Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

sabato 10 ottobre 2015

Dal Diario del Capitano: Si torna a casa


Raiatea: Argentina viene tirata in secca






















10/10/2015: Raiatea
Argentina  sale a terra e noi a casa(finalmente!) 
Per quest'anno il giro è finito. Dopo 13000 miglia (24000 km: più di meta' dell'equatore) Argentina se ne va al suo meritato riposo. In un anno di navigazione si e' comportata egregiamente: ha lavorato duro senza mai lamentarsi. Si, ha avuto bisogno di qualche cura perché c’è talmente tanta tecnologia su una qualsiasi barca che traversa gli oceani che qualche manutenzione ,quasi quotidiana, bisogna sempre farla. Comunque tutto è andato per il meglio grazie anche alla preparazione e alle innovazioni che ho apportato nell'anno di lavoro precedente la partenza da Fiumicino.  A proposito voglio ringraziare il cantiere Tecnomar che mi ha supportato e sopportato (vista la mia pignoleria) nella realizzazione della messa a punto della barca. Un grazie anche al velaio Giorgio Scarpa che ha fornito le nuove vele per una navigazione così lunga.  Insomma una bellissima esperienza con ben 30 persone che asi sono avvicendate nelle cuccette di Argentina: chi più esperto chi invece solo come passeggero, ma tutti  animati dalla voglia di girovagare per nuovi posti legati dal mito della scoperta dei mari del sud.   Certo non e' più come  quando,fino a 30 anni fa, non esistendo internet che oggi ti permette di vedere il viaggio in anteprima comodamente seduto e sopratutto essendoci molto meno barche in giro, ti sembrava davvero di essere uno dei pochissimi fortunati a scoprire un mondo remoto.  Per me una delle componenti importanti dell'avventura è sempre stata la possibilità di scoprire qualcosa che non leggi da nessuna parte e sopratutto che non vedi in anteprima su google heart. Sarò un troglodita ma ormai la possibilità di essere sempre connesso via internet e via telefono ha creato anche una dipendenza nelle relazioni con i familiari e gli amici a cui se, volontariamente, ti sottrai vieni spesso indicato come un asociale.   Ricordo con nostalgia (ma sono cosciente che è una cosa da vecchi) quando partivo per le scalate in montagna e non essendoci ancora i telefonini si chiamava solo quando si scendeva a valle dal rifugio; mia madre o la ragazza non erano così ansiose come sono diventate oggi le persone che più di una volta al giorno devono assolutamente sapere dove sta, come sta, cosa fa, con chi sta il proprio figlio, moglie o marito, amante...ecc.ecc.. L'avventura, per essere tale, ha bisogno anche di un  distacco fisico dalle persone e le cose di tutti i giorni a meno di non viverla insieme ad una persona che condivide il tuo stesso modo di pensare. Dopo questo personale fervorino torniamo ad Argentina. L'anno prossimo, a fine aprile, la barca tornerà in acqua per navigare fino alla Nuova Zelanda: una distanza di 3000 miglia, molto più breve di quella appena percorsa. Infatti,in genere tutte le barche che fanno il giro del mondo dopo la Polinesia  raggiungono nello stesso anno la Nuova Zelanda.  Invece per permettere ad Enrico di visitare meglio queste isole (lui sta in barca due mesi si e due no) la rotta finisce per quest'anno a Raiatea.  L'anno prossimo la rotta passerà per le isole Cook, Niue, le Tonga con brevi navigazioni a cui spero partecipi anche Rita ormai abituata anche ad una settimana senza vedere terra (da Panama alle Galapagos).  Il diario si chiude qui e riprenderà a fine aprile 2016 spero con molte più foto. Per ora grazie per averci seguito e arrivederci, per i marinai e gli equipaggi di Argentina, al tradizionale Argentina party del 15 novembre.
Paolo

