Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

lunedì 30 aprile 2018

26 aprile 2018 CHAPADA DIAMANTINA

26 aprile 2018

E’ la prima volta che, dopo una traversata oceanica, arrivo a destinazione
e ci sono pochissime riparazioni da fare. Non si è rotto niente. Il
dissalatore, l’idrogeneratore ecc hanno funzionato bene; solo il
generatore è stato ormai abbandonato e chi sa se mai verrà riparato.
Questa insolita fortuna mi ha permesso finalmente di godermi una vacanza.
La barca ha trovato un ottimo ormeggio al Terminal Nautico con prezzi che
comparati ai marina europei e soprattutto italiani sono veramente
economici.
Così ,dopo un paio di giorni per un primo contatto con questa bella città,
sono partito con Mariano (che intanto era arrivato in volo dall’Italia).
La meta è un parco nazionale a 500 chilometri da Salvador dove
nell’ottocento si scoprì la presenza di pietre preziose e diamanti.
Da tutto il Brasile arrivò una folla eterogenea alla ricerca di fortuna
che sulle prime si sistemò in accampamenti di fortuna. I panni venivano
lavati al fiume e le lenzuola ( lencois) stese sui prati tanto da apparire
dall’alto come un tappeto variopito. Il centro principale che andava
sorgendo prese quindi il nome di Lençois proprio da questo strano aspetto.
Lentamente sorsero case, chiese, mercati ecc. che ancor oggi rimangono
integre ed anzi sono state ristrutturate con semplice ed ottimo senso
estetico tanto da richiamare oggi molti turisti sia per le camminate sia
per passare semplicemente qualche giorno in un posto tranquillo.
I trascorsi minerari sono finiti da tempo, infatti la corsa all’oro-
diamante si rivelò al di sopra delle aspettative perché la purezza dei
diamanti era bassa e quindi il loro utilizzo rimase interessante solo per
usi industriali: i francesi li utilizzarono nel 1885 per il canale di
Panama e per la galleria del San Gottardo ed istituirono allo scopo un
vice consolato a Lençois.
Poi tutto lentamente decadde, soprattutto dopo la scoperta dei diamanti
sudafricani, ed il territorio ritrovò una sua collocazione molto più tardi
nel 1985 grazie all’istituzione del parco nazionale Di Chapada Diamantina.
La presenza di territori incontaminati, solcati da fiumi, cascate e canyon
hanno dato una caratteristica di diversificazione ed attrazione
particolare.
Chpada Diamantina

Così con Mariano la mattina alle 7 saliamo sul Rapido Federal: un pulman
di lusso dotato di poltrone super reclinabili e di aria condizionata a
palla, tanto potente da procurarmi una super laringite di cui sto ancora
tamponando gli effetti con l’antibiotico.
A Lençois scegliamo la pousada Lua de cristal dove con dieci (dico 10)
euro abbiamo la camera con bagno ed una colazione abbondantissima.
I giorni seguenti, tramite agenzie, facciamo giri per cascate, grotte
azzurre, cime di montagne.
Intanto stavo cercando di organizzare un trek di più giorni nella valle di
Pati, la più bella camminata di tutto il Brasile (almeno così dice la
lonely planet). Ogni giorno andavo in tutte le agenzie di Lencois per
vedere di trovare qualcosa ma tutti rispondevano che ormai la stagione era
agli sgoccioli e d i brasiliani non spiccano certo per voglia di faticare.
Poi all’improvviso spunta Fernandez che ha già due persone. Saremo in tre
più lui in giro per tre giorni.
Trekking

Naturalmente un paio di giorni in più sarebbe stato l’ideale ma questa è
l’unica possibilità perché in giro da soli non si puo andare: non ci sono
cartine, non ci sono sentieri segnati anzi non ci sono proprio i sentieri.
La mattina dopo arriva l’auto di Fernandez con gli altri due giovani
compagni: Erika, una simpatica ed espansiva brasiliana e Felix, un tedesco
taciturno.
Dopo tre ore di viaggio con sorpassi da brivido raggiungiamo la partenza
del trek.

