Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

giovedì 26 luglio 2018

26 luglio 2018 TARIFA


FANTASIA REALE
Partiti da dove salpo' Colombo ci dirigiamo verso le colonne d'Ercole ma al contrario. Durante il tragitto diverse balene della famiglia delle  "invisibili" e poi i delfini del tipo "sto sempre sotto". Anche il vento era forte e intenso chiamato "ma non ti spingo " , cosi siamo andati a motore e senza vedere nulla, ma con l'amo gettato.    In vista delle montagne africane arriviamo  alla marina che non c'è.  Visto un pontile ci attacchiamo, ed ecco che subito una bellissima barba nera che nascondeva una guardia civil  ci dice "no aqui", "dove allora",  "umido a la pared" . Parete? . Dopo equilibrismi di ingegneria idraulica e dinamica  , agganciati. Un'altra barba si avvicina, "aqui no , 10 metri mas adelante".  Paolo e Maurizio si esibiscono in una manovra che anche Leonardo avrebbe  applaudito. Ora siamo agganciati alla pared che per noi è un muro, la sofferenza dei parabordi è stridula ed evidente, ma resistono. Per uscire dalla  barca, a seconda della marea  bisogna fare passaggi di arrampicata dal primo al terzo grado, è  proprio una pared. Comunque è una bella  giornata di sole.
Gianni Storchi

El castillo de Guzman

La costa dell'Argarve e dell'Andalusia da cui partirono tutti i descobridores

Argentina nel porto di Tarifa vicino ad una vedetta della guardia costiera che ha raccolto molti naufraghi

DA LISBONA A CADICE LUNGO LA COSTA DEI GRANDI DESCOBRIDOR



20 luglio 2018 CADICE. lat 36 31 nord; long 6 17 ovest

Da Cabo Sao Vicente anzi da Lisbona in avanti è stato un lento
pellegrinaggio attraverso i luoghi da cui sono partiti tutti i grandi
descobridor portoghesi, spagnoli e infine il nostro Cristoforo.
Avevamo tempo e allora perché non compiere questo doveroso omaggio a
quelli che dalla seconda metà del quattrocento hanno cominciato ad
allargare gli orizzonti della vecchia Europa e a mettere le basi di quella
che sarà la prima globalizzazione mondiale di merci, uomini e idee?
Già a Lisbona avevo reso il più revente omaggio nel bellissimo convento
dos Jeronimos alla tomba di Vasco de Gama.
Vasco nel 1497, sotto il regno di Manuel I , riusci a raggiungere l’India
dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza. Prima di lui altri
portoghesi avevano costeggiato l’Africa e già nel 1487 Batholomeu Dias
aveva doppiato il temibile Capo.
De Gama e dopo di lui Albuquerque, che raggiunse la Cina, inaugurarono un
commercio che portò grande ricchezza al Portogallo andando nella direzione
opposta a quella di Colombo.
Tutti cercavano una via per mare alternativa alla via della seta, che da
oriente arrivava ad occidente attraversando l’Asia, ma gli spagnoli
andarono ad ovest mentre i portoghesi ad est.
Avevano ragione i portoghesi. Colombo che nel 1492 partì da Palos della
Frontera, vicino alla moderna Huelva, con le tre caravelle pagate da
Isabella di Castiglia, non immaginava di trovarsi la strada sbarrata da un
continente così lungo da congiungere quasi il polo sud con il polo nord.
Le 3 caravelle

Ci andò a sbattere contro e per mettere una toppa cominciarono a chiamare
le attuali Antille col nome di Indie Occidentali.
Il che non vuol dire che la sua scoperta fu un fallimento….anzi da allora
ci tornò ben quattro volte, partendo la seconda e la quarta volta da
Cadice, ed aprendo la strada ai conquistadores spgnoli i quali
civilizzarono/convertirono/conquistarono/sterminarono e depredarono i
Maia, gli Inca, gli Aztechi. riportando tonnellate d’oro in Spagna.
Prima di Colombo e di Vasco molti furono quelli che partirono da questa
costa alla ricerca di nuovi mondi.
Un pupazzo scimmiotta Colombo