Argentina Alata

08/10/2015: Raiatea
E' mezzogiorno, siamo tutti in attesa che dal "carenage", cioè dal cantiere dove vengono tenute in secca le barche, ci chiamino alla radio per darci il via e avvicinarci per "alare a terra" anche Argentina per sei mesi, e profittarne per un salutare chek up, dopo un viaggio di anno da Fiumicino, nel mar Tirreno, a Raiatea, in mezzo all'oceano Pacifico. Argentina è stata completamente spogliata: cordame tolto e appeso al boma. Vele ammainate, piegate e impacchettate nella dinette sotto coperta. Portate a terra le vivande avanzate, soprattutto pasta e scatolame. Sarà il comandante a fare un bilancio tecnico di questa prima tappa del lungo viaggio intorno al mondo, nel diario di bordo. Io vorrei tentare di farne uno umano, a nome dei 30 amici di Argentina che sono saliti a bordo in questi dodici mesi, chi per traversare l'Atlantico e dopo il Pacifico (e sono i più bravi), e chi come noi si è alternato mese dopo mese nei punti di sosta di Argentina,le Canarie,i Caraibi, le San Blas, Panama, Las Perlas, le Galapagos, le isole Marchesi, poi l'arcipelago delle Tuamotu e infine le isole della Società, Thaiti in testa, per condividere un tratto della rotta con Paolo ed Enrico, i due viaggiatori. Attraverso il blog di Argentina curato da Edoardo Scotto, tutti coloro che hanno seguito da terra le varie tappe del viaggio, sono riusciti ad avere un idea delle bellissime sensazioni provate dai 30 naviganti, grazie ai loro racconti, in posti diversi, ma sempre ugualmente incantevoli. Avendo avuto la fortuna di far parte dell'ultimo equipaggio prima dello stop temporaneo del viaggio, ho potuto apprezzare di persona lo spirito in cui stanno vivendo questa esperienza affascinante i due navigatori, Paolo a tempo pieno ed Enrico a fasi alterne, perché ancora impegnato con il suo lavoro.Mi hanno insegnato, e credo di poter tranquillamente dire a nome di tutti, Ci hanno insegnato cosa vuol dire l'amore per il mare, con i suoi tempi morti e le emergenze improvvise, il cielo pieno di stelle luminose o di nuvole nere, la pioggia battente o il sole bollente, l'alba e il tramonto con le loro sfumature di colore, i turni massacranti di notte, per tenere sotto controllo la rotta della barca.
Insomma non c'è solo il gusto dell'impresa nel loro giro del mondo, ma la voglia di mettere alla prova questo loro amore e di coinvolgere in questa loro avventura quanti più amici possibile. E io sono felice di essere stato fra di loro. Per questo li ringrazio e mi permetto di farlo a nome di tutti. Arrivederci ad aprile, quando Argentina tornerà in mare.
Piero

L'ultima traversata

06/10/2015:Raiatea
Lasciare Bora Bora nell'unico giorno in cui il tempo e' bello, fa un po' di rabbia, non lo nascondiamo, ma ormai e' cominciato il conto alla rovescia e non si può più modificare il programma. Fra due giorni bisogna lasciare Argentina nel cantiere e le operazioni da fare prima, sono tante e complesse. Per cui godiamoci questa ultima traversata, dice filosofico Enrico, anche se dovremo andare contro vento, quindi di bolina, con la barca completamente inclinata. E' un'andatura che in genere non piace molto agli ospiti della barca perché si deve restare inchiodati alla panca nel pozzetto, senza potersi muovere pena un ruzzolone dentro la barca. Confesso di essere tra i pochi che invece ama questo tipo di navigazione perché la trovo entusiasmante. Tutto fila liscio per quattro ore, ma a cinque miglia da Raiatea il vento comincia a cambiare continuamente direzione e intensità. Inutilmente Enrico cerca di intercettarlo con virate a destra e a sinistra. Alla fine si decide di proseguire a motore, anche se la soluzione non esalta i due guidatori di Argentina, perché avrebbero voluto concludere l'ultima tappa di questa prima parte del loro giro del mondo con le vele spiegate. Raiatea non è solo la sede del cantiere che ospiterà Argentina fino al ritorno di Paolo e Enrico, fra sei mesi: e' anche l'isola che ospita la città più grande della Polinesia francese dopo Papeete ed è considerata da molti il centro spirituale del Triangolo Polinesiano. L'entroterra e' montuoso e soprattutto a Paolo fa venire voglia di mettere gli scarponi e partire alla ricerca di panorami ventosi, cascate, giungle incontaminate e di uno dei fiori piu' rari al mondo, il "tiare apethai". Nonostante vari tentativi non riesce ad attecchire in nessun altra isola: la sua particolare caratteristica e' che i petali si chiudono di notte e si aprono all'alba con un leggero schiocco. Chissà se ci sarà il tempo per fare almeno una escursione tra un lavoro e l'altro a bordo di Argentina. Vedremo. Intanto stasera sono state ammainate e impacchettate le vele, sul molo di Uturoa, la capitale dell'isola. Quindi da domani ci si potrà muovere solo via terra, per scoprire le bellezze dell'isola. Anche Gianni e' arrivato con Vella a Raiatea, in aereo pero', e ha fatto subito visita all'ospedale per capire meglio i danni subiti dal ginocchio nella caduta dalla bici. La visita e' stata molto accurata. Per fortuna si tratterebbe solo di un grosso ematoma senza strappi ai legamenti, ma dovrà tenere ancora la gamba bloccata per altri giorni. Speriamo riesca almeno a salire su una macchina per godersi con noi gli ultimi giorni di vacanza, se non dal mare almeno da terra.
Piero