Fernandez cammina veloce nonostante uno zaino enorme: porta i viveri per
tutti.
Un valico ci porta su un altopiano sconfinato in cui spuntano lontane
montagne azzurrine.
Gli amici del trekking

La sera arriviamo alla pousada di donna Lea, una tutta d’un pezzo che
trabaca sodo per ospitare i non molti turisti (vista la bassa stagione).
Accoglienza spartana in camerata (sembra di essere in un rifugio di
montagna d’altri tempi) ma cena ottima.
Dona Lea, padrona della posada

Il giorno dopo la nostra meta è la cima del Morro Sao Paulo. Il percorso
nella foresta è ripido, il fango ( causato dalla particolare natura del
terreno argilloso) rende tutto scivolosissimo e la povera Erika, con le
scarpe da tennis a suola liscia, fa un passo avanti e due in dietro. Per
fortuna il suo compagno, il baldo Felix, la spinge o la tira come un mulo.
La cima, dopo aver attraversato una divertente caverna, ci offre un
panorama spettacolare sulla valle di Pati.
In discesa dopo aver dato una mano a Felix per frenare la valanga Erika
decido di lasciarli alla responsabilità di Fernadez e smetterre di pensare
di fare il pseudo capo gita.
La povera Erika arriverà a pezzi quando il sole tramonta detro il Morro.
Terzo giorno. The best
Colazione abbondante e via per i fangosi sentieri che poi non sono
sentieri ma traccie di rocce affioranti, letto di ruscelli, linee ideali
attraverso la bassa vegetazione.
Cammino a volte noioso a volte troppo fangoso per i miei gusti. Oggi no,
non mi piace!
Ma dopo tre ore arriviamo su una spianata di lastroni di arenaria.
Fernandez ci fa posare lo zaino. Lo seguiamo e dopo 30 metri
l’incredibile: sotto i nostri piedi si apre la testata della valle di
Pati. Un salto strapiombante di 300 metri ci separa da un laghetto
turchese alimentato da tre differenti cascate.
Le cascate dall'alto

La sorpresa per lo spettacolo improvviso, giustamente non preannunciato da
Fernandez, è fortissima: è come sbucare dalla stretta via di San Vincenzo
e trovarsi di fronte alla mostra d’acqua di fontana di Trevi.
Tanto inaspettato quanto inimmaginabile...stupendo!
Arcobaleni multipli vaporizzati colegano idealmente i lati della valle
mentre seguo con lo sguardo lo scendere dell’acqua.
Indugio a lungo su un pulpito di roccia a strapiombo sul laghetto.
Poi Fernadez mi richiama all’ordine. Protesto per rimanere ancora ma lui
è irremovibile: mancano quattro ore per uscire dal parco e ritrovare
l’auto.
Ci incamminiamo sul monotono altopiano. Solo un fiume da guadare scalzi dà
una nota di dicontinuità, poi il fango riprende il sopravento e dopo aver
scansato per ore le mappazze più luride alla fine, disattento, ci finisco
dentro. Giù tutti i santi del paradiso ma una visione come quella delle
cascate ripaga tutto. Vale un viaggio!
Il paese di Lencois al centro del parco Ciapada Diamantina

Lencois

La sera rientro contento a Lençois e, il giorno dopo, con Mariano, che
pazientemente mi aveva aspettato, torniamo a Salvador.
Domani arriveranno Stefano e Michele per completare il nuovo equipaggio.
Paolo

sabato 14 aprile 2018

BRAZIL ! …………arrivati


14 aprile 2018   lat 13 01 sud   long 38 30 ovest

Quando penso al Brazil mi viene sempre in mente la trasmissione di Renzo Arbore “Indietro Tutta”.
Erano i mitici anni 80 (super miracolo economico a spese di una super inflazione) e il nostro “bravo presentatore” comandava una ipotetica, immaginaria nave con uno sgangherato ed improbabile equipaggio composto dai vari Frassica, Luotto, Ferrini, ecc.  ……ma la più appariscente dello spettacolo era la compagnia di ballo del Cacao Meravigliao, lo “ Sponsorao della nostra trasmissao”.
Sette splendide brasilere si esibivano in una samba travolgente mentre cantavano il ritornello pubblicitario.
Le ballerine del Cacao meravigliao

