Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

venerdì 30 giugno 2017

29 giugno 2017 Mare di Timor lat 10 29 sud, long 124 10 est



SAN PIETRO E PAOLO IN MEZZO AL MARE

Ecco l'unica novita di questa navigazione; festeggiare ( ??? ) il mio onomastico in mezzo ad una infinita tavola blu sormontata da un'infinita cupola azzurra con un puntino giallo accecante.
Ebbene si, questi sono i primi giorni pieni di sole da quando sono
partito dalla Nuova Zelanda.   Fino alla Papua Nuova Guinea il
grigiolino e' stato un colore dominante che ha spento quasi sempre i verdi,i gialli,i blu,gli azzurri intensi... di questa prima parte del viaggio.  Le Vanuatu, le Luisiadi fatte anche troppo di corsa resteranno nel mio ricordo senza i toni vividi di tutte le altre isole dell'immenso Pacifico.
Ora stiamo navigando nel Mar di Timor (questo forse e' piu' noto di
Arafura) purtroppo a motore dato che da ieri l'Aliseo ha deciso, non di scioperare, ma di lavorare meno e male. Infatti da ore siamo con vento da est di 10 nodi cioe' esattamente in poppa e chi va per mare sa che l'augurio di vento in poppa va bene solo se il vento e' forte.  Comunque non lamentiamoci, ormai dovrebbero mancare poche ore per arrivare al capo sud di Timor ovest e poche altre per Kupang, porto dove faremo le pratiche di ingresso ufficiale in Indonesia.
Ci sara' il nostro agente Franky ad aiutarci in questa noiosa burocrazia.
Poi vi diro' com'e' andata. Spero solo di non rifare il bis delle Fiji in cui ho perso 2 giorni..... e menomale che c'era Pietro Valente che con la sua perfetta padronanza dell'inglese (lui dice che addirittura sogna in quella lingua) ha contingentato i tempi.
Altre novita'...nessuna a parte un incontro ravvicinato del xxx tipo con un aereo che, volando a bassa quota, ci ha chiamato sulla radio:
“Hello,hello Argentina where are you going?”  Era la guardia costiera Australiana che pattugliava il mare controllando la presenza di eventuali imbarcazioni che dalla Papua Nuova Guinea o dall' Indonesia trasportano clandestini che cercano di entrare (anche li) nella terra promessa.
Devo dire che mi e' sembrato un metodo un po' invadente sopratutto perche' la barca navigava in acque internazionali ben oltre le 20 miglia dalla costa australiana.  Poi Maurizio (un altro che forse sogna pure lui in inglese) ha risposto comunicando la nostra rotta e la nostra nazionalita'.  Dall'aereo hanno ringraziato e salutato.
Tornando a noi: auguri a me ed a tutti i Pieri e Paoli che conosco.

Paolo

lunedì 26 giugno 2017

26 giugno 2017 Mare di Arafura lat 10 12 S, long 132 53 E



Siamo circa a meta' strada.  Arrivo previsto a Kupang (Timor ovest) mercoledi 28 dove spero di incontrare Franky un agente che dovrebbe occuparsi di tutte le pratiche di ingresso in Indonesia.  Sembra che sia complicatissimo farle e allora meglio spendere 180 dollari che trascinarsi da un ufficio all'altro.  Per ora la navigazione procede tranquilla con questo meraviglioso Aliseo che ti porta come in un'autostrada.  Tempo bello. Pesci zero: pero' in compenso abbiamo perso un'altra costosissima esca strappata da un qualcosa fuorimisura.
Paolo