lunedì 5 ottobre 2015

Un finale imprevisto

04/10/2015: Bora Bora 
La faccia dubbiosa del medico del pronto soccorso non lascia presagire nulla di buono: e' venerdì sera, il 2 ottobre, e dopo la caduta dalla bici, un'ambulanza ha accompagnato Gianni nel centro medico dell'isola per un controllo al ginocchio. Il dottore glielo tasta più volte e alla fine esprime la sua diagnosi. Potrebbe esserci uno strappo dei legamenti interni, meglio bloccare la gamba per qualche giorno e farsi visitare da un ortopedico a Raiatea: in quell'isola c'e' un ospedale, sono più attrezzati di noi qui a Bora Bora, suggerisce il dottore. Già ma come arrivare a Raiatea? Certamente non in barca. L'unica è prendere l'aereo che collega le due isole. Ma non subito, la gamba deve restare ferma per un po’: si partirà domani, lunedì 5 ottobre. Vella accompagnerà Gianni, la barca con Paolo, me ed Enrico rientrerà a Raiatea invece dopodomani per aspettare condizioni meteo più favorevoli. Nel frattempo Gianni si sistema in un bungalow in riva al mare, e Argentina si sposta nella baia in cui si affaccia l'hotel. Così l'infermo sarà a portata di gommone e avrà tutte le attenzioni dovute. Non potendo muoversi, ci sarà il tempo per dedicare tutte le attenzioni dovute anche a un altro membro del precedente equipaggio di Argentina, la serafica Lucia, che lasciando la barca 15 giorni fa, ha perso una preziosa perla polinesiana che teneva attaccata al collo. E' come cercare   ago in un pagliaio, ma Paolo, Vella e il sottoscritto cominciano una metodica e minuziosa ricerca in ogni angolo della barca. Ricerca per ora purtroppo infruttuosa, ma noi non molliamo. Gli amici, come si dice, si vedono nel momento del bisogno... Tanto, fuori della barca piove e le nuvole non accennano ad andarsene. Gianni nel suo bungalow si è piazzato davanti a un televisore e divora documentari e news in francese: così rinfresco la mia conoscenza della lingua, commenta. Vella gli porta pranzo e cena e tiene sotto controllo la gamba. Poi ne profitta per collegarsi con figli e parenti, attraverso internet. L'albergo offre il wi-fi gratuito. Resta per me l'interrogativo sul motivo per cui Bora Bora è l'isola più famosa dell'arcipelago polinesiano, anche perché finora non mi sembra affatto meritare tutta questa fama. Si certo, la laguna che circonda l'isola è piena di fondali interessanti, il colore del mare è pieno di sfumature, ma è così anche nelle lagune che circondano le altre isole polinesiane; la spiaggia coperta di sabbia bianca è  bella e spaziosa, ma ce ne è solo una a differenza di altre isole; i marae, i monumenti sacri, sono pochi e malandati; i motu, gli isolotti lungo la barriera corallina, sono pieni di bungalow che si protendono nel mare, come sulla costa: sono la meta preferita di tante coppie di giovani sposi in viaggio di nozze, provenienti da tutto il mondo. 
Sarà questo forse il motivo che rende Bora Bora così famosa?

