si conta di essere tutti svegli, ormai in vista di Huahine. Ma il vento comincia a fare subito i capricci: è ballerino, non viene sempre dalla stessa direzione e per giunta l'onda, mano a mano che entriamo in mare aperto, diventa sempre più alta. Il timone automatico segue il vento e perde spesso la rotta. Noi dobbiamo andare verso nord ovest e finché il vento arriva di traverso, da est o nord est, va bene ma quando arriva da sud est, cioè da dietro la barca, allora sono guai. Per mantenere la rotta bisogna andare avanti a zig zag e i tempi si allungano. Gianni, verso l'una e mezzo di notte, alza bandiera bianca e lascia Paolo da solo a fare la guardia. Va in cabina a cercare di dormire, ma poco dopo si sente uno strano rumore: il timone automatico non funziona più e Paolo deve intervenire. Si è rotto un bullone ma il capitano trova il modo di rimettere in sesto la baracca con uno dei suoi proverbiali miracoli. Si riparte, ma il vento comincia a calare e si va avanti a rilento. Unico vantaggio, cala anche di intensità l'onda, ma i tempi si allungano sempre di più. Verso le cinque del mattino, salgo nel pozzetto per un appuntamento che non voglio perdere: l'alba. E quando mi ricapiterà più di assistere a uno spettacolo simile, in mezzo ad un oceano, mi sono detto. Tutti gli altri dormono, tranne Enrico ovviamente, che sta facendo il suo turno di guardia. Con l'arrivo della luce si intravede in lontananza l'isola dove siamo diretti, ma Enrico mi gela: ci vorranno almeno altre sei ore se non di più, per arrivare. La notte insomma non basta, occorrerà tutta la mattinata successiva, a causa del vento ballerino e per giunta diventato anche troppo leggero. Bevo un caffè e torno a stendermi in cabina, con la soddisfazione di essere stato l'unico dell'equipaggio a godermi l'alba sull'Oceano Pacifico.
Alle otto, torno nel pozzetto e trovo tutti lì che aspettano un ordine dello skipper, quello di accendere il motore: il vento ormai è diventato un refolo e la randa svolazza senza riuscire a raccogliere neanche quello. Finalmente alle dieci, l'ordine arriva e alle tredici, dopo 19 ore di navigazione, riusciamo a farcela: l'ancora viene calata in una baia incantevole, nell'isola di Huahine, la nostra seconda tappa del tour polinesiano. Nella lingua locale Huahine significa "il sesso delle donne". Sono proprio curioso di sapere perché gli abitanti hanno chiamato la loro isola proprio così, ma questo lo scopriremo la prossima volta.

Piero

martedì 22 settembre 2015

Rotta verso la "Lucertola gialla"

20/09/2015: Moorea
Bonsoir madame! Gianni, con aria galante, saluta così la poliziotta della dogana appena atterrati a Papeete. La poliziotta lo guarda stupita e lo corregge sorridendo: bonjour monsieur! pas bonsoir...

Tradotto: ma che buonanotte signore! Sono le sei del mattino... Effetti del jet leg. 

E' buio, il sole ancora non è uscito ma per noi che veniamo da Roma è come se fosse appena tramontato, perché ci sono dodici ore di differenza fra l'Italia e la Polinesia francese. Per giunta si scivola indietro nel tempo perché ci siamo spostati verso ovest: siamo partiti giovedì mattina, 17 settembre, e anche se abbiamo volato per trenta ore, quando arriviamo è venerdì mattina, 18 settembre. Ecco spiegata la divertente gaffe di Gianni. Ma a parte questa confusione mentale, il jet leg non fa alcun altro effetto su di lui: è pimpante e caricato come una molla, al contrario della sorella che invece è completamente rintronata dalla differenza di fuso orario. Per fortuna su Argentina ci accolgono con molta comprensione e la partenza per la nostra prima tappa, Moorea è rimandata a domenica. Sabato c'e' una gita in programma al Lavatube, un tunnel scavato nella roccia dalla lava vulcanica, sulle pendici di una delle montagne di Tahiti, con Salvatore e Lucia, mentre Enrico si farà una delle sue immersioni che gli piacciono tanto, nella Vallee blanche. Cosi' Vella avrà tempo per riprendersi. Gianni non ha dubbi: vengo anche io al Lavatube. La mattina di sabato, alle sei e mezzo, tutti si svegliano per andare alle rispettive destinazioni. Enrico, con la sua tuta da sub, Paolo, Salvatore Lucia e Gianni con la torcia frontale. Vella resta invece a dormire, Piero penserà a custodire la barca. Ma il tubo scavato dalla lava è pieno d'acqua a causa della pioggia caduta per tutta la notte e la gita salta. I prodi speleologi tornano alla base navale e tutto finisce in gloria. Per compensare la delusione, la sera si va a cena fuori,anche perché Salvatore e Lucia partono per l'Italia e devono correre in aeroporto a fare il check in per non finire in posti poco gradevoli.
Domenica mattina finalmente si levano gli ormeggi ma prima, Paolo sale in cima all'albero per riparare una luce che si e' spenta e non si riaccende più. E'uno spettacolo vederlo appeso a una corda ad altezze vertiginose mentre armeggia con brugole e nastro adesivo. Intanto Enrico ripiega la sua bici da barca. Finalmente, alle 11:30 Argentina fa rotta verso Moorea. Su questa bellissima isola chi ha letto i diari precedenti sa tutto perché e' una tappa obbligata verso altri lidi, tranne l'origine del nome: Moorea significa "lucertola gialla" e deriverebbe dal nome di una delle famiglie che la governarono, mentre secondo altri il toponimo si riferisce a un'immagine apparsa a un sacerdote durante una sua visita sull'isola. Sta di fatto che qualunque sia l'origine del nome, questa isola è affascinante per la sua natura quasi dolomitica e per le spiagge pronte ad accogliere i naviganti come noi o i turisti che si fermano per qualche giorno nei bungalow sistemati lungo la strada che circonda l'isola. Durante la stagione invernale gli ottomila abitanti della "lucertola gialla" si dedicano alla coltivazione dell'ananas. Sono quelli che ne producono di più in tutta la Polinesia. Dopo Moorea, nel nostro caso, il tour prevede una sosta alle isole di Hauhine, poi Bora Bora, Tahaa e infine Raiatea, insomma il meglio del meglio delle Isole Sottovento, nel più ampio l'arcipelago delle Società.
Unica delusione di una giornata stupenda dopo tre ore di navigazione di bolina e al traverso,non aver avvistato neanche una balena. Ci siamo rifatti con un ottimo tonno in padella per cena, cucinato da Vella che ormai ha brillantemente superato i danni della differenza di fuso orario.
Piero 