venerdì 23 giugno 2017

23 giugno 2017 Mare di Arafura lat 10 39 sud log 140 46 est

L'avevate mai sentito il mare di Arafura? Io no prima di adesso che ho
iniziato a navigarci dentro.  Si estende tra l”Indonesia a nord e
l'Australia a sud. Poco profondo, non piu' di 70 metri, sembra un po'
l'Adriatico anche per il suo colore leggermente verdastro.
Questa mattina abbiamo passato lo stretto di Torres ma su un percorso un
po' diverso da quello classico delle navi.   Una pubblicazione inglese
“Ken's Torres Strait Passage Guide” consiglia, per le piccole barche,
uno slalom fra isolette con un passaggio veramente stretto tra Horn
island e Thursday islands.  Li ho preferito ammainare tutte le vele e
percorrere a motore uno zig zag fra le boe che segnano le secche.
Argentina con la sola randa a due mani filava a 7 nodi che sommati ai 2
di corrente a favore facevano 9: troppi per stare tranquillo.  Avevamo
prima provato con la randa in terza mano ma invece di 9 andavamo a 8:
troppo pericoloso  per un posto sconosciuto.  E cosi' dopo questo slalom
ci siamo ormeggiati sulla costa nord ovest di Horn island.
Naturalmente, ligi alle prescrizioni, abbiamo chiamato con la radio per
avvisare che ci saremmo fermati per la notte.  Risultato zero.  Nessuno
ci ha risposto. Tra l'altro volevamo la conferma su quali fossero i veri
orari delle maree per poter passare all'inizio della corrente a favore
che nel momento di massima raggiunge i 7 nodi: veramente troppo per
governare in sicurezza.
Senza nessuna notizia ce ne siamo andati a letto lasciando la radio
portatile accesa per ricevere eventuali chiamate. Niente, a parte il
risultato di scaricare completamente la batteria.
Sara' la bandiera francese ostentamente spiegata al vento....ma non ci
si sono filati di pezzo.  E cosi' stamattina alle 7, fidando nella
veridicita' delle tabelle coscienziosamente raccolte da Maurizio,
abbiamo tirato su l'ancora e ci siamo avviati, a motore, attraverso un
altro dedalo di reef.
Alle 9 eravamo fuori con un po' di corrente a favore.  I calcoli di
Maurizio erano giusti, altro che i consigli della Guardia Costiera
Australiana!
Dopo mezz'ora Argentina filava a vela a 10 nodi verso ovest abbandonando
per sempre il meraviglioso Pacifico dove aveva trascorso due
anni,facendoci scoprire le fantastiche Marchesi, gli atolli
incontaminati delle Tuamotu, le troppo antropizzate isole della
Societa', le superbe Palmerston e Niue e poi le Tonga, le Fiji ed infine
le Vanuatu.  Insomma i favolosi mari del sud.
Ora si apre un altro capitolo, un nuovo oceano che avra' sicuramente
tanti posti meravigliosi ma che non avremo tempo di scoprire.  Il
programma di quest'anno prevede l'arrivo a fine ottobre in Sud Africa
con una sosta di ben due mesi a Reunion perche' Enrico deve rientrare in
Italia.
Quindi miglia su miglia con poche soste.
Altre barche passano in queste zone piu' di tre anni girovagando tra le
isole Salomone, l'Indonesia,Malacca, Thailandia ecc. ecc.....   Ma loro
hanno condizioni di equipaggio totalmente differenti da quelle di
Argentina.
Ora sta calando la sera ed anche il vento. Siamo scesi a 8 nodi,
pazienza: ci metteremo un po' di piu' per arrivare a Kupang nell'isola
di Timor ovest che fa parte dell'Indonesia.
Penso che per i prossimi quattro giorni succedera' ben poco; l'aliseo
dovrebbe portarci tranquillamente a destinazione.

Paolo

giovedì 22 giugno 2017

22 giugno 2017 DENTRO LA GRANDE BARRIERA CORALLINA DELL'AUSTRALIA lat 10 47 773 S long 142 44 141 E

