Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

martedì 22 settembre 2015

Rotta verso la "Lucertola gialla"

20/09/2015: Moorea
Bonsoir madame! Gianni, con aria galante, saluta così la poliziotta della dogana appena atterrati a Papeete. La poliziotta lo guarda stupita e lo corregge sorridendo: bonjour monsieur! pas bonsoir...

Tradotto: ma che buonanotte signore! Sono le sei del mattino... Effetti del jet leg. 

E' buio, il sole ancora non è uscito ma per noi che veniamo da Roma è come se fosse appena tramontato, perché ci sono dodici ore di differenza fra l'Italia e la Polinesia francese. Per giunta si scivola indietro nel tempo perché ci siamo spostati verso ovest: siamo partiti giovedì mattina, 17 settembre, e anche se abbiamo volato per trenta ore, quando arriviamo è venerdì mattina, 18 settembre. Ecco spiegata la divertente gaffe di Gianni. Ma a parte questa confusione mentale, il jet leg non fa alcun altro effetto su di lui: è pimpante e caricato come una molla, al contrario della sorella che invece è completamente rintronata dalla differenza di fuso orario. Per fortuna su Argentina ci accolgono con molta comprensione e la partenza per la nostra prima tappa, Moorea è rimandata a domenica. Sabato c'e' una gita in programma al Lavatube, un tunnel scavato nella roccia dalla lava vulcanica, sulle pendici di una delle montagne di Tahiti, con Salvatore e Lucia, mentre Enrico si farà una delle sue immersioni che gli piacciono tanto, nella Vallee blanche. Cosi' Vella avrà tempo per riprendersi. Gianni non ha dubbi: vengo anche io al Lavatube. La mattina di sabato, alle sei e mezzo, tutti si svegliano per andare alle rispettive destinazioni. Enrico, con la sua tuta da sub, Paolo, Salvatore Lucia e Gianni con la torcia frontale. Vella resta invece a dormire, Piero penserà a custodire la barca. Ma il tubo scavato dalla lava è pieno d'acqua a causa della pioggia caduta per tutta la notte e la gita salta. I prodi speleologi tornano alla base navale e tutto finisce in gloria. Per compensare la delusione, la sera si va a cena fuori,anche perché Salvatore e Lucia partono per l'Italia e devono correre in aeroporto a fare il check in per non finire in posti poco gradevoli.
Domenica mattina finalmente si levano gli ormeggi ma prima, Paolo sale in cima all'albero per riparare una luce che si e' spenta e non si riaccende più. E'uno spettacolo vederlo appeso a una corda ad altezze vertiginose mentre armeggia con brugole e nastro adesivo. Intanto Enrico ripiega la sua bici da barca. Finalmente, alle 11:30 Argentina fa rotta verso Moorea. Su questa bellissima isola chi ha letto i diari precedenti sa tutto perché e' una tappa obbligata verso altri lidi, tranne l'origine del nome: Moorea significa "lucertola gialla" e deriverebbe dal nome di una delle famiglie che la governarono, mentre secondo altri il toponimo si riferisce a un'immagine apparsa a un sacerdote durante una sua visita sull'isola. Sta di fatto che qualunque sia l'origine del nome, questa isola è affascinante per la sua natura quasi dolomitica e per le spiagge pronte ad accogliere i naviganti come noi o i turisti che si fermano per qualche giorno nei bungalow sistemati lungo la strada che circonda l'isola. Durante la stagione invernale gli ottomila abitanti della "lucertola gialla" si dedicano alla coltivazione dell'ananas. Sono quelli che ne producono di più in tutta la Polinesia. Dopo Moorea, nel nostro caso, il tour prevede una sosta alle isole di Hauhine, poi Bora Bora, Tahaa e infine Raiatea, insomma il meglio del meglio delle Isole Sottovento, nel più ampio l'arcipelago delle Società.
Unica delusione di una giornata stupenda dopo tre ore di navigazione di bolina e al traverso,non aver avvistato neanche una balena. Ci siamo rifatti con un ottimo tonno in padella per cena, cucinato da Vella che ormai ha brillantemente superato i danni della differenza di fuso orario.
Piero 