Ultimo giorno per Salvatore e Lucia in compagnia di Herve' il Marchesiano

19/09/2015: Tahiti
Ieri sono arrivati da Roma Piero Badaloni e sua moglie Vella con il di lei fratello Gianni Storchi, da noi conosciuti oltre 50 anni fa in Val di Fassa e che ogni tanto ritroviamo grazie al ruolo centrale del Capitano Paolo, anima e corpo di questo viaggio. Dopo qualche difficoltà iniziale da Jet Lag ormai stanno ambientandosi tutti. Oggi per me e Lucia era l'ultimo giorno, e volevamo metterlo a frutto visitando i Lavatube, dei grandi condotti, come dei tubi naturali alti una decina di metri, creati dalla lava ed ora vuoti. Con noi c'erano Paolo e Gianni, Piero e Vella volendo recuperare le forze. Purtroppo la violenta pioggia che incontriamo salendo ai 600 m di altitudine (dove si trova l'imbocco dei Lavatube) li riempie talmente d'acqua da renderli impraticabili. Saliamo comunque fino all'imbocco e vediamo questo tumultuoso torrente uscire dal "tubo". Dopodiché la nostra guida, il Marchesiano Herve', 52enne padre della nostra guida nella gita di Canyoning dell'altro ieri, Ha Nui, ci intrattiene  per una mezz'oretta sulle tradizioni polinesiane.
Per riferire e commentare quanto ci ha detto servirebbero forse due post separati. Non ha fatto scuole e non sa scrivere, ma conosce bene il suo mare e la sua terra. E' andato in Cina con altri polinesiani, su una piroga a vela con bilanciere e senza bussola o sestante, lasciamo stare il Gps! Ne è giustamente molto orgoglioso, e lo considera un tributo ai suoi antenati, che hanno lasciato le loro isole lontane per finire qui, e tanti sono morti in mare. Come per noi nel mito di Atlantide, per loro c'era un'isola in mezzo al mare che è sprofondata, costringendo i suoi abitanti a scappare con le loro piroghe; solo pochi ce l'hanno fatta... Dice che la nonna gli ha insegnato tre principi nei rapporti con gli altri e la natura: Rispetto, Umiltà e Pace. Difficile dissentire, ma anche attuare davvero questi sani principi. E' molto attaccato alle tradizioni locali, ce l'ha con i francesi e vieta di parlare francese in casa sua; personaggio folcloristico, mescola bizzarramente incredibili leggende e fatti reali, ma è comunque una persona molto interessante, che tiene anche dei "Campi Natura", dove invita le scuole per mantenere le tradizioni polinesiane; credo anche che aiuti le famiglie locali nei rapporti con i figli "difficili". 
Per noi la lunga vacanza finisce dunque. Stasera a mezzanotte ce ne andremo da questo strano angolo di mondo. Lasciamo i nostri amici qui, dove la gente pare vivere davvero senza troppo pensare al domani e in semplicità. La cortesia dei polinesiani è esemplare, e certo è stata sfruttata da noi europei quando siamo venuti qui a fine '700 per portare, così dicevamo, il vero Vangelo... e tante altre cosine, inclusi gli esperimenti atomici che fino a poco tempo fa la Francia ha tranquillamente fatto qui, a Mururoa, cacciando la gente dalle povere case.
Addio dunque alla Polinesia, landa esotica dove vivono strani guidatori che inchiodano se solo ti vedono vicino alle strisce pedonali, dove forse, ma forse, intenderesti attraversare; e arrivederci agli amici che restano qui e rivedremo, spero, all'Argentina Party, e a tutti i volonterosi seguaci del Blog.
Salvatore

domenica 20 settembre 2015

Incontro con le balene a pochi metri dal porto di Papeete


15/09/2015: Papeete
Lasciamo Moorea la mattina e veleggiamo fra pioggia e sole verso Tahiti. A meno di un miglio dalla Passe che immette nella Marina Tahina, dove andiamo per fare gasolio e recuperare la sella della bici di Enrico (decantata nel post precedente, "La sella rapita”, echeggiante l'opera, se ben ricordo, del Tassoni), arriva l'inatteso, stupendo incontro con le balene. A me e Lucia era già accaduto di vederle da lontano, in Australia anche dall'aereo, ma questa volta è stato tutto diverso, ed emozionante. Le abbiamo viste a meno di 100 metri da noi, non si limitavano a "soffiare". La abbiamo viste salire con il muso a righe bianche e nere quasi in verticale sull’acqua, le abbiamo viste sbattere la pinna bianca di piatto sull’onda, ritmicamente, le abbiamo viste nuotare a pancia in su mostrando dei bei colori azzurri e rosa, davvero non la smettevano mai, sembravano giocare e di gusto! Poi abbiamo imboccato la Passe, fatto gasolio, recuperata la sella e fatto rotta su Papeete.
Una curiosità viene dalla vicinanza dell'aeroporto con la rotta obbligata per entrare nel porto di Papeete. La lunga pista dell'aeroporto infatti finisce a pochi metri dal "sentiero" costituito dalle paline rosse e verdi. Paolo sapeva che bisognava parlare per radio con l'aeroporto per avere l'autorizzazione a passare e difatti proviamo a farlo, senza avere risposta. Quando stiamo entrando in porto ci chiamano, dal porto appunto, alla radio per dire che dobbiamo fermarci perché sta atterrando un aereo. La ratio di questo strano obbligo è oscura, pare di capire che la presenza di una barca a pochi metri dalla fine della pista potrebbe causare problemi se l'aereo andasse "lungo" finendo in mare. Alla radio chiediamo l'autorizzazione a proseguire dato che:
a) avevamo chiesto l'autorizzazione all'aeroporto che non ci ha risposto;
b) ormai siamo già dove non dovremmo essere. 
Autorizzazione accordata, entriamo in porto. Io devo andare a farmi vedere la mano sinistra, che ieri ho duramente urtato contro un moletto approdando col gommone. Vado alla clinica Paofai dove mi diagnosticano una microfrattura non preoccupante, che domani dovrò proteggere con un tutore. Dopodiché andiamo a cena alla piazza delle roulotte, ben nota ai nostri predecessori nel viaggio. Ottimo tonno a L'Estanco. E nanna.