Ore 6.  Ancora Enrico e Maurizio dormono ed e' ancora notte. Siamo
ancorati,sperduti nel mare aperto, in una piccola baia formata dalla
scogliera di Wyborn reef.
Ci fa compagnia un faro piantato in questo niente e una stellata
spettacolare : dalla Croce del sud al timone del Grande Carro (Orsa
maggiore) che ci fa intuire (dato che sta nell'altro emisfero) dove
possa essere la nostra stella polare.
Siamo arrivati qui ieri pomeriggio con l'ultima luce dopo aver navigato
per 80 miglia dentro la Grande barriera corallina ad oriente
dell'Australia.  Una navigazione insolita:fondale sempre intorno ai 30
metri ma costellato da centinaia di piccoli e grandi reef tra cui
occorre fare bordi al lasco. Si.perche' qui siamo in pieno Aliseo che in
questi giorni soffia piu' del solito: 30 nodi invece dei 15-20.
Anche quando,il 19 giugno, siamo partiti dalla Papua Nuova Guinea
l'Aliseo pompava potente e Argentina,in ottima forma, navigava a vele
ridotte sempre intorno ai 10 nodi.
In 24 ore eravamo arrivati da Port Moresby all'ingresso del reef a Raine
island e poi, entrando nella barriera, fino ad un altro reef 20 miglia
piu' ad ovest dove abbiamo passato la notte in un rollio continuo.
Raine island e' un'isola microscopica con un bel faro sopra ad indicare
l'inizio di un percorso secondario, dentro la grande barriera, che poi
si ricongiunge piu' a nord con i grandi corridoi dove deve passare tutto
il grande traffico navale tra l'oceano Indiano e il Pacifico.  Dello
stretto di Torres, che separa l'Australia dall'Asia, vi ha gia' parlato
,nelle sue dottissime relazioni, l'illustrissimo professor Sandro; non
staro' quindi a tentare di emulare la sua augusta prosa ma voglio
comunicarvi solo la mia meraviglia ed ammirazione per tutti quei
navigatori che da Torres in poi si sono cacciati, per primi, in questo
labirinto inestricabile di isole e reef navigando appunto senza carte e
con delle navi a vela (e ricodiamolo senza motore) che dal punto di
vista velico erano molto meno  manovriere di una qualsiasi piccola
barchetta a vela di oggi.
Quando penso a questi uomini mi viene, ovviamente, subito il parallelo
con i grandi dell'alpinismo: andare sempre oltre a vedere che cosa c'e'
dopo....
Ai piu' sembreranno azioni sconsiderate ,inutili...da pazzi.   Ma e'
proprio li il bello.  Quando ti trovi davanti ad una cosa sconosciuta,un
mistero ti viene una voglia insopprimibile di andarlo a vedere.  Forse
per questo Eva (contrariamente all'indole femminile) ha indotto Adamo (
e qui in perfetto accordo con la loro natura)  a cogliere la mela e
farci cacciare per sempre dall'Eden e costringerci a lavorare col sudore
della fronte e partorire con grande dolore...(oggi un po' meno).  Ma
forse e' stato meglio cosi': sai che palle questo Eden dove tutto e'
facile,dove tutto e' disponibile, dove non succede niente di nuovo!!!
Comunque tornando a noi e alla nostra piccola avventura, oggi andremo a
Capo York, la punta piu' settentrionale del continente australiano e li
contatteremo le capitaneria per farci dire esattamente il momento piu'
propizio per passare lo stretto dato che qui ci sono punti dove la
corrente di marea raggiunge anche gli 8 nodi.  Quindi se vai contro e'
veramente dura ma anche se ce l'hai a favore e' difficile perche' non
riesci timonare bene la barca e rischi di essere trascinato in brutti
postacci.
Bando alle ciace; Enrico e Maurizio si sono alzati e tra poco bisogna
partire.
Fra un paio di giorni vi raccontero' il passaggio dello stretto vero e
proprio.
Naturalmentele le foto ormai mancheranno per un pezzo dato che il
segnale internet lo avremo forse solo in Indonesia ma sono convinto che
la vostra immaginazione, nonostante l'eta', e' ancora viva.  Ciao a
tutti.
Paolo

p.s. le signore mi scusino per qualche forzatura maschilista

venerdì 16 giugno 2017

Port Moresby, Papua Nuova Guinea, giovedì 15 giugno 2015.

All'alba di martedì 13 lasciamo la splendida Fife Bay, ed a motore ci dirigiamo verso il distante reef. Passiamo davanti all'Orangerie Bay, quella vera, non quella probabilmente molto simile, che abbiamo spacciato per tale, gli aranci che abbiamo barattato erano comunque veri. Superata la barriera facciamo un bordo verso l'esterno a vele spiegate nel tentativo di risalire il Golfo di Papua. La direzione dell'Aliseo non ce lo permette dovremo fare dei bordi al lasco che allungheranno
notevolmente il percorso ed obbligheranno ciascuno di noi tre a farsi in quattro. Infatti per una strambata corretta servono almeno nove persone di equipaggio: due alle scotte del fiocco, un terzo a quella della randa, un quarto al trasto, per fortuna non serve nessuno al timone, fa tutto l'autopilota, due alle volanti, un settimo cambia le mura al wattandsea, il generatore idrodinamico, coadiuvato da due esperti svitatori muniti di due chiavi “17”, questi ultimi talvolta possono essere sostituiti da uno solo con una “34”. All'intensificarsi del vento la presa dei terzaroli risulta ostacolata da qualche marinaio pigro, qualche lazy jacks, che approfitta della confusione per avvinghiarsi alla sua borosa.