Piero

sabato 3 ottobre 2015

Che delizia la vita in barca

01/10/2015: Bora Bora
Pensavamo di andare direttamente da Taha'a a Bora Bora, ma al momento di partire per l'isola più famosa dell'arcipelago (scopriremo poi il perché), il comandante ci ha gelato: "prima, debbo fare un salto a Raiatea". Enrico e Paolo lasceranno li' la barca, quando fra dieci giorni rientreranno in Italia per qualche mese e vogliono sincerarsi che tutto sia a posto nel cantiere dove Argentina verrà "alata a secco", cioè tirata a terra, per chi non é padrone del linguaggio marinaro. La giornata del 29 dunque se ne va tutta per il sopralluogo al cantiere. Ne profittiamo per informarci sulle condizioni meteo: il mare é un po' agitato e il vento arriva da sud est. Noi dobbiamo andare verso nord ovest, quindi la barca verrà spinta da dietro.Tradotto, andremo ad una andatura di lasco, meno impegnativa di quella di bolina. Partiamo il 30 mattina e le previsioni si rivelano esatte: la barca vola sull'acqua, ma un rollio continuo accompagnerà il nostro viaggio verso Bora Bora, perché le onde arrivano da sud ovest, cioè dal lato sinistro della barca. Entriamo nella laguna che circonda l'isola dopo tre ore e mezzo di navigazione e finalmente il rollio finisce. Nuvole che non annunciano niente di buono, coprono la cima del monte Pahia, un grande blocco di basalto ammantato dalla foresta pluviale, posto al centro dell'isola. Quando il tempo é bello, é visibile da molto lontano e rende subito riconoscibile Bora Bora per il suo caratteristico profilo. é l'ora di pranzo: Enrico suggerisce di mangiare in coperta, al riparo del tendalino, ma arriva la pioggia e Vella se la prende tutta, perché è seduta nell'unico angolo non riparato. Delizie della vita in barca, dove bisogna fare attenzione a ogni dettaglio per non finire con il mandare qualche accidente al dio del mare. Diciamoci la verità: fra coloro che hanno vissuto per poco o tanto tempo su Argentina, chi non ha mai dato una "capocciata" alla sbarra che sta sopra l'ingresso nella dinette? oppure una botta al ginocchio quando si scende lungo la ripida scaletta per andare sottocoperta? o un'incornata del piede al pedalino dell'acqua sotto il lavello in cucina? E mi fermo qui per non disamorare chi vuole seguire Paolo ed Enrico nelle prossime tappe del loro entusiasmante giro del mondo. Naturalmente scherzo,pero'... Il pomeriggio del 30 passa per fare la spesa e visitare il paese davanti al quale é ormeggiata Argentina. Visto che il tempo non accenna a migliorare decidiamo per il giorno dopo, il 1 ottobre, di esplorare l'isola da terra, con una bicicletta, sulla strada che corre lungo la costa. Ci danno in affitto degli esemplari un po' antiquati, senza freni al manubrio. Per frenare bisogna spingere indietro i pedali. Operazione complicata, che costa presto una scivolata a Gianni, con relativa escoriazione al ginocchio e al gomito. Niente di grave, ma la gita viene interrotta e sono costretto a rimandare la ricerca del motivo per cui quest'isola é diventata la più famosa dell'arcipelago polinesiano. Se ne riparla al prossimo appuntamento.