All’epoca questo grande paese veniva associato nella mia mente alle voluttuose movenze di queste ballerine.  Oggi, dopo ben più di trent’anni, penso alla storia del Brasile di cui vi ho scritto la volta scorsa…..tempi che cambiano!
Divagazioni a parte, eccoci finalmente arrivati.
Dopo 13 giorni di navigazione stiamo sfilando lungo la costa sud della grande Salvador de Bahia per entrare nella sicura Baia de todos os santos.
Il marina , che ho prenotato fin da febbraio, ci ha risposto che possiamo arrivare senza problemi anche due giorni prima del previsto e metterci dove vogliamo: segno che tanto affollamento di barche non ci sarà.
E’ passato il perodo del carnevale che qui, come a Rio, costituisce una delle maggiori attrattive per il turismo……anche quello nautico.
Da qui passa la World Arc, una regata/crociera intorno al mondo organizzata per dare un’ipotetica sicurezza a chi vuole fare quest’esperienza avendo alle spalle un’organizzazione che dovrebbe dare asistenza.
Noi abbiamo fatto il primo pezzo dalle Canarie ai Caraibi nel 2014 ma, come intuivo, tutta questa assistenza io non l’ho vista a parte all’arrivo un bel pacco dono,  per altro ampiamente ripagato da  una esosa tassa d’iscrizione.
La traversata da Sant Elena è stata, tutto sommato facile.  Gli alisei ci hanno spinto debolmente proprio in poppa costringendoci a fare bordi al lasco per cui le miglia percorse sono state 2050 invece delle teoriche 1930.    Il sei per cento in più: non male.
Ogni tanto dei rinforzi di vento improvvisi, causati spesso da nuvoloni carichi di pioggia, ci costringevano a ridurre rapidamente le vele ma poi tutto tornava normale e anzi spesso sotto tono.
Le giornate sono passate tranquille con tante letture, molti sudoku, una grande attività culinaria di Eugenio (si è messo addirittura a fare il pane per sopperire alle poche cose trovate a Sant’ Elena) ed i tentativi infruttuosi di pesca.
Quattro esche, di quelle belle e costose, sono sparite in bocca a grossi pesci che hanno strappato tutto.
Ridotti all’essenziale (il solo amo) ho consigliato ad Eugenio di inventarsi un’esca con un pezzo di plastica gialla; lo avevo letto sui libri di altri navigatori.
Ha funzionato e ci siamo finalmente gustati un tonno rosso da più di 10
chili.    Il consumismo tecnologico battuto dalla nuda semplicità!
Ora Argentina sarà ferma in porto fino a fine mese quando, con il nuovo equipaggio (Mariano, Michele e Stefano) partirò per un tratto di Atlantico più difficile: la risalita verso le Azzorre contro gli Alisei che nell’emisfero Nord soffiano da nord est invece che da sud est come qui.
Intanto con Mariano, che arriverà domani, andremo a visitare il parco di Chapada Diamantina, uno dei più belli del Brasile.   Vi manderò qualche foto.
Alla prossima.
Paolo