venerdì 18 settembre 2015

La Sella rapita: da Rangiroa a Tahiti


16/09/2015: Tahiti
A Rangiroa Enrico aveva dimenticato la sella della sua mountain bike (in italiano, bici da montagna, ma che mai ce farà a Rangiroa???) vicino al molo. Prima si chiede in giro se qualcuno l'ha trovata, senza esito. Segue spedizione in bici (a noleggio) per comprare un'altra sella nel paese di Avatoru: trovata, però il tubo per innestarla sul telaio della bici è di misura diversa da quella delle bici di Enrico. La conseguente "ricerca del tubo" e' assidua ma infruttuosa.
Ad Apataki arriva sul suo Blackberry un sms con l'annuncio gaudioso: qualcuno ha portato la sella alla sede di Eleuthera, agenzia di immersioni, a Rangiroa. Peccato che noi ora si sia lontani 100 miglia da Rangiroa. Si concorda allora l'invio a Tahiti della sella rapita e ritrovata. Noi siamo, cioè eravamo, a Fakarava: scatta quindi la ricerca, dove sarà la sede di Eleuthera a Tahiti. E' a Marina Tahine, dove dovremo comunque andare per fare gasolio però non si sa se la sella è effettivamente approdata a Tahiti. Solo al momento di lasciare Fakarava apprendiamo al fine la gioiosa notizia: 

LA SELLA E' DAVVERO ARRIVATA A TAHITI. 

Sorprende che il prezioso carico non sia come si potrebbe pensare, ospitato nei forzieri della Banque de France, Filiale di Papeete, è proprio, molto banalmente a Marina Tahina, ove alle 13 circa avviene lo storico ricongiungimento fra bici, padrone e sella. Segue un solenne Te Deum di ringraziamento nella Cattedrale di Tahiti. Amen
Salvatore

mercoledì 16 settembre 2015

Arrivati a Moorea: La baia di Cook


14/09/2015: Moorea
Dopo quasi 40 ore di traversata, nella quale si vedevano solo onde alte, in mezzo alle quali Argentina ben si destreggiava, risalendole lentamente o velocemente sprofondandoci, ma con una certa qual apprensione degli ospiti sottoscritti, e difficoltà in ogni genere di attività, al fine ho visto la Terra! Mi sono alzato nella notte fra l'11 e il 12, quando eravamo al largo di Tahiti e ho visto sfilare le sue luci a Sud, alla nostra sinistra. Posso confessare che la cosa mi ha fatto molto piacere, anche perché finalmente il mare s'era placato. Al largo di Tahiti abbiamo incrociato una nave, che filava anch'essa alla nostra sinistra: vedi le sue luci ma per un bel po' non capisci quanto è grande e soprattutto dove sta andando. Si è come due viandanti che forse si vedono; noi li vediamo, ma loro vedono noi?
Difatti per aumentare la nostra visibilità, quando ancora non era chiaro dove andavano, abbiamo  la bianca vela con la pila (ma loro erano comunque fuori dalla nostra rotta). Abbiamo poi proseguito e approcciato, con la dovuta cautela, l'ingresso alla baia di Cook, una delle due belle baie a Nord di Moorea. Una confusione di luci bianche rosse e verdi, nelle quali da lontano non ci si riesce ad orientare; solo avvicinandosi, piano piano si prende la giusta prospettiva e così diamo fondo credo alle 3 di notte, dopo di che vado a nanna.
Ci svegliamo la mattina in un altro mondo: acque tranquille e sole. Le Tuamotu erano solo smilze strisce di terra, i Motu, che racchiudono lagune vaste ben più del nostro Garda, tanto che se sei in mezzo non vedi nulla all'orizzonte. Moorea come Tahiti e' invece un'isola con ardite montagne la cui forma ricorda le nostre grandi pale dolomitiche, con pareti verticali di notevole altezza: queste sono pero' ricoperte di una fitta vegetazione che posso solo definire lussureggiante. Qui fa caldo, piove spesso, e questo e' il risultato. Tutto intorno all'isola corre una barriera corallina, con alcune aperture che permettono il passaggio delle barche, le famose Passe. Ammiro queste pareti e le loro ardite creste, e gli spigoli che eccitano la fantasia di chi scala, subito smorzata da questa foresta che copre i muri verticali. Dopo i disagi della traversata questa Baia di Cook ci sembra un paradiso. Per chi arriva usando il Gps e tutte le altre diavolerie moderne,  e' difficile immaginare l'esperienza di chi arrivò per primo dall'Europa, che in verità non fu Cook (giunto qui nel 1769) ma, pare, tale Samuel Wallis due anni prima, poi seguito da Jean Antoine de Bougainville (quello delle piante). Chissà che emozione avranno provato a vedere Moorea, e che difficoltà senza Gps! E per Internet come avranno fatto? Per finire qualche altro angoscioso dubbio: per quale ragione il nodo che gli alpinisti chiamano nodo barcaiolo (esiste anche il nodo detto mezzo barcaiolo) qui in barca si chiama invece nodo parlato? Già è tanto che non lo chiamino nodo dello scalatore! Aggiungasi che il nodo che noi chiamiamo bulino (con il quale ci si legava per arrampicare fino agli anni '60), costoro lo chiamano gassa? E perché poi la gassa sarebbe d'amante? Come disse quel tale "Ai prosperi l'ardua sentenza!"
Ora vado in branda, mentre intorno alla barca credo stia impazzando quella ininterrotta catena di eventi che alcuni pesci chiamano cena e altri morte. In effetti e' strano come, quando di giorno nuotiamo con maschera e pinne, sott'acqua par di vedere un società pacifica ed amichevole. Quando pero' viene la notte, l'acqua risuona di continuo di rumori di pesci che guizzano sul pelo e poi tornano sotto. Qualcuno si nutre, qualcun altro lo nutre.
Salvatore