Nella notte l'Aliseo rinforza ed Argentina si lancia a cavallo delle possenti onde del Mar dei Coralli; il cielo è nuvoloso, ma a sud il velo di nubi si squarcia mostrando limpidissima la Croce del Sud con “i due gruppi di piccole stelle a foggia di nebbiette alquanto fosche e fra loro poco distanti”, le galassie di Magellano descritte da Antonio Pigafetta, che illuminano la candida spumeggiante scia di Argentina; lo sciabordio dell'acqua sulle murate è accompagnato dal sibilo del vento, e dall'autopilota che, con voce stridula, intona una cantilena monotona fino all'ossessione: variazioni sull'andante della
sonata a Kreuzer. Infine nel primo pomeriggio di mercoledì 14 raggiungiamo Port Moresby e, dopo aver aspettato all'ancora per la quarantena, ormeggiamo al pontile del Royal Papua Yachting Club, Royal perché, per chi non lo sapesse, Papua Nuova Guinea è una monarchia costituzionale, il capo dello stato è la regina del Regno Unito che nomina, tramite un suo rappresentante, il Primo Ministro, la legge in vigore è la Common Law Britannica. Allo Yachtin Club si respira tuttora un'aria imperiale, edifici moderni e ben costruiti, particolarmente lindi, c'è la palestra, il teatro, la lavanderia, gli
uffici, il restaurant, il parco giochi per bambini sovrappeso tutti rigorosamente bianchi, con qualche sparuto orientale. Al circolo molti grassi uomini bianchi con faccia porcelliniforme si divertono moltissimo insieme alle loro prosperose compagne agghindate nelle più stravaganti fogge, come ad un ricevimento nuziale, incitati dalle battute di un salace animatore al microfono, mentre servitori neri strisciano senza farsi troppo notare per accondiscendere prontamente ad ogni capriccio di
tanti eccellenti saib.
Museo etnografico di Port Moresby. Modello di piroga

Il Parlamento

Maschere cerimoniali

Tutta la marina, circolo compreso è ben protetta da un impenetrabile recinto, rigorosamente
sorvegliato dagli uomini della Security; all'esterno v'è la feccia umana. Termina qui il primo capitolo, “from New Zealand to New Guinea” del quarto tomo di “An Account of the Voyage round the Word
by Captain Paul Cootol on the Her Gentlman's Sailboat Argentina”, riguardante la prima parte delle avventure trascorse nei Mari del Sud in questo quarto anno di navigazione. Domani Giancarlo e Sandro verranno  sostituiti da un equipaggio molto più valido, per poter affrontare mari ben più insidiosi, a cominciare dallo stretto passaggio tra Nuova Olanda e Nuova Guinea.
Scopo segreto della nostra missione era quello di dimostrare l'esistenza della Terra Australis Incognita, di convertire i suoi abitanti alla Vera Fede, di smascherare le fallaci e perniciose teorie galileo – newtoniane  ripristinando la Verità vera, l'Aristotelica, restituendo all'Uomo il suo posto al centro del Creato. Le continue migliorie apportate alla struttura della barca, alle sue attrezzature, al modo di cuocer la frittata, allo stivare la mondezza ci hanno distolto da tali nobili scopi, peraltro miseramente falliti. Molte delle terre oggetto della nostra indagine le abbiamo visitate col binocolo della fantasia. Ma non ci siamo per questo persi d'animo, abbiamo chiesto aiuto all'ampia letteratura sull'argomento. Grazie alle moderne tecnologie è stato possibile condensare in un picciol calepino elettronico un'ampia biblioteca. Siamo partiti provvisti delle preziose Tavole Rudolfiane contenenti le mappe del Continente Australe redatte da Juan Kepler, su precise indicazione di Claudio Tolomeo.
Statue antropomorfe