Dalla portoghese Lagos partì nel 1415 una flotta, che al comando del
principe Henriquez il Navigatore, conquistò Ceuta e pose le basi per
l’avventura Africana. Sempre da Lagos partì Gil Eanes che doppiò nel 1434
Capo Bojador in Africa occidentale. Naturalmente questi descobridores
tornavano con qualche souvenir che non erano le palle di vetro con la neve
che imbianca il negretto all’interno ma portavano direttamente il negretto
(sarebbe più politicamente corretto,ma meno colorito, dire neretto).
Infatti Lagos fu il primo posto in Europa dove iniziò, nel 1444, il
mercato degli schiavi. Poi la pratica fu esportata in Brasile e gli
spagnoli, per non sentirsi inferiori fecero altrettanto.
Anche Tavira a poca distanza da Lagos, fu base di partenza per le
spedizioni portoghesi in Africa.
Un altro merito/demerito dei portoghesi fu quello di aver dato i natali al
grande Magellano ma di non aver capito la sua bravura.
Infatti Ferdinando prospettò l’impresa al suo re Manuel che però
inspiegabilmente rifiutò; forse aveva già troppi impegni con le scoperte
di Vasco de Gama. Così il nostro offrì agli spagnoli l’impresa del giro
del mondo e del raggiungimento delle vere Indie passando per ovest.
Carlo V, per cercare di annullare il vantaggio dei portoghesi nel
commercio con le Indie, accettò e finanziò la grande impresa: andare ad
ovest, superare la barriera Americana e continuare a navigare sempre verso
ovest, verso le vere lndie.
Il 20 settembre 1519 una flotta di 5 navi salpò da Sanlucar de Barrameda
alla foce del fiume Guadalqivir che congiunge Siviglia con l’oceano.
Magellano trovò il famoso passaggio, che porta il suo nome, in Patagonia
alla fine del nuovo mondo, allora totalmente sconosciuto; proseguì verso
ovest in un’oceano sconosciuto che chiamò Pacifico e approdò alle Marianne
e poi nelle Filippine dove fu ucciso dagli indigeni in uno scontro.
Il giro del mondo fu concluso da una sola nave al comando di Juan
Sebastian Elcano che rientrò nello stesso porto spagnolo di partenza. Di
tutto questo ci ha lasciato la storia della spedizione un vicentino che
era a bordo: Antonio Lombardo detto il Pigafetta.
Fu la dimostrazione inconfutabile che la terra era (ed è!) rotonda a
dispetto di Santa Romana Eclesia che ancora un secolo dopo pretese da
Galileo l’abiura delle sue idee…. Quando si dice “che sei de coccio?!”
Pur di convertirle Magellano ci perse la vita ma poi le Filippine
divennero cattoliche; unico paese in un immenso oriente dominato da
Buddismo, Induismo, Taoismo ecc. (con la sola sola eccezione di
un’Indonesia mussulmana).
E’ veramente incredibile pensare che 500 anni fa senza carte geografiche,
senza orologio a bilanciere per misurare la longitudine (che doveva essere
costruito due secoli dopo; altro che gps) una spedizione riesce a tornare
dopo quasi tre anni al porto di partenza. Certo il prezzo fu alto:
quattro delle cinque navi andarono perdute, dei 237 partiti ne tornarono
solo 18 in pessime condizioni; lo stesso ideatore e conducator ci lasciò
le penne poco dopo la metà del tragitto ma l’impresa era fatta.
Come Magellano anche Colombo cambiò bandiera non trovando finanaziatori
anche se i suoi compatrioti i soldi li avevano tanto da finanziare alcune
corone europee…ma si sa i genovesi sono genovesi….tirchi che di più non si
può.
Cristoforo trovò in Spagna, al Convento della Rabida, vicino Huelva, la
raccomandazione giusta. Quella di Juan Perez il Priore che conosceva
Isabella di Castiglia.
Li ci andò spesso sia per tessere la sua tela di contatti sia per pregare.
Ed in particolare si raccomandò alla Virgen del Descubrimiento e a nostra
Senora de los milagros della chiesa di San Jorge nel vicino porto di Palos
della Frontera da dove poi partì.
Noi siamo andati alla Rabida.
Tutto è cambiato.
Convento della Rabida. La Virgen del descrubimento
Il chiostro del convento