Farewell Fakarava


10/09/2015: Baia di Rotoava
La barca dondola pigra sull'acqua della baia di Rotoava e fra un paio d'ore ce ne andremo da questo quieto angolo di mondo. Rotoava è un paesino ordinato che si snoda lungo la riva di questa piccola baia a Nord dell'atollo C'è una chiesa dedicata a S. Giovanni con una scuola attorno, e un piccolo cimitero oltre il quale, non oggi in verità, ma di solito, ruggisce il Pacifico, che per quanto tale, sempre oceano è! L'altro ieri ci siamo fatti tutto il motu, lungo 25 km, avanti e indietro in bici, noleggiata dalla coppia francese che gestisce la "Fakarava Yacht Services". Il nome e' grandioso ma in sostanza Stephanie e il marito, ambedue in procinto di acquisire una stazza da veri polinesiani DOC, aiutano chi sbarca qui. Ti vengono a prendere in aeroporto ti portano alla barca, ti danno il Wi  -Fi (quando funziona), etc...
Stasera partiamo per Moorea prendendo a bordo un ragazzo francese che fa barca/stop (come ha fatto Mattia Amitrano quando ha iniziato con Argentina nel 2008) ed e' diretto a Tahiti. A Moorea scenderà per proseguire per Tahiti, a meno che non si devii per Tahiti prima di andare a Moorea. Enrico fa immersioni; le nostre (mie e di Lucia) giornate qui sono state scandite dalle (caute) esplorazioni con la maschera, dalla spesa nei negozietti e dal dondolio delle onde tranquille. 
Stasera uscendo, Paolo ed Enrico, lette le previsioni, sperano di trovare il vento giusto che ci accompagni a Sud Est; lasceremo così le Tuamotu, la "nostra" Polinesia. Ci aspetta l'ultima settimana, fra Moorea e Tahiti.
Salvatore

sabato 5 settembre 2015

Concerto per albero maestro, scotte, paterazzi, sarte volanti e draglie

02/09/2015 NOTTE POLINESIANA
Non ricordo esattamente dove si era, se a Rangiroa o ad Apataki, ancorati abbastanza bene ma con un bel po' di onda e sopratutto tanto vento. La musica non era di quelle "facili", come una qualsiasi sinfonia beethoveniana. Questa era roba dodecafonica, roba per palati esperti ed esigenti. Cercare una qualsiasi melodia di fondo era inutile, non c'era. C'era invece, questo sì il suono; se preferite, il rumore.  Il ritmo, con un basso di fondo, lo davano le scotte rotolanti, or di qua, or di là. I toni acuti li davano le vibranti drizze metalliche, accompagnate dalle sartie volanti, che essendo volgari corde (qui le chiamano cime) avevano un suono più ordinario, quasi volgaruccio. Il rollare dei tamburi era fornito dallo scafo tutto, che ogni tanto si alzava su se stesso e poi ricadeva, con un bel tonfo. Le draglie, quelle ringhierine che stanno sul bordo della barca, salmodiavano come tanti violini lontani. I paterazzi invece, quelli davano solo una vibrazione, afona ma continua. Sul tutto, come in certa musica dodecafonica, spiccava la prorompente personalità del compositore, il vento. Il nostro Beethoven, o Nono che dir si voglia, è il dominante vento da Est, uno dei mitici "Trade winds", che con il loro regime costante hanno alimentato il commercio oceanico, in tal modo fornendo le indispensabili basi della colonizzazione delle Americhe e di parte dell'Oriente. Il colonialismo, la rivoluzione industriale europea, lo schiavismo, senza Trade Winds forse ci sarebbero ugualmente stati, ma certamente con diverse manifestazioni e svolgimento storico. Lo spettatore ordinario davanti a tanta musica d'avanguardia esce sul pozzetto, per controllare se la barca è in pericolo, ma vedere che le porte delle cabine dei duumviri sono tranquillamente chiuse gli dà un senso di tranquillità; e torna a cercare di dormire, ma il concerto si replica fino al suo stordimento.
Salvatore

Tre uomini in barca, per non parlare della signora

02/09/2015: Fakarava
Vi voglio parlare di questo equipaggio di Argentina con cui ho la ventura di viaggiare per la Polinesia francese. Due uomini a governare la barca, presi da vele, cime, ecopilot, gps, motore, carte, meteo, ancora, il terzo uomo di supporto, sempre lì pronto a captare i segreti della vela con risultati non proprio brillanti, e comunque desideroso di prendere in mano almeno ogni tanto le leve di comando e poi la signora, che sarei io, la quale timidamente esegue qualche compito da bambino tipo tira la cima rossa facendola girare sul winch oppure molla il freno di quella bianca quando te lo dico io, accendi il ventilatore, porta il binocolo. Ma il mio posto l'ho capito subito qual era, appena salita in barca: é quel metro quadrato appena scesa la scaletta tra il fornello e il lavandino: "il tuo piccolo mondo antico" come diceva Matteo! Qui cucino io, e non ho rivali femmine, le sole temibili, non tanto per le qualità culinarie ma per l'inevitabile stressante competizione che si ingaggia di solito in queste situazioni. I tre uomini lavano i piatti a turno e accettano di buon grado e grande appetito le ottime verze in insalata (una costante!) e i piatti che preparo, attingendo dalla cambusa e dallo scatolame stivato in barca per quei giorni come questi che ci aspettano in cui non si trova niente da comprare. Continua ....
Lucia

Arrivati a Fakarava

02/09/2015: Arrivo a Fakarava
Come a Dio é piaciuto, é finita anche questa seconda traversata con vento forte e onde grandi. Non riuscendo a dormire con le botte tremende della barca sulle onde, verso mezzanotte sono uscita a godermi lo spettacolo grandioso dell'oceano ribollente di schiuma illuminato dalla luce livida della luna che ogni tanto usciva dalle nuvole. Belli piegati arriviamo troppo presto alla pass di Fakarava e dobbiamo aspettare tre ore la marea giusta per entrare. Ma poi, una volta entrati é un paradiso terrestre, calma, strisce di sabbia bianca contornate dal turchese più bello che si possa immaginare, poche casette sulla riva, lontano grandi zone di acque basse e poche barche ferme. Ci danno il benvenuto due squaletti che cercano cibo sotto la barca. Restiamo qui, per favore!
Lucia