Per molti aspetti la nostra missione ha teso sempre più ad assomigliare alle mirabolanti avventure di un J. Verne o di un E. Salgari, che, come è noto, non si sono mai alzati dai loro scranni, se non per i bisogni più impellenti. Si è dapprima chiesto aiuto allo spagnolo Quiros, più esattamente al lusitano Pedro Fernandes de Queyros, che da pilota di Alvaro de Mendaña de Neira, riportandone a casa sana e salva la vedova Dona Isabel, nelle spedizioni di fine '500 ed aveva contribuito a tante importanti scoperte tra cui quella delle isole dalle favolose miniere d'oro con cui Re Salomone aveva ricoperto il tempio di Gerusalemme. Durante il Giubileo delll'Anno Domini 1600 l'ardente cattolico, il
timorato di Dio, Quiros promise a  Papa Clemente VII di convertire al cattolicesimo tutti i selvaggi delle terre australi.
Partì da Callao, in Perù insieme a Louis Vàez  Torres nel Natale del 1605 e, dopo lunghi mesi di navigazione, arrivarono nella ricca e ferace Austrialia del Espiritu Santo, dove scorrevano fiumi di latte e miele e dove premurosi indigeni li accolsero a braccia aperte, impazienti di convertirsi alla Vera Religione, scanso poi cacciarli a pedate nel sedere poco tempo dopo.
Nei 160 anni seguenti nessun europeo si avvicinò neppure lontanamente, né tanto meno raggiunse lo Spirito Santo, finchè non giunse il grande illuminista, il matematico “par les leçons que daigna me donner M. D'Alembert, que me mirent dans le cas de présenter à l'indulgence du Public une Ouvrage sur la Géométrie” (il secondo volume dell'opera di De l'Hôpital sugli “infitements petites” riguardante il calcolo integrale commissionatogli dal d'Alembert). Ma Egli, Louis Antoine
Bougainville, è anche l'uomo d'azione il gentiluomo preromantico che fece sognare l'Europa con il suo avvincente “Voyage autour du Monde par la Frégate du Roy Boudeuse et la Flûte l'Étoile, en 1766 – 69”, che suggerirà ai filosofi il mito del buon selvaggio, materializzato dal mite tahitiano Aotourou, per mesi conteso dalle ricercate dame parigine dei più esclusivi salotti e dai philosophes Voltaire e Didérot. Bougainville percorrendo il canale che porta il suo nome tra le isole di Espiritu Santo e Mallicollo, e navigando sul Mar dei Coralli lungo il parallelo fino alla Nuova Olanda,  fece tramontare per sempre l'idea del Continente Australe.
Pochi anni dopo, se ce ne fosse stato ancora bisogno, a smontare tale credenza ci penseranno le precise rilevazioni di James Cook, nella sua seconda circumnavigazione del Globo sull'HMS Resolution, dato che nel frattempo era stato messo a punto il cronometro di precisione per la misura della longitudine in maniera rapida ed esatta. Sulla Resolution si imbarcarono con l'incarico di farne il resoconto scientifico il pastore tedesco Juan Reinhold Forster ed il suo cucciolo diciannovenne
Georg. I due Forster registrarono un'infinità di dati geografici, geologici, botanici, zoologici, antropologici, linguistici, letterari, musicologici con gran disappunto del Capitano Cook, che avrebbe preferito che il tempo passato in tali facezie fosse meglio speso a smontare e rimontare la nave onde migliorarne le prestazioni ed a perfezionare le varie procedure nel modo più razionale possibile. Anche al loro ritorno a Londra la bozza del loro resoconto non piacque a Cook e risultò addirittura indigesta a Lord Sandwich, che suggerì loro importanti cambiamenti nella prefazione per renderla più
farcita. I Foster, sentitisi trattati come sciocchi scolaretti che hanno sbagliato il compito, sdegnati rifiutarono tali correzioni, i Forster non furono pagati per il loro incomodo, e Georg pubblicò a sue spese un minuzioso, analitico, ben documentato resoconto di viaggio che batté sul tempo  la scialba e retorica versione ufficiale.

La traduzione tedesca di “A Voyage round the Word” fu salutata dall'Accademia come una pietra miliare della Scienza e sancisce la nascita della moderna Etnologia. Ebbe un forte impatto nella Scienza, nella Filosofia e nella Letteratura ed al giovanissimo Forster fu assegnata una cattedra a Kassel, con sua grande meraviglia, in quanto pensava che fosse destinata al padre. In seguito Georg Forster dopo essere assurto agli onori dell'Accademia, fu bandito dal suo stesso Paese per le sue inclinazioni giacobine. Aderì alla Repubblica di Magonza, il primo stato democratico tedesco,  di cui fu vicepresidente, fondò il primo giornale tedesco non sottoposto a censura, introducendo “die Pressefreiheit”, la libertà di stampa, “wo die Buchdruckerpresse erfunden ward”, là dove la stampa era nata, fu inviato come rappresentante per aderire alla Repubblica Francese. Le autorità austroprussiane misero una taglia su di lui, morì esule a Parigi durante il Terrore per una malattia reumatica a soli 39 anni. Per molti anni in Germania fu considerato un traditore ed i suoi scritti vennero messi all'indice e bruciati durante il grande rogo del III°  Reich. La sua rivalutazione in Patria è storia recente ed iniziò nell'ex DDR, la Repubblica Democratica Tedesca.
Tutto ciò che non siamo riusciti a vedere neanche col binocolo, per mancanza di tempo ed incapacità di atterraggio, lo abbiamo visto con  gli occhi del giovane Forster, ma lo abbiamo anche visto con i più recenti occhi dei pochi equipaggi attuali che ci hanno preceduto; in particolare ci siamo avvalsi dei preziosi appunti della barca “Refola” che ha solcato queste acque due anni or sono e di cui abbiamo religiosamente reso omaggio alla sua lisa bandiera che imperitura sventola nella Resolution Bay all'Isola di Tanna.
Siamo desiderosi di visitare un giorno le contrade per verificare che risponda al vero ciò che abbiamo in dettaglio descritto, e per poter fare nostra l'affermazione di Bougainville: “Je suis voyager et marin; c'est-à-dire, un menteur, et un imbécille aux yeux de cette classe d'écrivains paresseux et superbes qui, dans les ombres de leur cabinet, philosophent à perte de vûe sur le Monde et sur les habitants, et soumettent impérieusement la nature à leur imagination.”