Ultimo giorno per Salvatore e Lucia in compagnia di Herve' il Marchesiano

19/09/2015: Tahiti
Ieri sono arrivati da Roma Piero Badaloni e sua moglie Vella con il di lei fratello Gianni Storchi, da noi conosciuti oltre 50 anni fa in Val di Fassa e che ogni tanto ritroviamo grazie al ruolo centrale del Capitano Paolo, anima e corpo di questo viaggio. Dopo qualche difficoltà iniziale da Jet Lag ormai stanno ambientandosi tutti. Oggi per me e Lucia era l'ultimo giorno, e volevamo metterlo a frutto visitando i Lavatube, dei grandi condotti, come dei tubi naturali alti una decina di metri, creati dalla lava ed ora vuoti. Con noi c'erano Paolo e Gianni, Piero e Vella volendo recuperare le forze. Purtroppo la violenta pioggia che incontriamo salendo ai 600 m di altitudine (dove si trova l'imbocco dei Lavatube) li riempie talmente d'acqua da renderli impraticabili. Saliamo comunque fino all'imbocco e vediamo questo tumultuoso torrente uscire dal "tubo". Dopodiché la nostra guida, il Marchesiano Herve', 52enne padre della nostra guida nella gita di Canyoning dell'altro ieri, Ha Nui, ci intrattiene  per una mezz'oretta sulle tradizioni polinesiane.
Per riferire e commentare quanto ci ha detto servirebbero forse due post separati. Non ha fatto scuole e non sa scrivere, ma conosce bene il suo mare e la sua terra. E' andato in Cina con altri polinesiani, su una piroga a vela con bilanciere e senza bussola o sestante, lasciamo stare il Gps! Ne è giustamente molto orgoglioso, e lo considera un tributo ai suoi antenati, che hanno lasciato le loro isole lontane per finire qui, e tanti sono morti in mare. Come per noi nel mito di Atlantide, per loro c'era un'isola in mezzo al mare che è sprofondata, costringendo i suoi abitanti a scappare con le loro piroghe; solo pochi ce l'hanno fatta... Dice che la nonna gli ha insegnato tre principi nei rapporti con gli altri e la natura: Rispetto, Umiltà e Pace. Difficile dissentire, ma anche attuare davvero questi sani principi. E' molto attaccato alle tradizioni locali, ce l'ha con i francesi e vieta di parlare francese in casa sua; personaggio folcloristico, mescola bizzarramente incredibili leggende e fatti reali, ma è comunque una persona molto interessante, che tiene anche dei "Campi Natura", dove invita le scuole per mantenere le tradizioni polinesiane; credo anche che aiuti le famiglie locali nei rapporti con i figli "difficili". 
Per noi la lunga vacanza finisce dunque. Stasera a mezzanotte ce ne andremo da questo strano angolo di mondo. Lasciamo i nostri amici qui, dove la gente pare vivere davvero senza troppo pensare al domani e in semplicità. La cortesia dei polinesiani è esemplare, e certo è stata sfruttata da noi europei quando siamo venuti qui a fine '700 per portare, così dicevamo, il vero Vangelo... e tante altre cosine, inclusi gli esperimenti atomici che fino a poco tempo fa la Francia ha tranquillamente fatto qui, a Mururoa, cacciando la gente dalle povere case.
Addio dunque alla Polinesia, landa esotica dove vivono strani guidatori che inchiodano se solo ti vedono vicino alle strisce pedonali, dove forse, ma forse, intenderesti attraversare; e arrivederci agli amici che restano qui e rivedremo, spero, all'Argentina Party, e a tutti i volonterosi seguaci del Blog.
Salvatore