Pass di Tetemanu vista da N

In navigazione fra Toau e Fakarava

01/09/2015: Verso Fakarava
Ieri siamo arrivati alla Anse Amyot su Toau, altro atollo abbastanza grande: soprattutto, non navigabile, almeno partendo dalla Anse Amyot. A questa si arriva da una pass ampia, oltre la quale però si stende un'impenetrabile barriera di reef. Scendiamo a terra sperando di trovare, come dice la nostra guida, un "ristorantino" dove Valentine e Gaston ci ammaniranno una cenetta a base di aragoste. Non andrà così; a terra c'è aria di smobilitazione. Valentine, un donnone polinesiano e lo smilzo Gaston, europeo almeno in parte, non hanno nulla da ammannirci. Peut etre demain, se Gaston troverà aragoste nel reef, dove andrà quando fa buio. Bagno con snorkeling nella corrente, però non forte come quella che stamane alla pass Sud di Apataki ti portava quasi via. Ci sono tanti pesci, Napoleoni e molte altre specie. Nettuno non è il mio nume tutelare, la mia maschera fa entrare un po' di acqua e tanto basta per indurmi dopo qualche minuto a tornare al gommone. Cena a bordo, ma di aragoste non c'è traccia. Stamane al risveglio andiamo a terra e compriamo due aragoste che vorremmo destinare a condimento della pasta vespertina, oltre a quattro altri pesci di cui ci viene assicurata l'innocuità, speremm... Puliamo i pesci e buttiamo le interiora a mare; non vediamo squali, solo tante remore che dominano la lotta con le altre specie per assicurarsene i pezzi migliori. Molto particolare la vista delle remore appiattite sul timone in verticale, in placida attesa. Dobbiamo partire subito per Fakarava, perché altrimenti le condizioni del vento saranno troppo avverse. Proprio le previsioni ci impongono di entrare in F. dalla pass Sud, altrimenti, entrando dal Nord e fermandoci lì saremmo troppo esposti al vento previsto da domani in poi. Prima veleggiamo nel sole con andatura tranquilla, poi lo spiritello locale nostro amico si rifà vivo. Grigio il cielo, nubi e qualche temporale con scrosci di pioggia ci allietano il viaggio. In questo momento sono le 18:30 e già é buio, viaggiamo di bolina stretta, con una mano di terzaroli e io posso scrivere al PC solo puntellandomi vigorosamente col piede sinistro contro il vano motore. Non riesco a tener fermo il mouse che mi scappa da tutti i lati! Se mi metto sotto a leggere sul lato sottovento, assai inclinato sulle onde, sento la massa d'acqua scorrere forte alle mie spalle, il che aumenta la mia terricola, e per i marinai veri certo anche ridicola,inquietudine.
La notte passerà così a quel che pare, con arrivo previsto alla pass Sud di Fakarava domattina a qualche ora, forse intorno alle 12. Si preannuncia ovviamente una cena senza aragoste, solo riso e lenticchie, se non addirittura panini. C'est la voile!
Salvatore

Diario di una viaggiatrice solitaria

31/08/2015: Verso Anse Amiot
Diario di una viaggiatrice solitaria, in quanto femmina, nell'oceano Pacifico su un monoscafo chiamato Argentina pilotato da due skipper la cui caratteristica e' la perfetta e totale consonanza su tutto: è difficile capire il pensiero di ognuno perché uno anticipa la volontà dell'altro in modo mirabile. Attenzione pero' che un piccolo leader sta emergendo e insidierà il loro potere. E' salito a bordo come passeggero, in breve ha assunto degli incarichi di poco conto ma indispensabili per la vita a bordo. Poi ha preso il comando di un piccolo monoscafo chiamato "Tender" e non lo molla nemmeno in mezzo alla pass con una corrente che se lo porta via. Esperienze che lungi dal demoralizzare l'ambizioso "scalatore" affinano le sue competenze nell'attesa di mettere a punto una strategia volta a incrinare l'inossidabile duopolio.
Egli medita dei lanciare un'OPA ostile sul 33% della barca nella vana speranza di metterli in conflitto. Per me l'unica possibilita' e' una holding o una scatola cinese che garantisca la sopravvivenza delle minoranze non sempre e comunque acquiescenti.
Lucia

lunedì 31 agosto 2015

Verso il paese di Niuthai

30/08/2015: Apataki
Oggi ci siamo goduti la prima giornata di sole vero in una settimana! Dopo la pantagruelica mangiata di pesce rustico\tahitiana al bacino di carenaggio del vecchio signor Assam, di cui vi ha parlato Paolo nel precedente post, la sveglia e' stata piacevole, anche per l'assenza di sintomi della temibile Ciguatera. Io mi ero immaginato di andare in piccoli atolli, larghi al massimo un kilometro. Non avevo capito che qui negli atolli c'e' un mare, un mare interno si, ma grande assai! Cosìdal bacino di carenaggio navighiamo per un 8 o 10 miglia lungo una linea di scogliera bassa, a volte solo una striscia di sabbia, che costituisce il lato Sud dell'atollo di Apataki.
A me oggi, come già ieri, tocca stare di vedetta per segnalare le secche, dato che queste lagune non sono "cartografate". Lo sguardo corre quindi incessantemente sul tratto di mare davanti alla prua, il più lontano possibile. Sulla nostra sinistra, scorre questa linea di sabbie bianche intervallate da reef e da punti in cui l'oceano entra in laguna. Arrivati ad una grande secca affiorante, ci ancoriamo sotto vento e ci facciamo un bel giro con le maschere attorno a questa. Grandi funghi di corallo attorno ai quali gironzolano schiere di pesci delle più diverse forme, colori e specie. Molte di queste si muovono in schiere compatte, che appaiono improvvise dove avevi appena guardato senza vedere nulla. Tranquilli nuotano anche alcuni squali con la pinna nera, lunghi forse un metro. Quando nuotano verso di te senti una vaga inquietudine ma loro in verità non ti "filano" per niente...
Giunti al paese vero e proprio di Apataki, che si trova sull'orlo della pass Sud, dalla quale domani usciremo, ancoriamo vicino al canale di uscita, su un fondo blu e verde, di rocce. Mentre Paolo si gode la meritata pennica, con Lucia ed Enrico andiamo in paese col gommone. Qui l'entusiasmo per questa bella giornata va alle stelle, dato che l'acqua nel porto e sulla riva del paese e' di una limpidezza veramente rara. Camminiamo in lungo e in largo per il paese nella quiete domenicale (ma forse gli altri giorni e' lo stesso) e poi torniamo in barca. Paolo ed Enrico si mettono a lavorare per sistemare i problemi creati da una stecca della randa. Il lavoro durerà  a lungo, e la spiccata tendenza del duo a discutere animatamente di tutto, spaccando il capello in quattro, non ne accelera la conclusione...
Salvatore