PS. Ho dovuto disattivare i commenti su questo POST perchè si è intromesso un estraneo con commenti del tutto fuori del seminato. Renato

domenica 8 aprile 2018

7 aprile 2018 lat 15 44 sud long 20 43 ovest



QUASI A META’ STRADA VERSO IL BRASILE

L’aliseo continua a spingerci lentamente verso le coste del Sud America.
Il vento generalmente non supera i 15 nodi e quindi andando col vento quasi in poppa si cammina poco e più di 150 miglia al giorno non riusciamo a fare.
Poi ogni tanto c’è pure una perturbazione che fa salire rapidamente l’intensita del vento costringendoci a ridurre le vele per poi, magari dopo un’ora, mollare completamente ed allora obbligarci ad accendere il motore.
Una prima metà della rotta leggermente sotto tono.  Non che la cosa dispiaccia, anzi il tempo generalmente buono e la navigazione pacifica hanno pervaso il nostro spirito di tranquillità….. ben venga!..... (magari ben venga anche qualche pesce perché per ora niente).
L’arrivo è previsto fra circa una settimana a Salvador de Bahia, la città dove più di ogni altro posto in Brasile l’incontro tra Africa e Sud America ha creato una simbiosi di due culture in origine tanto diverse.
Baia di Salvador de Bahia, previsto punto di arrivo in Brasile.

E’ come se si tornasse indietro di milioni e milioni di anni quando, prima della deriva dei continenti, l’Africa e il Sud America erano attaccate proprio lungo la costa del Brasile.
Salvador, oggi capitale dello stato di Bahia, è stata fino al 1763 capitale dell’intera nazione.
I portoghesi arrivarono per primi nel 1500 un po’ più a sud a Porto Seguro, piantarono la bandiera potoghese, la croce per marcare un territorio che doveva diventare cattolico ma poi ripresero il mare verso l’Asia e l’Africa dove il commercio di spezie, avorio e diamanti garantivano un guadagno sicuro.
La leggenda vuole che un anno dopo il nostro Amerigo Vespucci sia entrato nella grande baia di Salvador il primo novembre battezzandola, ovviamente, Baia de Todos os Santos.
Ma bisogna aspettare il 1549 quando Tomè de Souza tornò, agli ordini del re del Portogallo, a Salvador per fondarvi la prima capitale del Brasile e iniziare lo sfruttamento del paese con la coltivazione della canna da zucchero.
All’inizio i portoghesi costrinsero le popolazioni locali a lavorare nei campi, poi quando non erano più sufficienti gli indigeni, iniziarono il turpe mercato degli schiavi.   E proprio Salvador fu il maggior centro dove arrivavano e venivano comprati i neri.
Per tre secoli, fino a metà dell’ottocento, deportarono dall’Africa circa tre milioni e mezzo di schiavi verso Bahia cuore economico del Brasile coloniale.
Intanto stuoli di coloni-avventurieri si spingevano sempre più ad ovest alla ricerca di nuovi terreni ed altre ricchezze tra cui l’oro, scoperto però molto più tardi.  La loro avanzata che ampliava i confini del Brasile verso occidente si fermò solo davanti alle difficoltà delle montagne e al conflitto di interessi con un'altra nazione cattolica : la Spagna che ormai era ben presente in tutta la fascia che dalla catena delle Ande arriva fino all’oceano Pacifico.
Ci vollero quattro anni di confronto, sotto l’egida di Santa Romana Eclesia, per arrivare nel 1750 con gli spagnoli al trattato di Madrid che fissava definitivamente i confini e le rispettive aree di influenza.
E così da quella data il portoghese è la lingua del solo Brasile mentre tutto il resto dell’America Latina parla spagnolo.
Tornando a Salvador c’è da ricordare come l’enorme afflusso di schiavi abbia portato al mantenimento di molte tradizioni della cultura africana e quando, in nome della “vera ed unica religione” quella cattolica (ovviamente) vennero vietate le pratiche religiose aficane, i neri si riunirono in modo catacombale per celebrare i riti del Candonblé.
Nacque, così, una religiosità che fondeva le loro divinità con i santi cattolici.
Un bell’amalgama che anche in altri campi come la musica ed il cibo crearono un arricchimento fra le due culture bianca e nera che influisce ancora oggi sulla vita e la storia brasiliana.
Se non ci sono novità ci risentiamo all'arrivo.
Paolo