domenica 20 settembre 2015

Incontro con le balene a pochi metri dal porto di Papeete


15/09/2015: Papeete
Lasciamo Moorea la mattina e veleggiamo fra pioggia e sole verso Tahiti. A meno di un miglio dalla Passe che immette nella Marina Tahina, dove andiamo per fare gasolio e recuperare la sella della bici di Enrico (decantata nel post precedente, "La sella rapita”, echeggiante l'opera, se ben ricordo, del Tassoni), arriva l'inatteso, stupendo incontro con le balene. A me e Lucia era già accaduto di vederle da lontano, in Australia anche dall'aereo, ma questa volta è stato tutto diverso, ed emozionante. Le abbiamo viste a meno di 100 metri da noi, non si limitavano a "soffiare". La abbiamo viste salire con il muso a righe bianche e nere quasi in verticale sull’acqua, le abbiamo viste sbattere la pinna bianca di piatto sull’onda, ritmicamente, le abbiamo viste nuotare a pancia in su mostrando dei bei colori azzurri e rosa, davvero non la smettevano mai, sembravano giocare e di gusto! Poi abbiamo imboccato la Passe, fatto gasolio, recuperata la sella e fatto rotta su Papeete.
Una curiosità viene dalla vicinanza dell'aeroporto con la rotta obbligata per entrare nel porto di Papeete. La lunga pista dell'aeroporto infatti finisce a pochi metri dal "sentiero" costituito dalle paline rosse e verdi. Paolo sapeva che bisognava parlare per radio con l'aeroporto per avere l'autorizzazione a passare e difatti proviamo a farlo, senza avere risposta. Quando stiamo entrando in porto ci chiamano, dal porto appunto, alla radio per dire che dobbiamo fermarci perché sta atterrando un aereo. La ratio di questo strano obbligo è oscura, pare di capire che la presenza di una barca a pochi metri dalla fine della pista potrebbe causare problemi se l'aereo andasse "lungo" finendo in mare. Alla radio chiediamo l'autorizzazione a proseguire dato che:
a) avevamo chiesto l'autorizzazione all'aeroporto che non ci ha risposto;
b) ormai siamo già dove non dovremmo essere. 
Autorizzazione accordata, entriamo in porto. Io devo andare a farmi vedere la mano sinistra, che ieri ho duramente urtato contro un moletto approdando col gommone. Vado alla clinica Paofai dove mi diagnosticano una microfrattura non preoccupante, che domani dovrò proteggere con un tutore. Dopodiché andiamo a cena alla piazza delle roulotte, ben nota ai nostri predecessori nel viaggio. Ottimo tonno a L'Estanco. E nanna.

venerdì 18 settembre 2015

La Sella rapita: da Rangiroa a Tahiti


16/09/2015: Tahiti
A Rangiroa Enrico aveva dimenticato la sella della sua mountain bike (in italiano, bici da montagna, ma che mai ce farà a Rangiroa???) vicino al molo. Prima si chiede in giro se qualcuno l'ha trovata, senza esito. Segue spedizione in bici (a noleggio) per comprare un'altra sella nel paese di Avatoru: trovata, però il tubo per innestarla sul telaio della bici è di misura diversa da quella delle bici di Enrico. La conseguente "ricerca del tubo" e' assidua ma infruttuosa.
Ad Apataki arriva sul suo Blackberry un sms con l'annuncio gaudioso: qualcuno ha portato la sella alla sede di Eleuthera, agenzia di immersioni, a Rangiroa. Peccato che noi ora si sia lontani 100 miglia da Rangiroa. Si concorda allora l'invio a Tahiti della sella rapita e ritrovata. Noi siamo, cioè eravamo, a Fakarava: scatta quindi la ricerca, dove sarà la sede di Eleuthera a Tahiti. E' a Marina Tahine, dove dovremo comunque andare per fare gasolio però non si sa se la sella è effettivamente approdata a Tahiti. Solo al momento di lasciare Fakarava apprendiamo al fine la gioiosa notizia: 

LA SELLA E' DAVVERO ARRIVATA A TAHITI. 

Sorprende che il prezioso carico non sia come si potrebbe pensare, ospitato nei forzieri della Banque de France, Filiale di Papeete, è proprio, molto banalmente a Marina Tahina, ove alle 13 circa avviene lo storico ricongiungimento fra bici, padrone e sella. Segue un solenne Te Deum di ringraziamento nella Cattedrale di Tahiti. Amen
Salvatore