Ciguatera....SI o NO?

30/08/2015: Apataki
In Polinesia (ma anche ai Caraibi) molti pesci sono portatori di una tossina (ciguatossina) che, presente in molti microrganismi, viene trasferita, seguendo la catena alimentare, dai pesci più piccoli a quelli piu' grandi. La ciguatera provoca danni a tutto l'apparato gastrointestinale e, se pur non mortale, può lasciare segni per lungo tempo. Solo i tonni, i marlin e i Mai Mai, le lampughe nostrane,ne sono esenti.  Per tutti gli altri solo la conoscenza dei locali può valutare, non con assoluta certezza, la commestibilità dello specifico pesce. Tutta questa prefazione per raccontare il siparietto di ieri sera. Durante la navigazione nella laguna di Apataki avevamo preso alla traina un bel pesce di circa 4-5 kg a noi totalmente sconosciuto. Arriviamo davanti alla pearl farm (coltivazione di perle), che la guida ci dice di proprietà di Assam, e buttiamo l'ancora. Scendiamo a terra con il nostro trofeo per visitare la farm e chiedere lumi sulla commestibilità del pescato. Deserto totale!! La farm e' stata abbandonata con tutti gli strumenti, le reti, le casse di coltivazione su un tappeto variopinto di conchiglie e valve di ostriche lucenti. Un po' delusi, ma sorpresi dalla singolare bellezza del luogo, dopo un crepitio di foto di Lucia, torniamo in barca e raggiungiamo il cantiere nautico segnalato da altre barche italiane passate qui due anni fa.  Altro ormeggio, altro ritorno a terra con in mano lo sbatacchiato trofeo. In cantiere ci accoglie un polinesiano che, visto il pesce ne sentenzia, con assoluta disinvoltura l'ottima qualità. Sulle prime rimaniamo un po' perplessi e per girare attorno all'argomento, divaghiamo chiedendo spiegazioni sull'abbandono della farm. Ci risponde che suo padre Assam ha trovato più conveniente gestire un cantiere nautico che coltivare perle e polli. Ecco che fine aveva fatto Assam!! Dopo queste divagazioni torniamo alla carica sulla possibilità di ciguatera del nostro pesce. Lui ci invita in casa e ci mostra le foto dei pesci pericolosi e quelli no, poi per ulteriore conferma chiama il padre. Finalmente conosciamo Assam, un anziano (ma proprio poco più di noi) con una faccia orientale solcata da rughe. Un tipo simpatico e cordiale che, dopo averci rassicurato sulla ciguatera, ci racconta un po' della sua vita di emigrante cinese e della grande fatica per tirare avanti. Lui, come tanti altri coltivatori di perle, è stato travolto dal crollo dei prezzi e ha deciso di abbandonare le piccole sfere per una attività, per ora, più redditizia.  Padre e figlio ci invitano a cucinare il pesce sulla brace che ci avrebbero messo a disposizione. Ancora con qualche perplessità decidiamo di accettare e torniamo in barca per prendere tutte le vettovaglie.  Lucia organizza il trasbordo:sembra una mamma di altri tempi quando si facevano i fagotti, per andare al mare, con dentro piatti, bicchieri, timballo, frittata, carciofi alla giudia,ecc...  
A terra il figlio di Assam ha già predisposto per il fuoco e alla nostra terza domanda sulla sicurezza di quel pesce ci dice, sghignazzando, che non e' più cosi' sicuro e quindi è meglio darlo a lui che se lo mangierà ben volentieri.  Convinti da questa compartecipazione al rischio decidiamo di grigliare e di invitarlo a mangiare con noi. Ok. Dopo mezz'ora di griglia il pesce è pronto ed a tavola con lui ci saranno anche suo figlio e altri tre francesi. Tutti gusteremo le ottime carni bianche e tenere del pesce anzi il polinesiano si mangerà pure la testa che e' la parte più pericolosa. Poi,dopo cordiali strette di  , si torna in barca illuminati da una splendida luna piena che sale attraverso le palme. Tutti a nanna incrociando le dita per la ciguatera.
Paolo

P.s. dopo 24 ore stiamo ancora bene!!!

The sun also rises

28/08/2015: Apataki
Siamo alla punta Teonemahina, all'angolo fra la costa Nord dell'atollo e la sua costa Est. Così siamo ridossati rispetto al dominante vento da Est, che viene fornito, dalla sollecita Pro Loco, anche nelle comode versioni Nord Est e Sud Est. Un grato pensiero a Giovanna e Dario che ci hanno garantito caldo e bel tempo: non e' colpa loro ma nostra, di chi ha incautamente ritenuto che la loro esperienza dovesse valere anche per noi. In verità qui un pericolo effettivo c'è: quello delle noci di cocco che, cadendoti sul cranio dall'alto dell'albero, possono fare male, ma molto male! Il tempo è di un grigio plumbeo e gli scrosci di pioggia sono abbastanza frequenti. Ogni tanto, sempre per insistenza della predetta e sollecita Pro Loco, fa capolino un bel sole, che pero' non si  per scottarci, del che gli siamo grati. Gettata l'ancora su un bel fondo sabbioso, ci facciamo un bagno con snorkeling, ma l'acqua e' torbidina anzichennò. Dopo pranzo altra uscita, stavolta si va a terra mentre il Cutolo si appennica more solito. Vediamo due razze nere e diversi squali con la pinna nera, curiosi di questi strani esseri che invadono il loro habitat. Paguri in quantità e anche parecchi granchioni che se ti avvicini ergono le loro chele in atteggiamento difensivo\aggressivo. Prima che faccia buio si torna al canotto dove siamo accolti dal solito scroscio d'acqua, nulla di insolito da queste parti. Speriamo che domani sia meglio, fra un cena e poi nanna. Stanotte vedremo certo quelle belle spiagge bianche assolate, con giovani coppie che corrono liete nel mare smeraldo. Poi ci sveglieremo di soprassalto.
THE SUN ALSO RISES, diceva Hemingway: il sole sorgerà ancora...