Il dolce panorama che si vedeva dalle piccole finestrelle del convento che
dominava il corso del fiume da cui partirono le caravelle si è tramutato
in una selva di ciminiere, cisterne e viadotti di una moderna città
industriale.
In una vicina pozza stagnano le copie a grandezza naturale delle tre
caravelle su cui montano festosi frotte di turisti per selfarsi sul ponte
di comando della Santa Maria (per quelli che ci riescono, gli altri
ripiegano sulla Pinta e la Nina). Insomma il solito luna park che
commercializza tutto.
Ma nonostante tutto, sedersi nei banchi della chiesa (dove per fortuna
vengono molti meno turisti rispetto ai caravellisti) può essere una bella
esperienza.
Il silenzio induce a ripensare alla tensione ed all’angoscia che avrà
sicuramente avvolto il nostro ligure il giorno prima della partenza……. poi
a me ha fatto sorgere una domanda…..ma se la Spagna e il Portogallo invece
di dividersi e farsi la guerra anche nei territori d’oltremare (tanto da
doversi affidare alla Chiesa per stabilire con il trattato di Tordesillas
le varie zone di influenza e dominio), avessero fatto forza comune forse
la storia avrebbe preso un altro corso?
Da dominatori del mondo forse non sarebbero stati battuti nelle rotte dei
commerci e quindi della ricchezza dagli Olandesi e soprattutto dagli
Inglesi.
E pur se la storia non si fa con i “se”, seduto su quei banchi del
convento della Rabida, mi è piaciuto pensare…… e se l’Europa fosse
veramente unita ce la farebbe a contrapporre la sua storia,la sua cultura
all’onda montante di un oriente inarrestabile?
Domande inutili….la storia non si fa con i “se”…… e poi sta arrivando il
taxi per riportarci in barca. Devo andare. Oggi pomeriggio dobbiamo
navigare fino a Cadice.
Paolo
Il trattato di Tordesillas
 

venerdì 20 luglio 2018

SAN VINCENZO PENSACI TU

16 luglio 2018 Cabo de Saao Vicente. lat 37 01 nord; long 8 59 ovest

Partita Daniela siamo rimasti i classici tre uomini in barca ma per
fortuna senza cane.
3 uomini in barca .. senza cane
 
Così il 14 abbiamo cominciato a scendere verso sud la costa Atlantica del
Portogallo; un raro vento da sud ci ha impegnato in una bolina fino al
primo capo sotto Lisbona: Cabo Espichel.
Bello, roccioso con il suo faro in cima come poi ne vedremo tanti altri.
Un traverso ci porta all’imbocco di un lungo canale scavato fino a
Setubal. Una città posta quasi all’estuario del Sado e già nota in epoca
romana per le sue saline.
Capo Espichel

Questa è la seconda, dopo Lisbona, di una serie di città che nascono in
riva ad un fiume in corrispondenza dello sbocco in mare.
Ne seguiranno altre, fino alla spagnola Huelva, da cui sono partiti i
navigatori portoghesi e spagnoli alla scoperta/conquista delle Indie e del
nuovo mondo.
L’estuario di un fiume (come il grande Tago e tanti altri) permettono il
più facile varo e la manutenzione di barche/navi (con poco pescaggio) di
un tempo.
Anche la visita della tranquilla Setubal ci regala un pomeriggio di
piacevole passeggiata per i vicoli del centro deserti per la domenica e
per la finale dei mondiali di calcio Francia Croazia.
Camminiamo senza meta affacciandoci ai vari bar dove le televisioni a
tutto volume ci aggiornano su falli, punizioni e goal.
Dopo un’infruttuosa visita (chiusa per restauro) alla chiesa di Jesus,
importante per il primo esempio di stile Manuelino (quello del famosissimo
Convento dos Jeronimos di Lisbona), la giornata si conclude in gloria al
ristorante davanti al piatto più famoso di Setubal: Coco fritto, in realtà
un ottimo fritto misto di mare condito con le cronache e i commenti della
vittoria della Francia.
Il giorno dopo usciamo dal porto la mattina presto per sfruttare la marea.
Qui, non come in Mediterraneo, le maree vanno controllate perché 3 metri,
invece dei nostri 30/40 centimetri, fanno la differenza su come si entra o
si esce da un porto che sta su un fiume. Infatti nel canale dragato di
Setubal andiamo a 6 nodi più 3 di corrente a favore, 9 in totale... non
male!
Usciti in mare, dopo un paio d’ore si alza il previsto vento da nord ovest
e al lasco andiamo veloci verso la nostra meta 90 miglia più a sud: Cabo
de Saao Vicente.
Cabo Saao Saao Vicente.

Cabode Saao Vicente.