Piero

Alla ricerca della manta perduta

28/09/2015: Raiatea Taha'a
Per dare un senso al titolo di questo capitolo del diario di bordo, bisogna fare un passo indietro e partire da domenica mattina, il 27 settembre, quando dopo aver fatto la spesa per rifornire la cambusa, e aspedito foto a parenti e amici via internet per mostrare le immagini più belle di Huahine, si parte per Taha'a,la terza tappa del nostro viaggio fra le Isole della Società. Nell'ultimo snorkelling prima di levare l'ancora, tra un corallo e l'altro, avevamo intravisto alcune razze ferme sul fondo marino, con la loro lunga coda, Meglio non avvicinarsi, suggerisce Paolo, perché quando si arrabbiano la usano come una frusta per cacciare gli intrusi. Domani invece sarà diverso, a Taha'a incontreremo le mante, molto più grosse ma molto più innocue, conclude il "comandante". Domenica mattina dunque, lasciamo Huahine con la curiosità di vedere da vicino questi bestioni che girano con la enorme bocca spalancata per catturare il plancton di cui si nutrono. Cinque ore di navigazione, da est a ovest, quasi tutte di bolina perché si va controvento. E’ l'andatura più scomoda per chi é a bordo, ma anche quella più affascinante, con la barca inclinata di 20/25 gradi e continue virate per arrivare alla "passe", il punto in cui é possibile superare la barriera corallina ed entrare nella laguna che circonda l'isola. Per fortuna il mare é tranquillo. Arriviamo nella baia di Haamene nel primo pomeriggio di domenica e gettiamo l'ancora davanti a un' isoletta, il motu Mahae. é privato ma Enrico, Vella ed io, decidiamo di andare ugualmente a visitarlo: con 500 franchi polinesiani, cioè 4 euro a testa, ci fanno ormeggiare il gommone e ci danno anche tre sdraio per goderci il panorama della vicina barriera corallina. Il terreno sabbioso é molto curato, c'é un'area attrezzata per cucinare alla griglia il pesce e persino una rete per giocare a pallavolo. Bisogna solo stare attenti a che non ti cada in testa un cocco quando si stacca dalla cima di una delle tante palme sparse sull'isoletta. La sera la cuoca di bordo ha preparato un ottimo arrosto, condito da verdura mista ripassata in padella: dopo cena controlliamo sulle carte nautiche il modo migliore per arrivare al punto in cui si troverebbero le mante, secondo il portolano. Non sarà facile perché all'interno della laguna c'é poco fondo e si va molto adagio, ma con l'aiuto degli strumenti di bordo, la mattina di lunedì arriviamo sul posto, dopo aver fatto un breve salto a terra nel paesino di Patio per rifornirci di pane, latte e verdura fresca. Il luogo indicato dal portolano si trova fra la punta meridionale del motu Tehotu e la costa dell'isola, cinque miglia oltre il paese. Siamo vicini alla barriera corallina, sul bordo di un salto di roccia: l'acqua della laguna passa nel giro di poco spazio da quindici/venti metri di profondità a due/tre. A segnalare la differenza c'é il colore del mare, da blu scuro a verde chiaro. Dopo alcuni tentativi, Paolo ed Enrico riescono a trovare il punto giusto in cui gettare l'ancora, senza rischiare di sbattere con la chiglia contro qualche corallo. Finalmente ci si può tuffare, con maschera e pinne, alla ricerca della manta, ma nessuno riesce a individuarla. Enrico, Gianni e Piero, dopo una breve pausa per mangiare qualcosa, vanno con il gommone sul motu, che si trova poco distante dalla barca. Hanno visto un motoscafo fermo davanti a una capanna. Forse c'é qualcuno in grado di dare qualche "dritta" per trovare le mante, ma quando arrivano restano spiazzati: non c'é nessuna manta da queste parti, mai vista, dice un gentile polinesiano, che vive su questo isolotto insieme alla moglie. Si torna su Argentina per riferire la ferale notizia, ma Paolo non si rassegna e torna a tuffarsi per esplorare il fondo marino alla ricerca della manta perduta. Niente da fare e alla fine si torna a ormeggiare Argentina davanti a Patio. Resta il dubbio: chi ha detto la verità, il portolano o il polinesiano che vive sul motu? Meglio pensare a organizzare il programma di domani. Si potrebbe visitare una piantagione di vaniglia e un allevamento di perle. Sono il vanto dell'isola. In fondo c'é sempre tempo per cercare la "manta perduta" da qualche altra parte.

