Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

sabato 7 luglio 2018

Arrivati a Lisbona


7 luglio
 
Una traversata è sempre divisa in tre parti: la partenza, l’arrivo e tutto quello che succede nel mezzo. E’ una piccola metafora della vita, perché da una traversata, anche di pochi giorni, si torna cambiati. Il cambiamento, che ognuno vive a modo suo, è il risultato di un complesso insieme di cause: lo stacco netto con la vita normale, la coercizione (volontaria, si intende) che impedisce vie di fuga, e dunque la necessità di condividere tutto, non solo i pochi metri quadri, ma anche cibo, compiti, turni di guardia, e il tempo che a sua volta è fatto di parole e silenzi oltre che di ore di veglia e di sonno. Alla fine ognuno conserva per se gli effetti che tutto questo ha avuto su se stesso, e in genere si tratta sempre di esperieze positive anche, e questo non è il caso, nella circostanza che non tutto fili proprio liscio.
Esistono comunque dei punti fermi per ogni fase e uno di quelli della partenza è un misto di timore ed euforia. Questo è quello che si è avvertito anche questa volta, evidententemente con le diverse gradazioni tra chi, come il capitano, è avvezzo ormai alla vita di bordo e al peso della resposabilità della barca e dell’intera ciurma,  e chi come almeno un paio di marinai era alla prima esperienza oceanica.
Così, al momento della partenza da Saò Miguel, l’eccitazione era palpabile anche se discreta come si addice a gente di mare: brevi scambi in gergo da velista, alternati a domande e aneddoti sempre in stile prevalentemente marinaresco, intervallavano le puntuali domande al comandante che altrettanto puntualmente divideva preziosamente il suo sapere e i segreti di Argentina. Il vento soffiava autorevole sotto un cielo plumbeo e issate le vele cominciava l’avventura.
Non tutti si conoscevano, e non tutti tra quelli che si conoscevano avevano vissuto insieme per giorni su una barca dovendo in qualche modo fidarsi uno dell’altro.  C’era poi il quinto elemento, lo svizzero, che molti di noi non sapevano neanche fosse a bordo (ma di lui diremo in seguito). Fatto sta che le piacevoli chiacchere iniziali, dettate dunque anche dalle necessià di avere un’idea di chi fossero gli altri, si sono piano piano affievolite lasciando che le parole uscissero sempre più rarefatte, come le gocce di un acquazzone che sta ormai passando.
Prima di sera, e non senza che ciascuno abbia cercato dentro di se la forza di non lasciar trasparire nulla all’esterno, sempre in virtù dello stesso spririto di  sobria discrezione, rispetto e ogoglio che contraddistingue la ‘vera’ gente di mare,  l’umore generale era decisamente più mesto e l’iniziale euforia aveva lasciato spazio ad una sorta di individuale e silenziosa meditazione. Poi è iniziata la serie di ‘rimesse laterali’ , che in barca, a differenza che nel calcio, si effettuano dall’interno verso l’esterno e preferibilmente sottovento.

La ciurma, perché naturalmente il comandante da tutto ciò è immune, nessuno escluso ( a parte lo svizzero, perché in Svizzera il mare non c’è e dunque neanche il ‘mal di…’) ha imprecato, in cuor suo e al vento che agitava il mare, contro gli dei della nausea, ma senza grandi risultati.
Marinai avvezzi a piccole o medie odissee erano lividi ed emaciati come un gruppetto di scolaretti spaesati e sbattuti. La condivisione però ha almeno attenuato un poco l’iniziale  senso di imbarazzo.
Col passare delle ore, anzi diciamo dei primi due giorni, la tensione si è sciolta e grazie anche a dosi di riso in bianco, fettine di zenzero e qualche preghiera anche i crampi alle budella sono passati. A volte in natura tutto avviene con singolare armonia e tempismo cosicchè mercoledi il cielo si è aperto, e le nuvole sono sparite assieme ai grovigli di nausea dando alla ciurma una prospettiva decisamente diversa da quella che inizialmente era sembrata un vero e proprio incubo. E’ incredibile come la speranza in un futuro meno cupo apra la strada ad una fiducia quasi sorprendente. L’attività a bordo è ricominciata coma una nuova e armoniosa sinfonia, sono comparsi anche i delfini, come i pinguini di Mery Poppins, a rialzare lo spirito e l’allegria di bordo.
Il tutto ha cementato l’unità dell’equipaggio e la gratitudine della ciurma verso il comandante che da unico e vero uomo di mare ha accudito i suoi marina sobbarcandosi l’onere di cucinare e sfamarli essendo l’unico che poteva resistere per più di qualche minuto sottocoperta senza restare preda dei diavoli del beccheggio. Un baluardo che ha dato sicurezza a tutti al pari della solidità e maneggevolezza di Argentina tra le onde.
Il resto è quello che ognuno di noi si porterà dentro di questa esperienza, le sensazioni durante le guardie notturne, la scoperta di nuovi amici,  l’eccitazione per il tonno che quasi a fine traversata ha finalmente accettato di immolarsi affinchè tutto fosse perfetto. Infine una considerazione: l’Atlantico, dopo la partenza e prima dell’arrivo, quando per intenderci non si vede terra da nessuna parte si guardi, assomiglia ad un lago perfettamente tondo con la barca che naviga ma in realtà sta ferma, esattamente al centro.

Ps. Dello svizzero alla fine non si è saputo molto ma a bodo è stata trovata la sua carta di identità.

Grazie Paolo

Matteo


La rotta dalle Azzorre a Lisbona

COSE BELLE FRA LE AZZORRE E IL PORTOGALLO

Il distacco, che riporta le cose nel giusto ordine.
I turni di guardia nelle notti serene, quando anche il cielo è un abisso di profondità.
I turni di guardia nelle notti nere come la pinna del pescecane, quando al mondo restano solo il rumore dell'acqua sullo scafo e del tuo cuore.
Il respiro potente del mondo, che gonfia Ie vele.
Il respiro tuo, salato ed esile.
La luce della nave che sfila via di poppa.
Il cigolio del legno della tua cabina.
Il sonno affidato agli occhi del tuo compagno.
L'orizzonte sgombro.
Il primo raggio del Sole.

Il volo radente delle berte.
La curiosità giocosa dei delfini.
Il respiro dell'orca che caccia a pelo d'acqua, all'alba.
Il funambolico viaggio della tartaruga di mare, che nuota maldestra ma arriva sempre dove vuole.
La fuga argentea del banco di sardine, che cerca scampo verso il cielo.

La solitudine.
La compagnia.
Le mani degli amici, quando hai finito le tue.
Il cibo caldo quando arriva la sera.
L'approdo, che poi non è mai tale.

Paolo, che ha gli occhi buoni e le parole sagge di chi ama la vita, ne assapora il gusto e ti invita al suo banchetto.

Federico



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