A questo punto, accomiatandoci, non ci resta che ringraziare tutti. In primis un grande grazie a Captain Paolo, il Palinuro, che, intrepido, sicuro, lo sguardo oltre l'orizzonte, mano sulla barra, ha governato in questi perigliosi e procellosi mari, schivando ogni sorta di mostri marini. Un grazie di cuore all'Almiranta Dona Rita, che trattenuta in Patria da pressanti e ponderosi uffizi, ha reso la ciurma orba dei suoi gustosi aperitivi, ma, nella lontananza, è stata sempre vicina , nei momenti di smarrimento, indicando la retta via da seguire senza tentennamenti. Un grazie anche ad Adolfo il Virgilio che ha illuminato il nostro cammino nei pochi gironi rimasti aperti dopo i noti contrattempi ed un “ci dispiace immensamente” a Lady Brown Horseman, splendida compagna di tante meravigliose avventure, anch'essa richiamata all'ovile da pesanti vicissitudini. Infine un grazie a tanti altri che, come Renato e gli Enzi,  sono sollecitamente venuti in aiuto con preziosi interventi e consigli.

Sandro

martedì 13 giugno 2017

Fife Bay 10°35,924' S 150° 01,638' , Papua Nuova Guinea, Martedì 13 giugno 2017.

Venerdì 9 si è riposato, pulito, aggiustato. Una passeggiata alle prime crocette
si è resa necessaria per isolare un cavo elettrico ferito dalle drizze impazzite. Sabato 10, quando stavamo per salpare, si sono accostati per fare quattro chiacchiere due giovani ed un bambino su due microscopiche piroghe, come al solito ricavate da un piccolo instabile tronco scavato, reso stabile da un fragile bilanciere. Il bilanciere è diffuso in tutto il Pacifico e costituì la grande meraviglia
dei primi europei che l'osservarono.

Il mercatante fiorentino Francesco Carletti che fece il giro del mondo tra il 1594 ed il 1606 ne restò particolarmente colpito: “Costoro per buon tratto di tempo ci dettero un gran piacere e maraviglioso
trattenimento cagionato dal vedere le loro barchette così ben fatte, e lavorate di vari colori, e con molto artifizio fabbricate, ed attacate insieme sanza chiodi in una e bella foggia e disposizione e che sono tanto leggiere ehe (per modo di dire) pajono uccelli che volino per quel Mare. Sono molto strette e lunghe acciocché 1’onde del Mare, e la forza del vento non le rivolti portano sempre da una banda un contrappeso di legno assai grosso, e lungo quasi quanto tutta la barchetta il quale si regge sulla sommità dì due pertichette, che s'attraversano per mezzo la barca, ed escono in fuori circa 3 braccia, e radendo il Mare , la sostentano, che non si può rivolgere, né andar al fondo, ancorché fosse tutta piena d’acqua. Fanno talora della poppa prua , e della prua poppa, navigando con ogni vento secondo che fa di bisogno, pigììandolo nel modo che si ritrovano senza voltare la barchetta, la qual’è da ambe 1'estremità appuntata, ed in ciascheduna di esse vanno quattro, o cinque Indiani tutti nudi. Sono di persona molto robusta, e corpulenta d’un colore rosseggiante abbruciato dal sole, e senza
coprirsi, come si è detto, nessuna di quelle partì, che sia appresso di noi vergognosa, che forse tra di loro non se ne tien conto; essendo questi uomini (com’io intesi ) semplicissimi e di più intesi; che
tenevano ogni cosa in comune, infino le donne”.

Ci si domanda perché nel Mediterraneo nessuno abbia mai pensato al bilanciere. Probabilmente perché nei suoi porti vi è penuria di posti barca ed i doppi scafi rubano troppo spazio. Sembra che Ulisse avesse pensato di costruirsi un catamarano con i resti del Cavallo di Troia per tornare più rapidamente ad Itaca, ma fu dapprima diffidato da Penelope che non voleva che arrivasse troppo presto, prima di ultimare una certa tela e soprattutto non voleva  vedersi dimezzati i proventi
sull'Odissea, infine venne informato dalla Maga Circe che con un catamarano sarebbe stato difficile trovare un posto nel porto di S. Felice.