Arriviamo proprio al tramonto mentre alti sul promontorio coronato dal
faro si assiepano centinaia di turisti per assistere al rito del saluto
del sole.
Argentina si pavoneggia mentre sfila veloce sotto la gragnuola di selfie
flasciati. Chi sa in quante parti del mondo vedranno la sua immagine da
uno dei capi più famosi per la navigazione.
Mentre qui oggi si viene per farsi un ritratto su un posto famoso, ieri,
cinque secoli fa, si partiva alla ventura senza sapere se si sarebbe
tornati dalle onde di oceani sconosciuti. E a chi raccomandarsi se non a
Saao Vicente!
San Vincenzo fu ucciso dai Romani nel 304 subendo un atroce martirio che
sopportò con grande serenità e lodando il Signore, tanto da convertire
anche i suoi carnefici che lo straziavano.
Dopo la morte il cadavere fu ricomposto e prese due diverse strade: quella
spagnola e quella portoghese.
Secondo gli spagnoli le reliquie sarebbero state portate ad Avila in una
chiesa a lui dedicata. Invece i portoghesi hanno costruito una leggenda
molto più bella.
Il corpo di San Vincenzo arrivò a Sagres, un paese vicino al capo, su una
barca scortata da due corvi e li fu costruito un santuario chiamato chiesa
delle cornacchie. Il posto divenne meta di pellegrinaggi fino alla
distruzione da parte dei mussulmani.
Poi il primo re del Portogallo, Alfonso Henriquez, nel 1173, vista la
devozione per il santo, ne portò le spoglie a Lisbona ed ora sono
custodite nella chiesa di Sao Vicente de Fora.
La leggenda narra ancora che la nave che portò San Vincenzo a Lisbona fu
scortata di nuovo da due corvi e che poi gli uccelli volteggiarono a lungo
intorno la nuova chiesa.
San Vincenzo divenne patrono di Lisbona e un corvo è raffigurato nello
stemma della città.
Il santo, per questo suo avventuroso viaggio, è anche considerato
protettore dei viaggi per mare….e del vino: curiosa associazione ma non
troppo, viste le consuetudini marinaresche.
Ma torniamo a noi. Appena il sole scompare dietro l’orizzonte terminano i
flash e noi ammainiamo le vele, doppiamo il capo a motore e ci dirigiamo
ad est del capo per mettere l’ancora in una baia che dalla carta sembra
molto bella e solitaria.
Giriamo intorno alle alte scogliere. La notte ormai è vicina e gia
vediamo accese le luci di fonda di due barche.
Dirigiamo verso di loro ma stranamente da una partono segnali luminosi.
Non capiamo; la radio è muta.
Procediamo…poi improvvisamente Marco urla “c’è una grossa cima
galleggiante”
Cerco di fare marcia indietro ma è troppo tardi. Ci passo sopra, procedo
ma eccone un’altra. Ci guardiamo intorno e scopriamo di essere penetrati
in un quadrilatero delimitato da boe. Il tutto non è segnalato in nessuna
carta e le boe accenderano la loro luce solo dopo un’ora.
La terza cima è fatale. Ci avvolge come una piovra in una stretta
inestricabile. Siamo bloccati, suoi prigionieri.
Cerchiamo di spingerla in basso con il mezzo marinaio (per i profani non è
un cinesino basso che si tuffa e tira ma un lungo bastone con un gancio)
ma niente…e in più un altro cimone sta dietro la chiglia.
Non c’è niente da fare. Ci arrendiamo. E’ormai notte e uno spicchio di
luna sembra deridersi di noi e di Argentina che prima aveva fatto la sua
passerella.
La barca è messa di traverso rispetto ai 25 nodi di vento che spazzano la
baia. Si inclina leggermente su un fianco ma non protesta.
Passeremo la notte facendo una prudente quanto inutile guardia caso mai la
barca dovesse liberarsi. Nel qual caso saremmo liberi di vagare
nell’oceano ma pericolosamente bersaglio del gran traffico di navi che
uscite da Gibilterra dirigono verso il nord Europa.
Andiamo a letto rimandando il tutto alla luce di domani e confidando
nell’aiuto di Saao Vicente.

17 luglio
La notte è passata tranquilla, un po’ storta ma Argentina non si lamentava
ed rimasta li immobile.
La prima cosa da fare, adesso che ci si vede, è andare a mollo a vedere la
situazione del groviglio di cime.
Marco si offre volontario…e menomale perché qua si comincia ad invecchiare
e queste situazioni ormai so quanta fatica possono comportare.
Con la mia muta di 30 anni fa (stretta ma ancora buona) Marco si immerge e
constata che la barca è bloccata davanti da una cima sulla chiglia e
dietro da un’altra che si è avvolta sull’elica.
Toglierle a mano è impossibile ma anche tagliarle è un’impresa perché
hanno un diametro di 5 centimetri.
Vediamo un altro cimone più a monte della barca (fa parte di questo
quadrilatero con varie altre diagonali.
Ci passimo una nostra cima intorno e cominciamo a tirare con il winch.
Lentamente la barca si raddrizza e scarica il peso dai due tentacoli che
la bloccano. A quel punto Marco riesce a liberare l’elica e far passare
sotto la chiglia la prima cima.
Siamo liberi! Grazie San Vincenzo! E grazie Marco!
Paolo