mercoledì 16 settembre 2015

Arrivati a Moorea: La baia di Cook


14/09/2015: Moorea
Dopo quasi 40 ore di traversata, nella quale si vedevano solo onde alte, in mezzo alle quali Argentina ben si destreggiava, risalendole lentamente o velocemente sprofondandoci, ma con una certa qual apprensione degli ospiti sottoscritti, e difficoltà in ogni genere di attività, al fine ho visto la Terra! Mi sono alzato nella notte fra l'11 e il 12, quando eravamo al largo di Tahiti e ho visto sfilare le sue luci a Sud, alla nostra sinistra. Posso confessare che la cosa mi ha fatto molto piacere, anche perché finalmente il mare s'era placato. Al largo di Tahiti abbiamo incrociato una nave, che filava anch'essa alla nostra sinistra: vedi le sue luci ma per un bel po' non capisci quanto è grande e soprattutto dove sta andando. Si è come due viandanti che forse si vedono; noi li vediamo, ma loro vedono noi?
Difatti per aumentare la nostra visibilità, quando ancora non era chiaro dove andavano, abbiamo  la bianca vela con la pila (ma loro erano comunque fuori dalla nostra rotta). Abbiamo poi proseguito e approcciato, con la dovuta cautela, l'ingresso alla baia di Cook, una delle due belle baie a Nord di Moorea. Una confusione di luci bianche rosse e verdi, nelle quali da lontano non ci si riesce ad orientare; solo avvicinandosi, piano piano si prende la giusta prospettiva e così diamo fondo credo alle 3 di notte, dopo di che vado a nanna.
Ci svegliamo la mattina in un altro mondo: acque tranquille e sole. Le Tuamotu erano solo smilze strisce di terra, i Motu, che racchiudono lagune vaste ben più del nostro Garda, tanto che se sei in mezzo non vedi nulla all'orizzonte. Moorea come Tahiti e' invece un'isola con ardite montagne la cui forma ricorda le nostre grandi pale dolomitiche, con pareti verticali di notevole altezza: queste sono pero' ricoperte di una fitta vegetazione che posso solo definire lussureggiante. Qui fa caldo, piove spesso, e questo e' il risultato. Tutto intorno all'isola corre una barriera corallina, con alcune aperture che permettono il passaggio delle barche, le famose Passe. Ammiro queste pareti e le loro ardite creste, e gli spigoli che eccitano la fantasia di chi scala, subito smorzata da questa foresta che copre i muri verticali. Dopo i disagi della traversata questa Baia di Cook ci sembra un paradiso. Per chi arriva usando il Gps e tutte le altre diavolerie moderne,  e' difficile immaginare l'esperienza di chi arrivò per primo dall'Europa, che in verità non fu Cook (giunto qui nel 1769) ma, pare, tale Samuel Wallis due anni prima, poi seguito da Jean Antoine de Bougainville (quello delle piante). Chissà che emozione avranno provato a vedere Moorea, e che difficoltà senza Gps! E per Internet come avranno fatto? Per finire qualche altro angoscioso dubbio: per quale ragione il nodo che gli alpinisti chiamano nodo barcaiolo (esiste anche il nodo detto mezzo barcaiolo) qui in barca si chiama invece nodo parlato? Già è tanto che non lo chiamino nodo dello scalatore! Aggiungasi che il nodo che noi chiamiamo bulino (con il quale ci si legava per arrampicare fino agli anni '60), costoro lo chiamano gassa? E perché poi la gassa sarebbe d'amante? Come disse quel tale "Ai prosperi l'ardua sentenza!"
Ora vado in branda, mentre intorno alla barca credo stia impazzando quella ininterrotta catena di eventi che alcuni pesci chiamano cena e altri morte. In effetti e' strano come, quando di giorno nuotiamo con maschera e pinne, sott'acqua par di vedere un società pacifica ed amichevole. Quando pero' viene la notte, l'acqua risuona di continuo di rumori di pesci che guizzano sul pelo e poi tornano sotto. Qualcuno si nutre, qualcun altro lo nutre.
Salvatore

Farewell Fakarava


10/09/2015: Baia di Rotoava
La barca dondola pigra sull'acqua della baia di Rotoava e fra un paio d'ore ce ne andremo da questo quieto angolo di mondo. Rotoava è un paesino ordinato che si snoda lungo la riva di questa piccola baia a Nord dell'atollo C'è una chiesa dedicata a S. Giovanni con una scuola attorno, e un piccolo cimitero oltre il quale, non oggi in verità, ma di solito, ruggisce il Pacifico, che per quanto tale, sempre oceano è! L'altro ieri ci siamo fatti tutto il motu, lungo 25 km, avanti e indietro in bici, noleggiata dalla coppia francese che gestisce la "Fakarava Yacht Services". Il nome e' grandioso ma in sostanza Stephanie e il marito, ambedue in procinto di acquisire una stazza da veri polinesiani DOC, aiutano chi sbarca qui. Ti vengono a prendere in aeroporto ti portano alla barca, ti danno il Wi  -Fi (quando funziona), etc...
Stasera partiamo per Moorea prendendo a bordo un ragazzo francese che fa barca/stop (come ha fatto Mattia Amitrano quando ha iniziato con Argentina nel 2008) ed e' diretto a Tahiti. A Moorea scenderà per proseguire per Tahiti, a meno che non si devii per Tahiti prima di andare a Moorea. Enrico fa immersioni; le nostre (mie e di Lucia) giornate qui sono state scandite dalle (caute) esplorazioni con la maschera, dalla spesa nei negozietti e dal dondolio delle onde tranquille. 
Stasera uscendo, Paolo ed Enrico, lette le previsioni, sperano di trovare il vento giusto che ci accompagni a Sud Est; lasceremo così le Tuamotu, la "nostra" Polinesia. Ci aspetta l'ultima settimana, fra Moorea e Tahiti.
Salvatore