Salvatore

La fuga dei prigionieri della bella invisibile

27/08/2015: Apataki
Rangiroa, la bella invisibile. Bella certo, ma le sue numerose bellezze non erano per i nostri occhi. Non essendoci carte nautiche attendibili della laguna, non potevamo girarla, nelle sue cospicue dimensioni, in barca. Ci siamo allora prenotati per fare un giro organizzato con una barca, ma per due volte la gita e stata cancellata per il mare troppo agitato. Gli aruspici Enrico e Paolo, interpretando le previsioni meteo come sacerdoti dei riti di Eleusi, decretano che se restiamo a Rangiroa le cose peggiorano, ergo dobbiamo andarcene per non prolungare la prigionia. Alle 15 di ieri, martedì 26 agosto, salpiamo le ancore e varchiamo la pass di Tiputa. Le onde in faccia sono belle imponenti e la barca beccheggia molto forte. Delfini inviati dalla Pro Loco festeggiano la nostra uscita. Di botto siamo in mare aperto, con l'onda oceanica che ci si frange addosso. Un po' di paura per noi montanari ci sta, ma ci adeguiamo. Viene pian piano la sera. Dopo il tramonto una bella luce soffusa fra il verde e il rosa che gradualmente trascolora: ma non trascolora nel blu della notte, perché la luna, ormai a tre quarti, ci illumina la notte di un bel grigio\azzurro pallido. Tutto cio con onde alte 3 metri, che mi causano una nausea antipatica. Mangio due patate lesse preparate da Lucia e vado a letto con notevole fastidio. Poi pero' mi addormento subito e al risveglio direi proprio che la nausea mi sia passata. Paolo ed Enrico fanno i turni e mi alzo un paio di volte. Sara' stato intorno all'una di notte che vado fuori e vedo una luce di luna quasi rosata che in basso sull'orizzonte diviene un grigio\blu. La barca, che ha il fondo abbastanza piatto, sbatte violentemente ogni tanto sul mare con gran fragore, che preoccupa noi terricoli. Anche perché andiamo parecchio di bolina e il bordo laterale, la falchetta, si immerge nell' acqua. Piove a dirotto quando costeggiamo l'isola prima della nostra meta, che e' Apataki. Cielo grigio e acqua dappertutto, sopra e sotto di noi. Il nostro arrivo davanti ad Apataki , dove entriamo dalla Pass Tehere, a Nord, non e' esaltante. Pian piano pero, dopo l'ancoraggio su un fondo che pare sabbioso e sicuro, ci sentiamo più a nostro agio.
Andiamo a farci un bagno per toglierci di dosso la stanchezza della notte, specie Enrico e Paolo, che han fatto i turni di guardia

Salvatore
Rangiroa: Delfini saltano nella pass di Tiputa


giovedì 27 agosto 2015

Salvatore e Lucia: dopo 3 anni ancora su Argentina

23/08/2015: Rangiroa
Ciao, sono Salvatore Bragantini, compagno di scalate di Paolo nel secolo scorso )!). Con mia moglie, Lucia Covi, siamo atterrati a Papeete giovedi 20 la sera e ieri, 22 agosto siamo tornati, dopo forse 3 anni, a bordo di Argentina. L'appuntamento con Paolo ed Enrico Cardone (i caratisti di Argentina) era alle 13:15 al molo Ohotu di Rangiroa, e a quell'ora esatta siamo arrivati dopo aver letteralmente attraversato il mondo. La luce del sole è forte, l'orizzonte è sgombro di ostacoli e sopra la sua linea corrono le nuvole. Rangiroa e un atollo che forma come un ellisse, che avrà una dimensione sulle 20 miglia di lunghezza e di 50 di larghezza. L'atollo ha due ingressi, qui si chiamano Pass, Tiputa e Avatoru. Siamo attaccati a quello di Tiputa. Pranzo veloce, ma carestoso, in un simpatico ristorante davanti alla pass, Chez Josephine. L acqua esce dalla laguna verso l'oceano spinta da una corrente di almeno 4 nodi, e si scontra con l'onda oceanica. In questo contrasto di correnti saltano gioiosi i delfini. Sera in barca con tonno cucinato da Lucia, pas mal. Notte ristoratrice con un bel sonno. Oggi uscita da pensionati (l' acqua non e il mio elemento e mai lo sara) al cosiddetto Acquario. Coralli a go go, pesci multicolori e due squaletti che vanno dritti per la loro strada non degnandoci di uno sguardo. Poi spostiamo l'ancora e ci becchiamo una pioggia breve ma intensa proprio al momento clou. Pomeriggio con il sole e breve passeggiata a terra. Cena con i vicini di barca, Marco, Enrica, e il loro figlio Pablo, che fa scuola con la mamma. Vivono noleggiando il loro catamarano.
Salvatore