Piero

Alla ricerca della spiaggia più bella

26/09/2015: Huahine
Ci sono voluti due interi giorni, ieri e oggi, per arrivare a una valutazione condivisa, dopo una attenta esplorazione della costa a bordo di Argentina, alternata a tuffi con maschera e pinne, per osservare il fondo marino, quello che gli inglesi e ormai tutto il mondo chiamano snorkelling. La spiaggia designata come la migliore in assoluto dall'equipaggio, e' quella di Hana Iti, sulla parte più piccola dell'isola. Una cala da fiaba, lambita da acque color lapislazzolo, orlata da una distesa sabbiosa bianca, incorniciata da alture lussureggianti, con una fila di palme protese sulla riva. Fatto non comune, anche Enrico si e' trovato d'accordo con Paolo, a conferma del fascino particolare di questa spiaggia. Non e' raggiungibile da terra e per questo e' ancora più bella. Quando siamo scesi dal gommone, sulla spiaggia c'era solo un polinesiano di mezza età ad accoglierci, arrivato con la sua piroga e un sacco pieno di collane di semi rossi da offrire ai visitatori al modico prezzo di mille franchi locali, equivalenti a otto euro. Vella e Gianni lo hanno fatto felice, comprandone due. La spiaggia si trova sul lato destro della baia di Bourayne, che insieme alla prospicente baia di Maroe divide in due segmenti l'isola. Le due baie formano come una clessidra: al punto di congiunzione c'e' un ponte. All'ingresso dei due golfi, al centro, ci sono due isolotti, qui li chiamano "motu". Ce ne sono tanti, circondano Huahine come piccoli satelliti, nel tratto di mare compreso tra l'isola e la barriera corallina. Intorno a questi "motu" si concentrano gli amanti dello snorkelling perché sono i punti in cui e' più ricca la flora e la fauna sottomarina, la prima costituita prevalentemente da coralli multiformi e la seconda da pesci di tutte le grandezze e di tutti i colori. Anche squali, che da queste parti non sono aggressivi e ti lasciano in pace a osservarli. Finora non ci e' capitato di incontrarli, ma prima o poi succederà e vedremo quale sarà la reazione: la nostra ovviamente, non la loro... Altre spiagge molto belle si trovano  vicino alla punta meridionale di Huahine Iti, nella baia di Avea, dove ci siamo fermati a dormire una notte, e appena superata la punta, dall'altra parte, di fronte ad uno dei tanti monumenti sacri dell'isola, un "marae", in questo caso dedicato al dio della guerra, 'Oro. Ma lì ci si arriva solo a piedi perché la barriera corallina e' molto vicina alla riva e l'acqua e' così bassa da non consentire nemmeno il passaggio a un gommone. Conclusione: la parte più piccola dell'isola, Huahine Iti, batte decisamente quella più grande, Huahine Nui, ma messi insieme i due segmenti, diventa difficile stabilire quale altra isola dell'arcipelago polinesiano è più bella di questa. Vedremo a partire da domani, quando ci sposteremo per la prossima tappa di questo nostro fantastico viaggio a bordo di Argentina. L'unica cosa che non rimpiangeremo sarà il canto del gallo. Il problema è che mentre, come dice il proverbio, troppi galli a cantare non fanno mai giorno, qui invece il giorno arriva e quelli continuano a centinaia a cantare, deliziando le tue orecchie.