sabato 5 settembre 2015

Concerto per albero maestro, scotte, paterazzi, sarte volanti e draglie

02/09/2015 NOTTE POLINESIANA
Non ricordo esattamente dove si era, se a Rangiroa o ad Apataki, ancorati abbastanza bene ma con un bel po' di onda e sopratutto tanto vento. La musica non era di quelle "facili", come una qualsiasi sinfonia beethoveniana. Questa era roba dodecafonica, roba per palati esperti ed esigenti. Cercare una qualsiasi melodia di fondo era inutile, non c'era. C'era invece, questo sì il suono; se preferite, il rumore.  Il ritmo, con un basso di fondo, lo davano le scotte rotolanti, or di qua, or di là. I toni acuti li davano le vibranti drizze metalliche, accompagnate dalle sartie volanti, che essendo volgari corde (qui le chiamano cime) avevano un suono più ordinario, quasi volgaruccio. Il rollare dei tamburi era fornito dallo scafo tutto, che ogni tanto si alzava su se stesso e poi ricadeva, con un bel tonfo. Le draglie, quelle ringhierine che stanno sul bordo della barca, salmodiavano come tanti violini lontani. I paterazzi invece, quelli davano solo una vibrazione, afona ma continua. Sul tutto, come in certa musica dodecafonica, spiccava la prorompente personalità del compositore, il vento. Il nostro Beethoven, o Nono che dir si voglia, è il dominante vento da Est, uno dei mitici "Trade winds", che con il loro regime costante hanno alimentato il commercio oceanico, in tal modo fornendo le indispensabili basi della colonizzazione delle Americhe e di parte dell'Oriente. Il colonialismo, la rivoluzione industriale europea, lo schiavismo, senza Trade Winds forse ci sarebbero ugualmente stati, ma certamente con diverse manifestazioni e svolgimento storico. Lo spettatore ordinario davanti a tanta musica d'avanguardia esce sul pozzetto, per controllare se la barca è in pericolo, ma vedere che le porte delle cabine dei duumviri sono tranquillamente chiuse gli dà un senso di tranquillità; e torna a cercare di dormire, ma il concerto si replica fino al suo stordimento.
Salvatore

Tre uomini in barca, per non parlare della signora

02/09/2015: Fakarava
Vi voglio parlare di questo equipaggio di Argentina con cui ho la ventura di viaggiare per la Polinesia francese. Due uomini a governare la barca, presi da vele, cime, ecopilot, gps, motore, carte, meteo, ancora, il terzo uomo di supporto, sempre lì pronto a captare i segreti della vela con risultati non proprio brillanti, e comunque desideroso di prendere in mano almeno ogni tanto le leve di comando e poi la signora, che sarei io, la quale timidamente esegue qualche compito da bambino tipo tira la cima rossa facendola girare sul winch oppure molla il freno di quella bianca quando te lo dico io, accendi il ventilatore, porta il binocolo. Ma il mio posto l'ho capito subito qual era, appena salita in barca: é quel metro quadrato appena scesa la scaletta tra il fornello e il lavandino: "il tuo piccolo mondo antico" come diceva Matteo! Qui cucino io, e non ho rivali femmine, le sole temibili, non tanto per le qualità culinarie ma per l'inevitabile stressante competizione che si ingaggia di solito in queste situazioni. I tre uomini lavano i piatti a turno e accettano di buon grado e grande appetito le ottime verze in insalata (una costante!) e i piatti che preparo, attingendo dalla cambusa e dallo scatolame stivato in barca per quei giorni come questi che ci aspettano in cui non si trova niente da comprare. Continua ....
Lucia

Arrivati a Fakarava

02/09/2015: Arrivo a Fakarava
Come a Dio é piaciuto, é finita anche questa seconda traversata con vento forte e onde grandi. Non riuscendo a dormire con le botte tremende della barca sulle onde, verso mezzanotte sono uscita a godermi lo spettacolo grandioso dell'oceano ribollente di schiuma illuminato dalla luce livida della luna che ogni tanto usciva dalle nuvole. Belli piegati arriviamo troppo presto alla pass di Fakarava e dobbiamo aspettare tre ore la marea giusta per entrare. Ma poi, una volta entrati é un paradiso terrestre, calma, strisce di sabbia bianca contornate dal turchese più bello che si possa immaginare, poche casette sulla riva, lontano grandi zone di acque basse e poche barche ferme. Ci danno il benvenuto due squaletti che cercano cibo sotto la barca. Restiamo qui, per favore!
Lucia