lunedì 24 agosto 2015

Le Passe delle Tuamotu

21/08/2015: Rangiroa
Da Tikehau con una navigazione notturna ci siamo spostati a Rangiroa, l'atollo più grande ed importante delle Tuamotu. Abbiamo veleggiato( ma quasi metà a motore) di notte perché per uscire dall'atollo di Tikehau bisogna avere la corrente uscente e per entrare in quello di Rangiroa la corrente entrante.  Tutte le passe sono la porta dell'atollo aperta sull'oceano da cui entra o esce l'acqua se la marea sta salendo o scendendo. Quindi si tratta di un enorme volume di acqua che va in un senso o nell'altro con una velocità che può raggiungere anche i 7 nodi e con una barca che al massimo arriva ad 8 è meglio non fare strane prove ed entrare con poca corrente a favore (non troppa altrimenti si timona male).  Ovviamente oltre alla marea entrano o escono nella laguna tantissimi pesci; per questo la passe è il punto dell'atollo dove si possono vedere concentrati la massima quantità e varietà di pesci.  Tutti i diving (centri di immersioni) portano i sub ad immergersi sui bordi della passe o al centro della passe stessa dove una corrente, entrante,ti spara dentro l'atollo e si viaggia a 15-20 metri di profondità mentre il fondo ricoperto di coralli scorre sotto di te. E' una sensazione bellissima stare fermi e correre sopra il fondale insieme ai pesci. Ricordate la descrizione che feci delle immersioni nelle passe di Fakarava? C'era quella che si chiama Alì Baba credo per evocare un tappeto volante su cui si potrebbe star seduti e vedere scorrere sotto il mondo. Le immersioni che abbiamo fatto in questi giorni, nelle passe di Tikehau e oggi in quella di Rangiroa, ci hanno regalato queste sensazioni e finalmente la visione di una grande manta, 4 metri di apertura alare, che ci ha volteggiato sopra avanti e indietro. 

Insomma questi atolli polinesiani meritano davvero la fama di uno dei posti più belli del mondo in cui ammirare tutta la vita sotto il mare. Da domani saremo in quattro: arrivano Lucia e Salvatore Bragantini ma credo che Salva,essendo fondamentalmente terricolo,ci seguirà solo dall'alto guardandoci con la maschera.
Paolo

Tornati alle Tuamotu

17/08/2015 Tikehau
Dato che Enrico non le aveva viste, eccoci di nuovo alle Tuamotu, atollo di Tikehau. Siamo arrivati da Tahiti con una bella navigazione di bolina larga per 170 miglia. L'ingresso nella pass è semplice anche se le tabelle di marea che abbiamo non tengono conto di tanti altri fattori: il vento e la sua direzione ,la posizione della pass rispetto al vento.
Infatti pur entrando in regime di aumento di marea in realtà ancora c'erano 2 nodi di corrente uscente, ma qui la pass è larga e basta dare un po' più di motore. Problemi potranno esserci in altre isole dove la corrente nella pass può raggiungere anche i 7 nodi. Poi vedremo!  Per ora siamo ancorati di fronte al paese che in realtà è costituito da poche case sparse,un negozietto, l'ufficio postale e, strano ma vero, ben quattro chiese per circa 400 abitanti. Ci sono i cattolici, i protestanti, i Santi (chiesa di Cristo) e gli avventisti del settimo giorno; ognuno con il suo edificio di culto.  Sarebbe interessante conoscere come i vari missionari siano riusciti a convincere una parte così esigua di popolazione a cambiare credenza in base a spiegazioni sulla profonda(!?) differenza che c'è fra le quattro religioni, tutte basate sulla figura di Cristo. Differenze che anche noi, pur se pessimi cattolici, difficilmente conosciamo. Chi sa se magari qualche piccolo aiuto materiale,arrivato dall'Europa, possa aver contribuito a far cambiare bandiera. Vale sempre il discorso della grandezza della civiltà europea!!!???
Paolo

lunedì 10 agosto 2015

NUNZIO VOBIS GAUDIUM MAGNUM: HABEMUS ASSICURAZIONEM

09/08/2015: Moorea
Dopo alcune fumate nere ecco finalmente una fumata quasi bianca. Il Camerlengo e il Cardinal vicario, dopo poco, si affacciano al balcone della facciata di San Pietro ed annunciano al fedele Paolo che è arrivata la mail con la copia dell'assicurazione. Grande giubilo del fedele che si spertica in applausi ed invocazioni, anche se c'è lui solo nella piazza deserta. I gendarmi pontifici, ben acconciati nella loro michelangiolesca uniforme gialla e blu, perdono il loro applomb per correre a ricoverare il pazzo. 
Guardie svizzere in alta uniforme
Il poveretto, ripresa coscienza, spiega loro che tanto attendeva questo momento e che sarebbe stato anche capace di chiudere a chiave, nella Cappella Sistina, il Cardinal Cardonis per costringerli a partorire la polizza. Le guardie svizzere, dopo aver ascoltato con stupita comprensione, consigliano di attendere il momento della pubblica ostensione del documento autentico perché è successo che anche qualche Papa fosse un antipapa, una femmina o un gran rifiutatore. Ma per quest'ultimo, assicurano i gendarmi, il sommo padre Dante ha  già spalancato le porte dell'inferno, riferendosi al povero Celestino V. Il nostro, appena rassicurato da tanta giustizia, si riprende e si avvia lentamente verso via della Conciliazione che a quell'ora appare stranamente vuota: niente auto, né pulman, né turisti,solo qualche negozio aperto ma privo di clienti e di commessi. Paolo, sbigottito da un tale deserto, vaga attonito lungo la strada quando la sua attenzione viene attirata da un internet caffè, anch'esso deserto, dove sul pavimento sono sparsi decine di fogli. Incuriosito entra; il suo sguardo si posa su una pagina, poi su un'altra e poi su una terza. "Ma è la polizza!!!" esclama stupito. Si china e incomincia a raccogliere e riordinare i fogli.
Pagina 1, 2, 3... pagina 40, come tutte le assicurazioni scritte piccolo piccolo per evitare di esser lette. Ma lui è diligente, legge pagina dopo pagina, si accorge di qualche piccolo errore, raccoglie insieme le pagine e cerca una spillatrice. Eccola sul tavolo, l a afferra felice e, come per compiere un atto conclusio di una tormentata vicenda, la schiaccia per legare insieme tutti i fogli...TAC...Il rumore metallico lo sveglia dal sonno e si ritrova davanti alla tastiera del computer dove si era addormentato mentre iniziava a scrivere il diario. Scherzi apparte: ancora non si è trovato un internet point che possa stamparci la copia (ovviamente non l'originale!) dell'assicurazione che il broker di Enrico gli ha spedito sul suo ipad. E così la fumata non è proprio bianca.
Ciao a tutti. 
Paolo