Cari amici ecco il nuovo blog  che vi racconterà il viaggio intorno al mondo di Argentina con Paolo ed Enrico.
Ringrazio Edoardo Scotto che lo ha realizzato e lo aggiornerà con il diario di bordo insieme a Renato. Saremo così in contatto con tutti coloro che vorranno seguirci nella nostra avventura. Come probabilmente saprete, dopo la prima traversata atlantica con Enzo, Argentina ha dovuto aspettare qualche anno gravato da problematiche varie,dubbi e incertezze prima di poter riprendere il largo.Nel frattempo su Argentina sono state apportate tante migliorie la cui realizzazione mi ha comportato un anno di intenso e faticoso lavoro. Eccoci quindi pronti a" respirare il vento degli Alisei",come dice la frase di H.Martinson, ma partendo da una convinzione intima di ricerca di se stessi. Frase sicuramente abusata da chi è sempre in cerca d'avventura in qualsiasi campo sia esso mare,montagna o quant'altro. E' per questo motivo che invece di aprire il blog con una foto "gagliarda e potente" apriamo con una foto raccolta e meditativa: la foto di Argentina all'ancora in una baia di una piccola isola greca " Kyra Panagia" dove è situato il Monastero ortodosso omonimo abitato da un monaco solitario. L'anno scorso quando abbiamo visitato il monastero mi sono fermato in un punto panoramico e dall'alto ho visto Argentina, sola, racchiusa in questa magnifica insenatura ed ho provato una sensazione intima, di raccoglimento, probabilmente esaltata anche dal luogo. Credo che questo spirito,questa sensazione mi accompagnerà durante la nuova lunga avventura.
Buon viaggio e buon vento a tutti gli amici che navigheranno con noi e buona lettura a tutti quelli che ci seguiranno da lontano e che incontreremo ogni anno al nostro "Argentina Party".
Ciao a tutti. 
Paolo.

mercoledì 20 luglio 2016

17 luglio 2016 Matamaka Vava'u lat 18 47 S long 174 05 W

UNA  RIMPATRIATA  TRA  ITALIANI

Ieri Gianni ha preso l'aereo per tornare a Roma.  Peccato; e' stato un
vero amico che avevo  conosciuto ai tempi del CAI.  Ci eravamo appena
sfiorati all'epoca ma poi, grazie a Gabriele e Andrea (che pur dovevano
venire in barca), eccolo di nuovo a riallacciare una vecchia e flebile
amicizia.   L'ultima sua traccia ,da vero signore, e' stata la sorpresa
di far trovare a Pietro (che arrivava con lo stesso aereo con cui lui
sarebbe partito) il tassista (pure pagato) con il cartello: Pietro,
sailing boat Argentina.   E cosi' Pietro Valenti ci ha raggiunto
comodamente e con l'aria assonnata di uno che ha viaggiato per 40 ore e
dopo due parole di saluti se ne andato a nanna.
La mattina dopo e' domenica e, dato che la costituzione del Kingdom of
Tonga impedisce a tutti di lavorare o fare qualsiasi cosa che implichi
fatica (compreso fare sport), decidiamo di accompagnare con la barca
Mario  (il ristoratore di Orvieto) e la sua famiglia italo-tongana
sull'isola di Matamaka dove vive un suo amico italiano: Beppe.
A completare la compagnia si aggiungono Mara e Mariano, due pescaresi
barcaroli gravitanti anche loro attorno al ristorante di Mario.
Mario e sua moglie Milo hanno preparato il pranzo intero con addirittura
il timballo di pasta.  Infatti con teglie, insalatiere e fagotti si
presenta una tribu' composta da Mario, Milo e le tre figlie. Chiudono la
processione i rappresentanti dell'abbruzzo.  Ben dieci persone salgono
su Argentina e dopo un'ora di navigazione mettono piede sulla piccola
isola di Matamaka.
Qui, in un villaggetto di poche anime, vive Beppe, personaggio ancor
piu' eccentrico di Mario.   Uffiale della Folgore, ha partecipato, in
qualita'di copilota,navigatore ed armiere, alle missioni di pace (almeno
cosi' venivano chiamate!!!???) in Irak, Bosnia e Somalia.
E qui subito scatta la comunanza con Pietro che come militare di leva in
Aereonautica ha vissuto,seppur da Roma, i periodi di almeno una di
queste missioni.
I due rievocano fatti e misfatti della nostra arma alata comprese le
poco nobili gesta, pregne di ambiguita', di mascheramento delle
responsabilita' nell'episodio dell'abbattimmento dell'aereo dell'Itavia
sui cieli di Ustica.
Strano tipo questo Beppe: a vederlo un uomo tranquillo ma con un passato
difficile e faticoso da cui forse e' voluto scappare rifugiandosi in
questo posto senza storia e senza tempo.  Anche lui ha una compagna
tongana e due figli avuti da lei.
Siamo in 14 attorno al tavolo di Beppe: molti piu' gli italiani che i
tongani.
Matamaka.  Argentina e le barche che riporteranno a Neiafu le persone che hanno trascorso il we sull'isola

Dopo pranzo una passeggiata al villaggetto vicino.
Anche qui quattro case attorno all'unico edificio di una certa
consistenza: la chiesa.  No so di quale setta cristiana sia, certo non
cattolica.  C'e' la funzione in corso; entro incuriosito.   Non piu' di
dieci persone assistono al sermone di uno scatenato individuo vestito
con giacca e cravatta nera.  Piu' che una predica sembra un atto
d'accusa strillato in faccia ai poveretti (chi sa di quali colpe si sono
macchiati!) i quali, per altro, non sembrano interessati piu' di tanto.
Due signore eleganti sopportano il fastidio degli acuti della voce
diluendolo con il ventaglio, due giovani ragazze si interrogano con gli
sguardi ogni volta che il tono della voce supera i decibel ammessi dal
normale udito, un'altra signora contornata da quattro marmocchi
pestiferi cerca solo di tenerli a bada e, infine, due uomini, anche loro
in completo nero soportano la litania con il capo chino concentrandosi
sul sigificato del sermone.....o, piu' probabilmente, dormendo.
Poi finalmente il nostro beneamato caccia un ultimo urlo e si tace; un
canto dolce e melodioso conclude la funzione.  Mi ricordo dei cori
polinesiani ascoltati l'anno scorso in una chiesa alle isole Marchesi.
Dopo piu' di 3000 miglia ancora una lingua con molte vocali e poche
consonanti rende il canto affascinante.
Torno a Matamaka: e' ora di ripartire.
La nostra brigata, con le pentole vuote, arriva al moletto dove
un'inaspettata e piccola folla si accalca per salire a bordo delle
barche.  Ci sono ragazzi e ragazze che tornano, dopo il week end passato
in faniglia, a Neiafu.  Li, durante la settimana, frequentano la scuola.
  Li ho rivisti il giorno dopo  con la divisa dei loro grembiuli come si
faceva da noi una volta: circa 60 anni fa (almeno cosi' mi pare di
ricordare).
Paolo

1 commento:

  1. Certo che appena parto smettete di mangiare la verza e vi buttate sui timballi!!! Non è carino da parte vostra.
    Buon divertimento
    Gianni

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