Lasciata l'isola di Talgula, o Tagula, come sembrerebbe più corretto, solchiamo il Mar dei Coralli verso occidente, sospinti dall'Aliseo, costeggiando l'Archipel de la Louisiade, lungo il percorso che
Bougainville aveva penosamente effettuato controvento alla ricerca di un passaggio verso Nord, verso il Mare delle Salomone, passaggio che in realtà esiste, ma che era estremamente difficile da trovare. Infatti verso mezzanotte entriamo nella Jomard Entrance la passe dentro la grande barriera che contorna tutta l'attuale Louisiade, enormemente ridimensionata rispetto alle primitive attribuzioni di Bougainvile che la estendevano fino alle Nord Solomon. La Jomard Entrance è una delle tre possibili vie d'accesso da sud al Kavanasausau Strait più noto come China Strait, in quanto costituisce una utile scorciatoia per il traffico commerciale tra la Cina e l'Australia o la Nuova Zelanda. Infatti, dopo una settimana in cui siamo stati gli unici incontrastati padroni del mare, qui dobbiamo dividere lo stretto passaggio con ben quattro navi, una delle quali ci supera a destra, annunziandocelo
via radio in englishphilippino. Nella mattinata facciamo dei bordi nel mare interno alla Louisiade cercando di schivare i coralli più duri e quelli più appuntiti e nel primo pomeriggio diamo fondo
davanti alla splendida Samarai situata sulla omonima rigogliosa fiorita isoletta di poche centinaia di metri di diametro, al centro del pittoresco fiordo, delimitato da altre isole e dall'isola di Papua, e che ha l'aspetto di un lago.

La guida turistica sostiene che questo sia il più piccolo porto del Pacifico “dove però entrano anche grandi navi”, è il porto degli ossimori, un tempo città capoluogo di provincia, con tanto di ospedale, ora, che il traffico  commerciale guarda e passa e più non dimanda, è ridotta a poco meno di un
villaggio di dugento anime. Sbarchiamo col tender a propulsione di corrente, idraulica di marea, non elettrica beninteso, e veniamo accolti da una vezzosa pescatrice, che, con i piedi a mollo stende con
mano svelta un filaccione trai coralli e ci dà il benvenuti in Samarai. Spiaggiamo il tender con l'aiuto di una testimone di Geova ed il suo figlioletto; anche lei ci dà il benvenuti in Samarai e ci illustra alcuni passi della Bibbia. Superiamo i banchi deserti del mercato, d'altronde qui è domenica pomeriggio, ed incappiamo in due giovani variamente dipinti e con un vistoso rossetto sulle labbra. Anche loro ci danno il benvenuto in Samarai e, come aprono bocca mostrano una splendida
dentatura rossa al betel di cui qui si fa grande uso. Vorrebbero venderci qualche cosa, dei granchi, dei piatti artigianali molto raffinati, scolpiti in un duro legno, di cui ci siamo scordati il nome, con un bordo finemente cesellato, ma noi purtroppo non possediamo una Kina, neppure in discesa, ci spiegano che forse domani il proprietario chinese, aggettivo che va pronunciato con un accento di disprezzo, del supermarket potrà cambiarci qualche dollaro.

Percorriamo il lussureggiante viale principale sede di ben tre chiese, anglicana, cattolica, avventista, e popolato dai numerosi bambini e bambine che giocano i più piccoli a biglie, i più grandicelli a palla canestro, con canestro virtuale in cui è rimasto solo il cerchio, i grandi a calcio, mentre alcune
matrone dalla bocca vermiglia mostrano la loro mercanzia costituita esclusivamente da noci betel. Infine ci imbattiamo in un gentilissimo, distintissimo signore di cui abbiamo immediatamente dimenticato il nome ma che potremmo ribattezzare Virgilio Samarai, che ci conduce nelle più riposte calli dell'isola, illuminandole con i suoi finissimi, isquisiti ragionamenti, presentandoci a tutti color che vengono innanzi, illustrandone i meriti e tracciandone una essenziale biografia. Il maestro
di scuola si cimenta nella difficile arte di infondere la scienza in una cinquantina di teneri virgulti.

Superata la scuola ci troviamo di fronte all'edificio in ristrutturazione dell'ospedale dove veniamo presentati al fratello di Virgilio che ricopre i ruoli di Direttore Sanitario, Primario, Assistente, Capo Sala, Infermiere, Portantino, Usciere e Guardiano dell'Ospedale di Samarai, non sappiamo se è anche il capomastro dell'attuale ristrutturazione. Sulla via del ritorno la nostra simpatica amica, precedente incontrata, ci fa dono di ben tre copie, una per ciascuno, della Watch Tower, nonostante le avessimo detto che ne bastava una sola, ma ella sapeva che una sola ce la saremmo contesa con avidità. Tornati al dinghy, non dopo aver intrattenuto un lungo discorso sul molo con un signore che aveva conosciuto un tale, un cui lontano parente aveva un cugino che era stato in Italia per imbarcare zucchero ed altre amenità, remiamo controcorrente per ritornare su Argentina. Dopo non pochi metri all'indietro veniamo raggiunti da Virgilio che con tutta la sua famiglia tornava alla sua isola a bordo dell'utilitaria in vetroresina sospinta da un potente Yamaha Enduro, il celebre fuoribordo a due tempi, non più commerciabile in Europa, che è in grado di avanzare fin dentro i coralli con l'elica triturante, e diffusissimo dalle isole San Blas nell'Atlantico fin in tutto il Pacifico. Ci rimorchiano fin su Argentina.