Piero

Alla scoperta dell'origine del nome

23/09/2015: Huahine
Il dibattito è durato tutto il tempo della colazione: esplorare Huahine in bicicletta o a bordo di una utilitaria? C'è una strada asfaltata che costeggia tutta l'isola e collega attraverso un ponte, le due parti Huahine nui,la più grande e Huahine iti,la più piccola. Alla fine Enrico decide di andare con la sua bici da crociera e Paolo, in macchina, con i tre membri dell'equipaggio, che si uniscono (molto volentieri per la verità), al comandante di turno in questo periodo del giro di Argentina intorno al mondo. Affittiamo la macchina nel villaggio di Fare, descritto nelle guide come”"tipico porto sonnolento dei mari del sud". In realtà è un piccolo ma efficente centro amministrativo dotato di tutti i servizi fondamentali, dalla posta alla farmacia, dall'agenzia di viaggi all'aeroporto, ma soprattutto con un gigantesco supermercato, che non fa mancare niente ai diecimila abitanti sparsi fra le due parti dell'isola. Effetti della colonizzazione francese, anche se nella seconda metà dell'800 furono numerosi gli scontri, prima che il dominio di Parigi venisse accettato. I polinesiani avevano abitato l'isola per migliaia di anni prima dell'arrivo dei "popaa", come i locali chiamano gli europei, e non erano molto contenti di sottomettersi al loro potere. Scavi archeologici fatti nel villaggio di Maeva, a 7 km da Fare, hanno portato alla luce tracce dei più antichi insediamenti dell'isola. Li visitiamo per saperne di più: Maeva era la sede del potere reale prima che arrivasse dal Vecchio Continente l'esploratore inglese James Cook, nel 1769. Per questo ci sono tante "marae", piattaforme sacre, lastricate di basalto e corallo, dedicate agli Dei polinesiani dai nobili di corte. Accanto, una "casa aperta" tradizionale, ricostruita esattamente come era e dove era, nel XVI secolo, con un enorme tetto di paglia sostenuto da una struttura di legno. Poco più avanti, nella laguna che fiancheggia la strada, si trovano diverse trappole per pesci, fatte con le pietre, a forma di V. Ci fermiamo ad osservarle. Si trovano qui da secoli e alcune sono ancora in uso. La punta della V è rivolta verso l'oceano mentre i lunghi bracci di pietra si aprono verso terra. Quando con la bassa marea i bracci di pietra affiorano dall'acqua, i pesci restano intrappolati nel bacino che si forma all'interno della V. Ripartiamo e dopo pochi km la strada costiera piega verso l'entroterra per raggiungere un punto panoramico spettacolare sulle pendici di un monte. Da lì, sotto l'altro versante, si può ammirare una grande baia, e la mente a quel punto si illumina: ecco perché gli abitanti hanno chiamato la loro isola in quel modo curioso! La baia si insinua fra le due parti di Huahine dando loro una conformazione particolare che ricorda, anche se con molta fantasia, l'organo sessuale femminile. Nel villaggio di Maroe, ai bordi della baia, sarebbero evidenti i segni lasciati dalla pagaia del dio Hiro, protettore dei ladri e dei marinai, che secondo la leggenda divise l'isola in due. Ma con tutta la buona volontà non siamo riusciti a trovarli. Abbiamo invece incontrato Enrico seduto in un bar a gustarsi un gelato di cocco e per non lasciarlo solo ci siamo uniti a lui. Proseguendo nell'esplorazione della parte più piccola di Huahine, sulla punta meridionale scopriamo un altro marae, molto più grande, il marae Anini. Era il luogo sacro costruito dalla comunità in onore di 'Oro, il dio della guerra. Ma ciò che ci colpisce di più sono le spiagge incantevoli che si trovano lungo la baia di Avea. Arrivati sulla punta estrema di Huahine iti la strada svolta e torna al ponte che congiunge le due parti dell'isola: completiamo in breve il circuito fra una vegetazione lussureggiante, riportando dopo otto ore la macchina all'autonoleggiatrice di Fare. C'è appena tempo per un bagno ristoratore e poi cena a base di spaghetti all'amatriciana, preceduta da altro animato dibattito su cipolla si, cipolla no nel sugo, per stabilire quale è la vera ricetta doc di questo piatto. Alla fine prevale la cipolla si, ma la spaccatura fra i due punti di vista resta profonda. Per oggi basta. Domani si parte per l'esplorazione di Huahine dal mare, alla ricerca della spiaggia più bella dell'isola. è nella parte grande o in quella piccola?

