Lasciata la Isla Cañas si torna sui nostri passi in favore di vento, ma è talmente scarso che si va a motore. Con mare liscio come l'olio e 4,5 kn di vento in poppa si spinge l'acceleratore a tutta manetta per vedere come si comporta il sistema col nuovo passo di 25° ora impostato. Il numero di giri massimo risulta essere 2450 g/m ed a tale regime sia il gps che il log registrano una velocità di 9 kn. Invertendo la rotta controvento il gps registra 7,3 kn, mentre il log dà 8,8 kn. Tornando col vento in poppa col motore a 1500 g/m, cioè intorno al valore di massimo rendimento, il gps registra una velocità di 6,0 kn ed il log di 5,6 kn. Ci fermiamo davanti al villaggio Esmeralda con l'ancora che non ha agguantato posata sul fondo, ma con poco vento e con Mario a bordo a fare la guardia.
Si scende col dinghy che viene alato sulla spiaggia da un esercito di bimbi festanti neri neri, ricci ricci, treccine lunghe le bimbe. Evidentemente il nostro sbarco è per loro l'evento della settimana. Il fatto che non vi sia un meticcio la dice lunga sulla pulizia etnica fatta cinque secoli or sono dal diabolico duo Pedrarias-Morales tanto che poi dovettero rimpiazzare i pescatori di perle indios con schiavi africani. Mentre ci attardavamo sulla spiaggia in foto di gruppo e convenevoli è arrivata una barca di pescatori che ci ha fornito un'importante lezione di sbarco. Ci si porta ad un centinaio di metri dalla linea di costa, con la prua rivolta verso riva, si dà tutta manetta e col motore fuori giri si arriva fin sotto casa. Il mitico motore Yamaha Enduro funziona anche nella sabbia! C'è da scommettere che qui a Las Perlas ci si ispiri al celebre Archimede Pitagorico. Scesi a terra con la scusa di voler acquistare qualche cosa di fresco, non per ficcare il naso nel villaggio, non si trova pressoché nulla ed acquistiamo ugualmente una papaia, una piña striminzita ed un po' di pane tanto per mantenere un contegno dignitoso. L'unico genere che qui abbonda è il pesce, ma noi dobbiamo ancora smaltire quello da noi pescato. Grande è comunque stata l'emozione di trovare sull'edificio pubblico del villaggio un grande affresco di lui, il nostro indomito eroe Vasco Nuñez Balboa che con il suo benevolo sguardo ci ha augurato una felice veleggiata nel suo immenso mare, di cui cinquecento anni fa prese possesso in nome della gloriosa España. Ritorniamo infine nella rada che tanto ci era piaciuta due giorni fa alla foce del Rio Cacique. Edotti dalla precedente esperienza e dallo studio di questi giorni sulle maree ed arrivando nel momento di minima, questa volta ci portiamo quasi a riva dando fondo su 5 m d'acqua con 40 m di catena ben sapendo che tra sei ore saliremo a 9 m. Nel pomeriggio si prende il canotto e ci si dirige verso la spiaggia. Qui, traducendo quasi alla lettera il nostro verbo, il Bauhaus, cavalcando la marea montante con un solo balzo si supera la duna e ci si immette nel lussureggiante Rio Cachique. Si spegne il motore e, pagaiando, ci si lascia trasportare dalla corrente entrante scivolando tra le alte mangrovie semisommerse che si riflettono nelle acque salmastre. Il silenzio è rotto dallo sciabordìo dei remi, dagli acuti versi delle aquile che planano sopra le cime degli alberi della foresta pluviale, dai richiami degli aironi bianchi ai bordi del fiume, dai cinguettii degli uccelli esotici nascosti trai rami della fitta giungla, dal sibilo dei mosquitos che volano a pelo d'acqua disegnando intricati arabeschi increspandone la superficie e preparandosi a divenire i protagonisti dell'ora vespertina. Si torna a bordo nella rada deserta e Mario, il nostro nocchiero, chef per l'occasione, ci prepara una superba “pasta ai due pesci”. Infine si va a riposare rimuginando gli eventi di questa così densa giornata.
Tornano alla mente le radiose faccine sorridenti dei bambini di Esmeralda, poveri ma apparentemente felici. Ci si sente in colpa, noi europei che sbarchiamo nel villaggio da un veliero attrezzato con le più moderne tecnologie, provvisti di una ricca e variata cambusa, saremmo gli eredi dei conquistadores che hanno razziato queste terre, che hanno sterminato la popolazione, dei negrieri che hanno estirpato con la forza in condizioni disumane gli antenati di questi bambini dalla loro terra d'origine? Siamo i complici dell'imperialismo inglese prima nordamericano poi e delle multinazionali che di fatto a tutt'oggi depredano queste popolazioni dei più elementari mezzi di sussistenza?
Sandro
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