Lunedì mattina una forte corrente di marea ci dissuade dall'andare a terra, paventando di non riuscire più a tornare a bordo, possiamo ancora fare a meno dei “refrechements” tanto agognati dai navigatori del '700, sopravvivendo con le deliziose scatole di piselli al cocco. Salpiamo districando la lunga catena dell'ancora avvinghiata ai coralli e ci avviamo verso il Wekmale (West) Channel quando veniamo superati dalla veloce boat-ambulance provvista di Yamaha Enduro del fratello di Virgilio che, evidentemente, è anche il medico condotto della regione e, probabilmente, si recava da un paziente dell'isola di fronte per una visita domiciliare. Passiamo in un dedalo di isole ed isolotti dalle nitide spiagge bianche immacolate, contese da una lussureggiante foresta tropicale dove gorgheggiano gli Uccelli del Paradiso che fanno capolino trai rami, facendo di tanto in tanto intravedere il loro sgargiante piumaggio. Tra la prima isola e l'isolotto accanto si stende una
bassa scogliera tra cui spiccano alcuni coralli candidissimi con i bordi sfumanti al cobalto, al giallo, al porpora, sui quali spiccano enormi vermigli anemoni di mare. Alcune vongole giganti celano al passaggio degli intrusi il loro corpo di un vivido blu cobalto, serrando pudicamente le loro valve ondulate. Pesci tropicali in abbondanza dai colori smaglianti si aggirano trai coralli e le arabescate
infiorescenze, illuminati dagli iridescenti raggi solari che penetrano tra le rocce creando variopinti giochi di luce.

Per audaci ed incalliti navigatori non vi è tempo da perdere in tali facezie; i racconti degli indigeni e la nostra fantasia ci hanno mostrato tutto ciò. Usciamo dal West Channel e con una serie di bordi al
lasco percorriamo lo stretto corridoio tra la Papuasia e la sua barriera nel Mar dei Coralli fino a raggiungere la Fife Bay. La Fife Bay è una baia da paura, un antico cratere vulcanico, incastonata da una serie di isolotti che ne costituiscono la guardia a mare, sormontata da alte montagne le cui cime si perdono tra le nubi. La sua incontaminata bellezza ricorda molto l'attigua Orangerie Bay che si annuncia già da lontano per il suo squisito profumo e che Bougainville così la dipinge: “J'ai
peu vu de pays qui dont le coup d'oeil fût plus beau. Un terrein bas, partagé en plaines et en bosquets, régnoit sur le bord de la mer et s'élevoit en suite en amphithétre jusqu'au montagnes, dont la cime se perdoit dans les nues. On en distinguoit trois étages, et la chaîne la plus élevée étoit à plus de 25 lieues dans l'intérieur du pays”. Baia dove la Boduese cercò l'agognato passaggio a Nord, senza
trovarlo e pure in difficoltà per uscirne con l'Aliseo contrario, le fu pertanto attribuito il nome di “Cul du Sac de l'Orangerie”.

Siamo infine giunti nella grande Isola di Papua, quella che secondo tutti i manuali di Geografia risulta
essere la seconda isola più grande del mondo, dopo la Groenlandia. Quello che nessun manuale spiega è dove finiscono i continenti ed iniziano le isole. Sull'imbrunire si accostano cinque ragazzini su una minuscola piroga a bilanciere che invitiamo a salire, discutiamo della scuola, della chiesa, offriamo loro un succo di frutta e regaliamo loro due barattoli di salsa americana dolce al pomodoro, di quella che alla maggioranza dell'equipaggio risulta indigesta anche se stivata nei più riposti gavoni. Prima dell'alba, ancora nel buio più pesto, cantano tutti i galli della baia, un uomo in piroga si avvicina offrendoci degli aranci fragranti e delle piante in una specie di vaso, che cortesemente rifiutiamo, gli diamo in cambio un pacco di riso ed un avanzo di un pacco di zucchero. Prima che sia
giorno, al chiaror dell'aurora, salpiamo intravedendo la splendida baia: grazie Louis Antoine per averla mostrata a noi che non abbiamo avuto il tempo di vederla.

Sandro