Pass di Tetemanu vista da N

In navigazione fra Toau e Fakarava

01/09/2015: Verso Fakarava
Ieri siamo arrivati alla Anse Amyot su Toau, altro atollo abbastanza grande: soprattutto, non navigabile, almeno partendo dalla Anse Amyot. A questa si arriva da una pass ampia, oltre la quale però si stende un'impenetrabile barriera di reef. Scendiamo a terra sperando di trovare, come dice la nostra guida, un "ristorantino" dove Valentine e Gaston ci ammaniranno una cenetta a base di aragoste. Non andrà così; a terra c'è aria di smobilitazione. Valentine, un donnone polinesiano e lo smilzo Gaston, europeo almeno in parte, non hanno nulla da ammannirci. Peut etre demain, se Gaston troverà aragoste nel reef, dove andrà quando fa buio. Bagno con snorkeling nella corrente, però non forte come quella che stamane alla pass Sud di Apataki ti portava quasi via. Ci sono tanti pesci, Napoleoni e molte altre specie. Nettuno non è il mio nume tutelare, la mia maschera fa entrare un po' di acqua e tanto basta per indurmi dopo qualche minuto a tornare al gommone. Cena a bordo, ma di aragoste non c'è traccia. Stamane al risveglio andiamo a terra e compriamo due aragoste che vorremmo destinare a condimento della pasta vespertina, oltre a quattro altri pesci di cui ci viene assicurata l'innocuità, speremm... Puliamo i pesci e buttiamo le interiora a mare; non vediamo squali, solo tante remore che dominano la lotta con le altre specie per assicurarsene i pezzi migliori. Molto particolare la vista delle remore appiattite sul timone in verticale, in placida attesa. Dobbiamo partire subito per Fakarava, perché altrimenti le condizioni del vento saranno troppo avverse. Proprio le previsioni ci impongono di entrare in F. dalla pass Sud, altrimenti, entrando dal Nord e fermandoci lì saremmo troppo esposti al vento previsto da domani in poi. Prima veleggiamo nel sole con andatura tranquilla, poi lo spiritello locale nostro amico si rifà vivo. Grigio il cielo, nubi e qualche temporale con scrosci di pioggia ci allietano il viaggio. In questo momento sono le 18:30 e già é buio, viaggiamo di bolina stretta, con una mano di terzaroli e io posso scrivere al PC solo puntellandomi vigorosamente col piede sinistro contro il vano motore. Non riesco a tener fermo il mouse che mi scappa da tutti i lati! Se mi metto sotto a leggere sul lato sottovento, assai inclinato sulle onde, sento la massa d'acqua scorrere forte alle mie spalle, il che aumenta la mia terricola, e per i marinai veri certo anche ridicola,inquietudine.
La notte passerà così a quel che pare, con arrivo previsto alla pass Sud di Fakarava domattina a qualche ora, forse intorno alle 12. Si preannuncia ovviamente una cena senza aragoste, solo riso e lenticchie, se non addirittura panini. C'est la voile!
Salvatore

Diario di una viaggiatrice solitaria

31/08/2015: Verso Anse Amiot
Diario di una viaggiatrice solitaria, in quanto femmina, nell'oceano Pacifico su un monoscafo chiamato Argentina pilotato da due skipper la cui caratteristica e' la perfetta e totale consonanza su tutto: è difficile capire il pensiero di ognuno perché uno anticipa la volontà dell'altro in modo mirabile. Attenzione pero' che un piccolo leader sta emergendo e insidierà il loro potere. E' salito a bordo come passeggero, in breve ha assunto degli incarichi di poco conto ma indispensabili per la vita a bordo. Poi ha preso il comando di un piccolo monoscafo chiamato "Tender" e non lo molla nemmeno in mezzo alla pass con una corrente che se lo porta via. Esperienze che lungi dal demoralizzare l'ambizioso "scalatore" affinano le sue competenze nell'attesa di mettere a punto una strategia volta a incrinare l'inossidabile duopolio.
Egli medita dei lanciare un'OPA ostile sul 33% della barca nella vana speranza di metterli in conflitto. Per me l'unica possibilita' e' una holding o una scatola cinese che garantisca la sopravvivenza delle minoranze non sempre e comunque acquiescenti.
Lucia