Un battesimo del fuoco, anzi dell'acqua

22/09/2015: Huahine
"Quanto ci vorrà per arrivare a Huahine?" chiedo con aria fintamente disinteressata. E' l'ora di pranzo del 21 settembre, siamo appena tornati da una breve escursione a terra nell'isola di Mo'orea, per arrivare in fondo alla baia d'Opunohu, dove è ormeggiata Argentina e dove nel 1984, hanno girato alcune scene del film sull'ammutinamento del Bounty, e stiamo per "azzannare" un piatto di spaghetti al tonno. "Ma - risponde pensieroso Paolo - ci sono 85 miglia da fare, le previsioni meteo dicono che non ci sarà un vento molto forte, meglio viaggiare di notte". Guardo con un sorriso Gianni: questo viaggio è il suo battesimo del fuoco, anzi dell'acqua, e non si aspettava di dover affrontare subito la prima notte di navigazione su una barca. Paolo lo rassicura: "dovremmo farcela in 12, 14 ore al massimo se il vento ci assisterà". Alle sei del pomeriggio, dopo un bagno ristoratore con maschera e pinne per osservare il variopinto mondo sottomarino, lasciamo Mo'orea, con le vele spiegate. E' l'ora del tramonto, uno spettacolo da togliere il fiato. Le fotografie si sprecano. Vella ha preparato per cena uova sode e patate lesse, così evita di dover scendere sottocoperta per cucinare durante la navigazione. Un modo per evitare il mal di mare. Poi si sistema con un cuscino dietro la testa, appoggiata allo schienale della panca, nel pozzetto all'aria aperta, a scrutare le stelle alla ricerca della croce del sud. Gianni resta seduto imperterrito di fronte a lei, convinto di farcela a resistere al mal di mare senza particolari accorgimenti; io saluto tutti e vado a stendermi sul letto in cabina, a scopo preventivo. Alle otto di sera, dopo aver mangiato, Paolo ed Enrico stabiliscono i turni di guardia al timone per evitare che vada fuori rotta. Comincia Enrico: andrà avanti fino a mezzanotte, poi Paolo fino alle 4 del mattino e di nuovo Enrico fino alle sei, quando si conta di essere tutti svegli, ormai in vista di Huahine. Ma il vento comincia a fare subito i capricci: è ballerino, non viene sempre dalla stessa direzione e per giunta l'onda, mano a mano che entriamo in mare aperto, diventa sempre più alta. Il timone automatico segue il vento e perde spesso la rotta. Noi dobbiamo andare verso nord ovest e finché il vento arriva di traverso, da est o nord est, va bene ma quando arriva da sud est, cioè da dietro la barca, allora sono guai. Per mantenere la rotta bisogna andare avanti a zig zag e i tempi si allungano. Gianni, verso l'una e mezzo di notte, alza bandiera bianca e lascia Paolo da solo a fare la guardia. Va in cabina a cercare di dormire, ma poco dopo si sente uno strano rumore: il timone automatico non funziona più e Paolo deve intervenire. Si è rotto un bullone ma il capitano trova il modo di rimettere in sesto la baracca con uno dei suoi proverbiali miracoli. Si riparte, ma il vento comincia a calare e si va avanti a rilento. Unico vantaggio, cala anche di intensità l'onda, ma i tempi si allungano sempre di più. Verso le cinque del mattino, salgo nel pozzetto per un appuntamento che non voglio perdere: l'alba. E quando mi ricapiterà più di assistere a uno spettacolo simile, in mezzo ad un oceano, mi sono detto. Tutti gli altri dormono, tranne Enrico ovviamente, che sta facendo il suo turno di guardia. Con l'arrivo della luce si intravede in lontananza l'isola dove siamo diretti, ma Enrico mi gela: ci vorranno almeno altre sei ore se non di più, per arrivare. La notte insomma non basta, occorrerà tutta la mattinata successiva, a causa del vento ballerino e per giunta diventato anche troppo leggero. Bevo un caffè e torno a stendermi in cabina, con la soddisfazione di essere stato l'unico dell'equipaggio a godermi l'alba sull'Oceano Pacifico.
Alle otto, torno nel pozzetto e trovo tutti lì che aspettano un ordine dello skipper, quello di accendere il motore: il vento ormai è diventato un refolo e la randa svolazza senza riuscire a raccogliere neanche quello. Finalmente alle dieci, l'ordine arriva e alle tredici, dopo 19 ore di navigazione, riusciamo a farcela: l'ancora viene calata in una baia incantevole, nell'isola di Huahine, la nostra seconda tappa del tour polinesiano. Nella lingua locale Huahine significa "il sesso delle donne". Sono proprio curioso di sapere perché gli abitanti hanno chiamato la loro isola proprio così, ma questo lo scopriremo la prossima volta.

Piero